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Processo breda/ansaldo: il tribunale di Milano ha sancito con propria sentenza le responsabilità dei dirigenti aziendali che tutto sapevano sulla tossicità e cancerogenicità delle fibre/polveri di amianto.



Pubblicato il 19 ottobre 2005
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




II Giudice di Milano, dottor Ambrogio Moccia, in relazione al processo penale per la morte da mesotelioma (tumore della pleura) del lavoratore Giancarlo Mangione, causata per l’esposizione lavorativa alle fibre/polveri di Amianto presso lo stabilimento Breda di Sesto San Giovanni (MI), ha accertato e sancito con propria sentenza del 21 gennaio 2005 la colpevolezza di nove dirigenti aziendali. Per gli stessi, concesse le attenuanti generiche (i nove imputati sono incensurati, ultrasettantenni, due di essi sono novantenni) e scattata la prescrizione che li ha salvati da una condanna penale. In altri termini, i familiari del lavoratore deceduto, purtroppo, per affermare i propri diritti dovranno intraprendere, in sede civile, un altro processo contro gli stessi imputati, e il responsabile civile dell’azienda. Al di la di questi pesanti limiti, la sentenza in questione riveste particolare importanza per quanto accertato nel processo e in essa sancito: «La nocività dell’amianto era nota da tempo immemorabile; che la vittima e stata esposta a dosi consistenti di amianto nei periodi di permanenza in carica di ciascuno degli imputati qui ritenuti responsabili»; «l’esposizione successiva all’innesco - del processo di cancerogenesi, n.d.r. - ha avuto incidenza negativa sulla durata della latenza e quindi sulla sopravvivenza del Mangione»; «l’amianto e solo l’amianto respirato sul luogo di lavoro può qualificarsi causa del mesotelioma letale» del lavoratore; «se il dovere di sicurezza (e di igiene) e da sempre posto specificatamente a carico del datore di lavoro, dirigenti e preposti, allora e indubbio che, nella misura in cui avevano il compito di individuare e gestire le strategie produttive ... avevano l’obbligo giuridico di attivarsi, obbligo del tutto disatteso». Questa sentenza e anche importante perchè - come afferma giustamente il Comitato per la Difesa della Salute sui Luoghi di Lavoro e nel Territorio di Sesto San Giovanni -«è la prima volta che in Italia vengono sostanzialmente condannati dei dirigenti per una vicenda in cui l’amianto non figura come oggetto di produzione industriale, ma come "strumento" usato nell’attività lavorativa e di "protezione" dei lavoratori». Prosegue il Comitato in un suo volantino diffuso dopo la sentenza: «Anni di lotte nel-le fabbriche, nelle piazze, nei tribunali, con la partecipazione dei lavoratori, delle lavoratrici e dei cittadini, hanno rotto il muro dell’indifferenza, dell’omertà e delle complicità che era stato eretto da molti, troppi (padroni, magistratura, medicina ufficiale, partiti e sindacati), contro la nostra lotta. L’unico, profondo, ram-marico per noi e per tutti coloro che con noi hanno lottato e che questa sentenza arriva dopo che sono morti settanta-tre nostri compagni di lavoro della Breda di Sesto San Giovanni (MI) e migliaia di altri lavoratori e lavoratrici di altre realta italiane». Ad essi, ai loro familiari ed amici, Medicina Democratica esprime la sua vicinanza e solidarieta. Uno spaccato di queste lotte si puo avere dalla lettura del recente libro di Michele Mi-chelino e di Daniela Trollio: "Operai, carne da macello - La lotta contro I’amianto a Sesto San Giovanni." (II libro di 127 pagine, del costo di 8,00 Euro puo essere chiesto agli Autori, presso il Centro di Iniziativa Proletaria " Giambattista Tagarelli" di Sesto San Giovanni - CAP 20099 - Via Magenta n. 88, tel. 02/26224099 - cell. 335/7850799; e-mail: ctp.m@tiscalinet.it).


Articolo pubblicato sul numero 154-156 di Medicina Democratica
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