Medicina Democratica
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I. Le normative che liberalizzano il mercato elettrico



Pubblicato il 23 ottobre 2005
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




LA DIRETTIVA EUROPEA

La cornice del D.Lgs 79/99 ("decreto Bersani") sulla liberalizzazione del mercato - ed in particolare della pro-duzione - dell’energia elettrica è costituita dalla direttiva 96/62 dell’Unione Europea [1] che è giunta dopo altre due direttive, la prima (la direttiva 90/547/CE) relativa al trasporto dell’energia sulle grandi reti, ovvero sulla interconnessione tra i diversi sta-ti e la seconda (direttiva 90/377/CE) sulla trasparenza dei prezzi fissati per il consumatore industriale di gas e di energia elettrica. Le finalità dichiarate della direttiva 96/62 sono quelle di promuovere un’ulteriore fase nella realizzazione di un unico mercato interno europeo dell’energia elettrica ovvero "per aumentare l’efficienza della generazione, della trasmissione e della distribuzione di tale "prodotto", rafforzando nel contempo la sicurezza dell’approvvigionamento e la competitività dell’economia europea nonché rispettando l’ambiente", garantendo, contemporaneamente, una concorrenza "trasparente" tra le imprese produttrici e consumatrici di energia nonché la "protezione del consumatore" attraverso gli "obblighi di servizio pubblico". Gli obiettivi dichiarati sono quelli di conseguire :
-  la concorrenza, tramite l’autorizzazione per la realizzazione di nuovi impian-ti di generazione, la possibilità di immettere l’energia prodotta nella rete di trasmissione nonché la possibilità - con sistemi di negoziati diretti tra produttore e consumatore o con il sistema dell’ "acquirente unico" - da parte dei clienti con elevati consumi, di scegliere il fornitore dell’energia; ciò per conseguire "un livello significativo" di aper-tura dei mercati nazionali, livello che è tuttora in discussione da parte dei paesi dell’Unione Europea;
-  il controllo del sistema - per la tutela dei consumatori - tramite diverse figure e prescrizioni : a) un "gestore della rete di trasmissione", indipendente che sia responsabile della rete nazionale per garantirne l’accesso - a parità di condizioni - ai produttori di energia assicurandone la sua efficienza e disponibilità a tutti gli utenti dell’energia; b) le modalita di gestione delle reti di distribuzione (cioè quelle dirette ai consumatori); c) un sistema di contabilità unificato e trasparente delle imprese di generazione, trasmissione e distribuzione. Vanno segnalati alcuni aspetti: -l’obiettivo di evitare ogni "abuso di posizione dominante e ogni comporta-mento predatorio";
-  l’individuazione di norme nazionali per la definizione dei criteri per il rilascio delle autorizzazioni di nuovi impianti, che "possono riguardare (...) b) la protezione dell’ambiente; c) l’assetto del territorio e la sua localizzazio-ne; d) 1’uso del suolo pubblico...";
-  la possibilità, nelle norme di recepi-mento, di stabilire obblighi per "dare precedenza agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche o rifiuti rinnovabili, ovvero che assicurano la produzione mista di calore e di energia elettrica" (cogenerazione) [2]. Fermo che la direttiva lascia aperte diverse opzioni per raggiungere gli obiettivi indicati, vedremo come queste indicazioni sono state introdotte nella normativa italiana. Con queste note cercheremo di dare un quadro, pur sintetico, della situazione e delle prospettive (e di alcune contraddizioni) del "sistema energia" nazionale, con particolare riferimento alla produzione e al consumo di energia elettrica, nonche dei relativi impatti ambientali causati.

IL "DECRETO BERSANI"

Il Decreto Legislative 79/99 o "decreto Bersani" [3] costituisce la norma quadro che regola il nuovo assetto del mercato dell’energia elettrica in Italia. Va tenuto conto che in precedenza (Legge n. 481 del 14.11.1995) era stata costituita, tra l’altro, l’"Autorità per 1’energia elettrica e il gas" che principalmente ha il compito di fissare le condizioni tecnico-economiche di accesso alla rete di trasmissione nonchè "le condizioni atte a garantire a tutti gli utenti della rete la libertà di accesso a parita di condizioni, l’imparzialità e la neutralità del servizio di trasmissione e dispacciamento"; inoltre questo organismo fissa - con proprie delibere - la composizione della struttura delle diverse parti delle tariffe elettriche (da quelle delle aziende produttrici, per l’uso della rete elettrica - e del gas - a quelle dei clienti finali). In sintesi, il DLgs 79/99 crea e distribuisce le nuove funzioni (prima distri-buite fra lo stato e l’ENEL) ai seguenti nuovi organismi:

♦il "Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale" (GRTN), si tratta di un organismo "indipendente" che svolge le funzioni proprie dello stato in materia di dispacciamento e per garantire l’efficienza e l’accesso alla rete di trasmissione nazionale (la proprietà della rete è rimasta fino a poco tempo fa interamente all’ENEL); il GRTN ha costituito due società, anch’esse formalmente indipendenti:

♦ l’"Acquirente Unico" (operativo dal 1° aprile 2004) che ha la funzione di "proteggere" i "clienti vincolati" ovvero "il cliente finale che, non rientrando nella categoria dei clienti idonei, è legittimato a stipulare contratti di fornitura esclusivamente con il distributore che esercita il servizio nell’area territoriale dove è localizzata l’utenza"; si tratta praticamente di tutte le utenze residenziali e comunque a "basso" consumo (attualmente questo limite e pari a 9 GWh/anno e in futuro verra abbassato a 0,1 GWh/anno). In altri termini, sarà questo l’organismo che stipulerà per i clienti vincolati contratti di fornitura che costituiranno il nocciolo della concreta "bolletta"; esso ha il compito di garantire la fornitura e condizioni identiche per tutti questi clienti (non necessariamente una riduzione dei costi); ♦ il "Gestore del Mercato" (GME) -società operativa dal 1° aprile 2004 -che ha il compito di "regolare" il mercato stesso con l’obiettivo di garantire il dispacciamento [4] (con questo termine si indica "l’attività diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione e l’eser-cizio coordinati degli impianti di produzione, della rete di trasmissione e dei servizi ausiliari") dell’energia elettrica prodotta secondo il suo valore economico (cioè a partire da quella a minor costo e dando priorità all’energia prove-niente da "fonti rinnovabili"), organizzando il mercato con un sistema misto di contratti bilaterali e con la gestione della "Borsa dell’Energia" attiva dal 1° aprile 2004. La Borsa Elettrica italiana è una borsa volontaria. Gli operatori infatti hanno facoltà di scambiare energia anche all’esterno della Borsa siglando contratti bilaterali in cui prezzi e quantità sono frutto di un accordo negoziale privato [5]. Altro aspetto rilevante del decreto Bersani: la distribuzione dell’energia elettrica (cioe il "trasporto e la trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione a media e bassa tensione per le consegne ai clienti finali") va svolta da un’unica impresa distributrice in ogni comune; questo ha determinato) la corsa all’acquisto dall’ENEL di reti di distribuzione metropolitane da parte delle societa (ex municipalizzate) che opera(va)no sul territorio delle singole città. Per quanto concerne la rete di alta tensione, come accennato, e in corso la parziale privatizzazione della società TERNA del gruppo ENEL, che finora ha avuto la proprietà della intera rete nazionale, gestendola secondo le indicazioni del GRTN. Una particolarità della norma italiana è quella che prescrive che "A decorrere dal 1 ° gennaio 2003 a nessun soggetto è consentito produrre o importare, direttamente o indirettamente, più del 50 per cento del totale dell’energia elettrica prodotta e importata in Italia" (art. 8, D.Lgs 79/99). Si tratta di una norma finalizzata a "rompere" la posizione predominante dell’ENEL che ha dovuto vendere una serie di centrali elettriche per una potenza complessiva di 15.000 MWe [6]; in proposito si veda la Tabella 1. Le societa ENEL (comprese quelle in fase di cessione) nel 2000 possedevano il 75 % della capacita produttiva installata (potenza degli impianti) e gestivano il 77,4 % della produzione [7]. In altri termini, la traduzione - tutta italiana - dell’obiettivo posto dalla direttiva di evitare l’"abuso di posizione dominante" si e concretizzata nella eliminazione (quota massima del 50 %) della preesistente posizione dominante dell’ENEL che derivava dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica dei primi anni Sessanta, attuata dal primo governo di centro-sinistra, anche per superare l’eccessiva frammentazione societaria e l’incapacità del libero mercato di garantire a tutti l’accesso all’energia elettrica. Come è noto l’ENEL si era già divisa in diverse società (di produzione, distribuzione, vendita, gestione tecnica della rete di trasmissione) in vista della liberalizzazione del mercato. Oggi, il grado di "libertà" del mercato, è rappresentato dalla parziale possibilità - solo per gli utenti con i maggiori consumi - di scegliere il fornitore, fra quelli presentati nella Tabella 1 che segue. In sintesi, il recepimento italiano della direttiva comunitaria 96/62 utilizza tutte le opzioni "liberiste" contenute nella stessa rinunciando esplicitamente a qualunque programmazione energetica e alla definizione dei criteri - ambientali, produttivi, di infrastrutture, di consumo e risparmio energetico - per il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di nuove centrali. L’unico passaggio dedicato dal D.Lgs 79/99 alle procedure autorizzative non definisce alcun criterio (se non quello della "semplificazione"): "a) i progetti sono autorizzati mediante lo svolgimento di una procedura unificata e semplificata, riferita a ciascuna categoria di impianto nonchè mediante il rilascio, in tempi determi-nati, di un unico provvedimento riguardante sia 1’impianto principale che le opere connesse e le infrastrutture indispensabili al suo esercizio" (art 8, D.Lgs 79/99). Da questo grave "errore" sono derivate una serie di norme, che, in nome dei rischi di black-out elettrico e comunque della necessità di intervento stata-le nel settore, hanno derogato pesante-mente a prescrizioni ambientali e a procedure democratiche decisionali in merito alla realizzazione di nuovi impianti di generazione, e tutto questo senza alcuna soluzione di continuità tra i diversi governi che si sono avvicendati dal 1999 ad oggi.

