Medicina Democratica
Sanità

"Sono un medico non un informatore della polizia"



Pubblicato il 1 marzo 2009
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




Almeno si è levato il velo di ipocrisia. "Centri di identificazione ed espulsione" è un nome appropriato, meglio di "Centro di permanenza temporanea", più onesto. In questi centri, infatti, le persone che arrivano in Italia fuggendo da situazioni difficili vengono solamente identificati ed espulsi, trattate come nei campi di concentramento, meglio essere chiari da subito. Meglio evitare stupide ipocrisie, trattasi, infatti, di istituzione totalitarie. Luoghi che conosco bene, in cui le persone sono rinchiuse e private dei loro diritti, senza che abbiano commesso un reato. Come i manicomi. A meno che davvero non si voglia considerare reato l’essere fuggiti dalla propria patria.

Persone che, invece di essere accolte, vengono private dei loro diritti e si ritrovano sottoposti a una violenza giuridica e fisica. Rinchiusi senza diritto di difesa. Ma questo, evidentemente, non era considerato sufficiente, ora si chiede anche ai medici di denunciare il paziente entrato in Italia illegalmente.

Qualcuno, evidentemente, si è dimenticato del fatto che, in quanto medico, io ho il dovere di curare e non di denunciare. Anche nel caso stessi assistendo un serial killer. La cura, ovviamente, va prestata indipendentemente dal curriculum della persona.

Il pescatore della canzone di De Andrè che trovate a cappello del pezzo, non fa la spia, non è al servizio del potere costituito. Anzi porge pane e vino. Ed il medico, anche se non libertario come De Andrè o i suoi personaggi, deve curare i pazienti, non interrogarli. Non solo, ci si rende conto degli effetti nefasti di questa legge? Gli immigrati "illegali" dovranno quindi tenersi le malattie o farsi curare di nascosto? Ci rendiamo realmente conto delle conseguenze di questa possibilità?

Evidentemente abbiamo dimenticato le radici della nostra civiltà. Nell’Odissea si mostra come allo straniero, anche quando arrivava sporco e malridotto, venisse offerto un bagno e da mangiare e solo dopo si chiedeva chi era. Ora, siamo lontani anni luce da tutto questo.

E, così, è inconcepibile che si possa chiedere ad un medico di fare il delatore e denunciare un proprio paziente. Un paziente che, ricordo, non ha fatto del male a nessuno, che è solo fuggito da casa propria, cercando una nuova opportunità per costruirsi il futuro. Intanto, si rendono spie o delatori i semplici cittadini. Come in tutti gli stati totalitari. Io sono un medico, non un informatore della polizia.

Inoltre, sempre più spesso si collegano i diritti degli immigrati al lavoro, come se, senza lavoro, si fosse privati di ogni diritto. Come se gli esseri umani non avessero diritti in quanto tali. A questo punto diventa ipocrita portare gli studenti a visitare Auschwitz, li si porti, invece, a vedere i centri di Lampedusa. Credo sia più istruttivo. Perché le persone private dei più elementari diritti non le si trovano solo sui libri di storia, ma anche in varie parti del nostro paese. Tutto questo avviene su uno sfondo sempre più nero. In cui è sempre più evidente un sentimento razzista che si esprime attraverso il disprezzo verso gli altri, un atteggiamento che serve a sentirsi superiori. Negli anni gli obiettivi sono cambiati, dagli ebrei si è passati ad altri, ma non cambia la sostanza e, soprattutto, si rischiano anche le stesse conseguenze.

Giorgio Antonucci.

da: www.sabatoseraonline.it




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