Medicina Democratica
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Per la messa al bando della produzione, dell’impiego e dei consumi del CVM e dei PVC



Pubblicato il 19 ottobre 2005
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




La sentenza emessa dalla Corte di Appello di Venezia il 15 dicembre 2004 nel procedimento penale n. 600/03 R.G., contro i vertici della chimica italiana - Montedison ed Enichem, di cui si e detto nelle pagine che precedono - per le malattie e le morti da CVM/PVC e altri tossici che hanno colpito centinaia di operai del Petrolchimico e della Montefibre di Porto Marghera, nonché per l’inquina-mento della Laguna di Venezia, se possibile, riattualizza ancor piu una proposta di legge che langue nei cas-setti della Camera dei Deputati e che sembra non interessare più di tanto ne le organizzazioni sindacali, ne le forze politiche democratiche e di sinistra, ne le organizzazioni ambientaliste ed ecologiste (Legambiente, WWF, Italia Nostra, Greepeace, Verdi Ambiente e Societa), ne il (o i) Social Forum. Ci si riferisce alia importante proposta di legge (pubblicata 1’8 giugno 2004, con il numero 5051, sul Bollettino degli Atti Parlamentari della Camera dei Deputati) "Norme per la cessazione dell’impiego del cloruro di vinile monomero e dei suoi derivati" , sotto-scritta da parlamentari delle forze di sinistra e di centro-sinistra (Valpiana, Giordano, Zanella, Giacco, Camo, Zanotti, Vendola, Trupia, Squeglia, Sciacca, Russo Spena, Mascia, Mantovani, Alfonso Gianni, Deiana, Burtone, Pisapia) e che, da queste pagine, chiediamo che venga messa in discussione in Parlamento e approvata tempestivamente. Superfluo dire, che questo appello potrà trovare ascolto nella misura in cui i promotori della proposta di legge ma, soprattutto i diretti interessati, ovvero i famigliari delle vittime autoorganizzati nei diversi comitati, le lavoratrici e i lavoratori esposti a queste sostanze tossi-che e cancerogene (il Cloruro di vinile monomero - CVM - e i suoi derivati), le forze politiche, le organizzazioni sindacali e le associazioni ambientaliste e i Social Forum, si impegneranno ad attivare le necessarie iniziative per informare i lavoratori, le lavoratrici e la pubblica opinione, premessa indispensabile per la definitiva messa al bando di questa sostanza cancerogena della chimica di morte. Per parte nostra, pubblichiamo i con-tenuti di questa proposta di legge riportando di seguito la sua relazione di presentazione. In proposito, non va taciuto che Medicina Democratica chiede da decenni la messa al bando della produzione, dell’impiego e dei consumi del Cloruro di vinile monomero (CVM), del Polivinilcloruro (PVC) e degli altri derivati vinilici; pertanto, sostiene pienamente questa proposta di legge affinché essa divenga realtà. « ONOREVOLI COLLEGHI ! - La storia della produzione del cloruro di vinile monomero (CVM), del suo impiego e dei prodotti da esso derivati e costellata da inganni, silenzi colpevoli, connivenze, omissioni e quant’altro. Una produzione che ha portato malattia e morte a molti lavoratori e lavoratrici addetti. Lo sfruttamento industriale è avvenuto senza avere valutato gli effetti che la produzione, la lavorazione, il commercio e l’impiego del CVM avrebbe potuto avere sugli esposti, nonché sulle popolazioni prossime agli impianti e non ultimo sui consumatori dei prodotti finiti. I danni che hanno subito gli esposti sono stati riconosciuti tardivamente. Si e fatto di tutto per evitare che si conoscessero gli effetti quando erano sperimentalmente noti e si sono nascoste o minimizzate le malattie e le morti dei primi lavoratori che sono stati colpiti. A livello scientifico già nel 1969 in un congresso internazionale (a Tokyo) sono stati presentati gli studi del professor Pier Luigi Viola (medico