L’EVOLUZIONE NORMATIVA IN CORSO

Senza entrare nel dettaglio di una materia tuttora in evoluzione si ram-mentano alcune delle principali norme introdotte a correzione/integrazione del "decreto Bersani". La prima è sicuramente quella introdotta con il cosiddetto "decreto Marzano sbloccacentrali" che in questo periodo sta oramai esaurendo il suo scopo ovvero quello di forzare la realizzazione di numerose nuove centrali termoelettriche di notevoli dimensioni da parte di chiunque, su tale norma torneremo nel prossimo articolo. Un’altra norma e rappresentata dal cosiddetto "decreto Lunardi" [8], più volte modificata, che costituisce una "legge quadro" per imporre progetti di infrastrutture (tra cui diverse di tipo energetico) con la definizione di un particolare assetto procedurale attraverso il quale avviene l’aggiudicazione e la concessione per la realizzazione (con relativa dichiarazione di "pubblica utilità") dell’opera con la limitazione dei poteri degli Enti locali nell’ambito delle Conferenze dei Servizi; si tratta di una procedura antidemocratica che ridimensiona e accelera le procedure di compatibilità ambientale anche attra-verso una apposita Commissione Speciale VIA costituita da tecnici di diretta nomina ministeriale. Una norma di passaggio e rappresentata dalle disposizioni emanate a seguito della crisi idrica ed energetica dell’estate 2003 ma, in parte, già prevista qualche mese prima [9] ove, tra l’altro, si stabiliva la tenuta in eserci-zio degli impianti termoelettrici (fino a 4.000 MWe netti) anche se non garantivano il rispetto dei limiti delle emissioni nell’aria e della temperatura delle acque di raffreddamento scarica-te nei corpi idrici recettori. Queste norme emanate nel nome delle "emergenze" come quelle sopra ricordate, si sono sviluppate attraverso una "riforma" più ampia [10]. In sintesi (anche perchè si attendono una serie di decreti applicativi ed "esplicativi") questa nuova legge quadro riconosce la necessita di una politica energetica nazionale elaborata dallo stato (e dalle regioni) anche se non indica come essa verrà definita; viene riconosciuto e confermato il ruolo di servizio pubblico delle - libere - attività di "produzione, importazione, esportazione, stoccaggio ... , acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonchè di trasformazione del-le materie fonti di energia" (quindi solo con le successive norme si vedranno le implicazioni di questa commistione pubblico-privato) [11]. Sugli aspetti con diretta valenza ambientale, da un lato si dichiara di voler procedere all’accrescimento dell’efficienza negli usi finali dell’energia e, di "perseguire il miglioramento della sostenibilità ambientale dell’energia", nonchè il "riordino della normativa tecnica impiantistica all’interno degli edifici"; si tratta di affermazioni generi-che, subito contraddette da iniziative come quelle di "promuovere l’utilizzazione pulita di combustibili fossili" (palese il riferimento al carbone) [12], di "valorizzare le risorse naturali di idrocarburi" (alias trivellazioni in Val d’Agri in Basilicata nonché nel mar Adriatico), la conferma di "procedure semplificate ... per il rilascio di autorizzazioni in regime di libero mercato e per la realizzazione delle infrastrutture" comprensiva di "dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell’opera" (confermando nella sostanza la procedura della "autorizzazione unica", centralizzata presso il Ministero per le centrali di oltre 300 MWt, con la marginalizzazione della procedura di " compatibilità ambientale" come irresponsabilmente già previsto dal "decreto sbloccacentrali" che, così, da provvedi-mento "provvisorio" diventa definitivo); inoltre, in modo nefasto, viene reintrodotta la monetizzazione ambientale ("contributo compensativo") delle Regioni [13]e si potrebbe continuare a lungo su impostazioni di questo genere volte a incrementare velocemente la realizzazione di nuove centrali, incrementare la produzione di energia, in particolare elettrica, e di nuove infrastrutture dedicate. Se questo è il futuro nell’articolo che segue si cerca di focalizzare la situazione attuale.

