Medicina Democratica
Sanità

Maggiorazione dei ticket: ostacolo ingiusto alla tutela della salute



Pubblicato il 31 gennaio 2007
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




Dai primi di gennaio i cittadini, senza alcun preavviso, si sono ritrovati a pagare una maggiorazione di 10 euro su ogni prestazione specialistica e 25 euro per gli accessi al pronto soccorso con “codice bianco” (casi ritenuti di gravità minima).

Questo è stato uno dei primi effetti tangibili della finanziaria 2007 per il cittadino, considerato al centro del sistema secondo ogni legge di riforma emanata dagli anni 90 in poi, concetto evidentemente rimasto tuttora solo sulla carta.

Oggi, per assurdo, per alcune prestazioni è più conveniente il privato, ed anche a fronte di qualche euro in più, si finisce per favorire il privato che non ha tempi di attesa insostenibili. Risultato: il cittadino sarà comunque costretto a spendere di più per tutelare la propria salute, oppure, in alternativa, a rinunciare ad accertamenti o controlli di prevenzione. Mentre forse le aziende sanitarie pubbliche risolveranno il problema dei tempi di attesa per molte prestazioni.

Intanto tra le notizie del 19 gennaio si legge che il Governo fa marcia indietro sulla questione delegando alle Regioni la scelta di applicare la maggiorazione, trovando però altre forme di compartecipazione alla spesa. E chi finora ha pagato la maggiorazione perché aveva già prenotato visite ed esami? In ogni caso, per sapere cosa cambierà, si dovrà aspettare un decreto di delega alle Regioni, con soluzioni che troveranno applicazione con tempi non ben definiti.

Il problema degli sprechi in sanità, dell’appropriatezza delle prescrizioni, dei tempi di attesa, non può essere risolto a danno del cittadino. E come garantire gli obiettivi di prevenzione, di equità e uniformità di un Servizio Sanitario Nazionale? Le difficoltà di accesso alle prestazioni possono in molti casi pregiudicare lo stato di salute, e il carattere ingiusto di ogni forma di ticket fa cadere il concetto di un sistema sanitario universale come intendeva essere quello italiano al momento della sua istituzione con la legge n.833 del 1978.

Come in altri ambiti, avrebbe più senso tassare il superfluo, non il necessario.

In definitiva questa tassazione, che vorrebbe ridurre la spesa sanitaria limitando l’accesso inappropriato alle strutture sanitarie, nasconde la realtà di servizi territoriali insufficienti il cui potenziamento sarebbe, al contrario, la vera risposta al problema.

Medicina Democratica si impegna a mettere in atto iniziative di informazione e di pressione perché il governo abroghi questi ingiusti provvedimenti.

Brindisi, 27 gennaio 2007




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