del lavoro della Solvay di Rosignano) che dimostravano la cancerogenicità del CVM. La sua pericolosità, ovvero la sua tossicità, era comunque nota già da anni, come nel 1974 aveva affermato il professor Irving Selikoff, uno dei più grandi medici del lavoro ed epidemiologi conosciuti:"Da 25 anni esiste-vano prove sulle patologie potenzialmente pericolose sviluppate dai lavoratori impegnati nella produzione di CVM-PVC (...). Perché gli scienziati e il Governo non l’avevano affrontata in maniera adeguata?". La risposta, scaturita dai fatti, si rivela semplice perché in quegli anni (1970) esistevano solo negli USA dieci compagnie con 14 impianti e 1.500 lavoratori che producevano CVM. In effetti le aziende in un primo tempo (per anni) negarono l’evidenza, ovvero i danni che i lavoratori subivano, successivamente di fronte alle certificazioni dei pochi scienziati coraggiosi (o costretti ad esserlo) cercarono di giustificarsi dicendo che le malattie e le morti dei lavoratori esposti erano dovute ad alti livelli di esposizione. Se infatti la prima gravissima mancanza e responsabilità delle imprese (e loro associazioni) fu quella di avere messo in circolazione una sostanza prima di averla testata nei suoi effetti sulla salute; se ancora la seconda fu quella di avere taciuto sugli effetti sperimentali e umani noti, la terza fu quella di avere lottato per evitare che le autorità sanitarie adottassero misure atte ad abbassare i limiti di concentrazione delle esposizioni. Altre responsabilità vanno ricercate negli scienziati; come afferma il professor Franco Carnevale, medico del lavoro di una azienda sanitaria locale di Firenze:"Cesare Maltoni [che aveva rivisto i vetrini della sperimentazione di Viola) e tutti gli altri medici e consulenti delle aziende del CVM in Europa come negli USA, seppure venuti a conoscenza della cancerogenicità del CVM a partire dai primi mesi del 1970, hanno dato, con l’autorita della propria professione, un con-tributo alla politica dilatoria stabilita unitariamente dai produttori". I produttori americani ed europei, infatti, dopo i risultati delle sperimentazioni commissionate proprio al professor Maltoni, strinsero un patto segreto per non divulgare i dati che dimostravano la cancerogenicità del CVM. Lo scopo era preciso, evitare che le autorita sanitarie adottassero misure limitative nei loro confronti, quindi misure protettive, magari costose, a favore dei lavoratori (e dei consumatori). Va comunque affermato che il professor Maltoni chiamato a testimoniare al processo di Marghera contro l’ex Montedison ed ex Enichem affermo (purtroppo invano rispetto ai risultati del processo di primo grado) l’indubbia cancerogenicità del CVM anche a dosi estremamente basse. Certo e che il discorso della definizione di un li-vello di soglia o valore limite per gli agenti nocivi cancerogeni, teratogeni e mutageni, e falso; come riportano i due storici accademici americani che hanno puntualmente raccontato la storia del CVM, Gerald Markowitz e David Rosner: "soltanto i malfidenti o gli ingenui o gli ignoranti pensano che il raggiungimento del consenso generale sia solo una questione di (...) accettare una certa percentuale di morti e di malattie a un dato limite di esposizione, per cosi dire fattibile ". Poiché questo criterio anche oggi non viene confessato, ma viene praticato ancora in molte situazioni e per molte sostanze, occorre cambiare registro, perché, quello che e stato tardivamente fatto con la messa al bando dell’amianto in tutte le sue forme sia in Italia, con la legge n.257 del 1992 e dall’Unione europea, purtroppo solo a partire dal 2005, sia messo in opera per tutte le altre. Le migliaia di morti per amianto che ci sono state e che ancora ci saranno lo testimoniano. Occorre procedere allo stesso modo per il CVM. Toglierlo di mezzo, toglie-re di mezzo le sue produzioni e i suoi impieghi per rispetto dei morti, perché molti altri non subiscano la stessa sorte. La prima obiezione che va respinta riguarda 1 ’affermazione che, allo stato attuale, le esposizioni al CVM sono molto basse, quasi innocue, che gli impianti di oggi sono moderni e che non lasciano passare nessuna perdita. Anche questo e falso; "incidenti " di fuoriuscita dagli impianti sono frequenti anche oggi e lo testimoniano non solo il più grande processo di primo grado conclusosi a Venezia con l’assoluzione degli imputati (sentenza parzialmente riformata, il 15 dicembre 2004, dalla Corte di Appello di Venezia come documentato nelle pagine che precedono, ndr), ma altri pro-cedimenti minori in atto o che invece si sono già conclusi con la condanna dei responsabili. Negli USA la perdita annuale della produzione e stata calcolata intorno al 5 - 6 per cento "sembra poco - dice il commentatore -ma se si considera che la produzione annua di PVC si aggira intorno a 5 miliardi di libbre (una libbra = 453 grammi), una perdita del 5 per cento si aggira intorno ai 250 milioni di libbre che fuoriescono dagli impianti ". In Italia gli impianti sono ancora più obsoleti, e le leggi sono poco e male applicate, anzi qualcuno pure e arrivato a pensare che, visto che questa e la situazione, occorre delegificare oppure, con termine più soft, semplificare. Ed e inaccettabile la seconda obiezione, da sempre usata, e da sempre usa-ta in maniera strumentale, ovvero quella della perdita dell’occupazione. Non si può contrapporre la salute con l’occupazione, certo, come evidenzia la presente proposta di legge, i lavora-tori e le lavoratrici occupati attualmente nella produzione di CVM-poli-vinilcloruro (PVC) devono essere garantiti. La loro salute come quella di molti altri deve comunque essere altrettanto garantita. Il vero progresso non e quello di costruire nuovi materiali al di la degli effetti che questi possono produrre sull’uomo e sull’ambiente, ma di produrre materiali che salvaguardino la salute dell’uomo, della donna e la salubrità ambientale. SINTESI DEGLI ARTICOLI La proposta di legge stabilisce all’articolo 1 la messa al bando delle produzioni di CVM e conseguentemente dei prodotti derivati; l’articolo 2 entra nel merito di che cosa siano il CVM e il PVC, mentre l’articolo 3 stabilisce il rischio zero, cioé la non rilevabilità nell’ambiente della sostanza tossica e cancerogena. L’articolo 4 istituisce una commissione che ha il compito di seguire la dismissione del CVM nel tempo, l’articolo 5 ne definisce i compiti; l’articolo 6 obbliga le imprese produttrici a fornire tutto i dati necessari di produzione, organizzazione aziendale, organizzazione del lavoro, misure di tutela dei lavoratori e delle lavoratrici. L ’articolo 7 richiede alle regioni di predisporre dei piani di protezione ambientale e di bonifica; in particolare all’articolo 8 si stabilisce di risanare 1’area del Petrolchimico di Marghera e della Laguna di Venezia inquinate con i finanziamenti già definiti, comunque per il rimanente a carico delle societa produttrici di CVM. L’articolo 9 definisce il registro delle aziende di bonifica e di smaltimento. L’articolo 10 entra nel merito delle misure che vengono prese a sostegno dei lavoratori, delle lavoratrici, delle aziende produttrici che chiudono; l’articolo 11 tratta parimenti del sostegno alle imprese. L’articolo 12 istituisce i registri dei soggetti esposti al CVM e ai prodotti derivati e degli angiosarcomi epatici e delle altre patologie connesse; l’artico-lo 13 definisce le sanzioni per gli inadempienti, e infine l’articolo 14 reca le norme finanziarie. »

Luigi Mara


Articolo pubblicato sul numero 154-156 di Medicina Democratica
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