Marco Caldiroli e Luigi Mara


Articolo pubblicato sul volume 154- 156 della rivista Medicina Democratica
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[1] Direttiva 96/92/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 dicembre 1996 concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica.

[2] Sull’argomento "rifiuti rinnovabili" ritor-neremo dedicandovi un apposito articolo su un prossimo numero della rivista.

[3] Decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79 "Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato inter-no dell’energia elettrica" (Gazzetta ufficiale 31 marzo 1999, n. 75).

[4] Il suo compito e quello di organizzare "il mercato stesso secondo criteri di neutralità, trasparenza, obiettività, nonchè di concor-renza tra produttori, assicurando altresì la gestione economica di un’adeguata disponi-bilità della riserva di potenza" (art. 5, Dlgs 79/99).

[5] Nel primo mese di funzionamento (apri-le 2004) nella Borsa Elettrica italiana sono stati scambiati 7,4 TWh di energia elettrica per un controvalore di 407.8 milioni di euro, nello stesso periodo nel sistema ita-liano sono stati scambiati complessiva-mente (comprendendo gli accordi tra pri-vati) 24 TWh. Quindi la Borsa italiana ha gestito circa il 30 % delle transazioni, ponendosi al secondo posto, dopo quella spagnola, tra le borse europee.

[6] Ciò e avvenuto tramite la attribuzione dei singoli impianti a tre società ("Genco") : l’Eurogen, per circa 7.500 MWe, ceduta alla società Edison che a sua volta ha assorbito la Sondel e l’Italenergia/Fiat; l’Elettrogen per circa 5.600 MWe, ceduta a una cordata di imprese fra cui la società spagnola Endesa e l’ASM (ex municipalizzata di Brescia); Interpower, per circa 3.000 MWe, in corso di vendita.

[7] Nel 2000 la produzione elettrica è stata pari a 235.926 GWh, distribuita in questo modo : ENEL (comprese Genco), 182.527 GWh; Gruppo Edison 17.254 GWh; Gruppo Sondel (ora assorbito da Edison) 6.265; Altri (ENI, municipalizzate, autoproduttori) 29.880 GWh. Con la cessione delle Genco la continuare a lungo su impostazioni di questo genere volte a incrementare velocemente la realizzazione di nuove centrali, incrementare la produzione di energia, in particolare elettrica, e di nuove infrastrutture dedicate. Se questo è il futuro nell’articolo che segue si cerca di focalizzare la situazione attuale. produzione dell’ENEL "scenderà" a - riferita ai dati dell’anno 2000 -132.844 GWh.

[8] Legge n° 443 del 21-12-2001, Delega al Governo in materia di infrastrutture ed inse-diamenti produttivi strategici ed altri inter-venti per il rilancio delle attività produttive; e successivo D.Lgs. n° 190 del 20-08-2002 di Attuazione della Legge 21 dicembre 2001 n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale.

[9] Decreto Legge 18.02.2003 n. 25 (conver-tito con Legge 17.04.2003 n. 83). Dispo-sizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e la Legge 27 ottobre 2003, n. 290, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, recante disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica. Delega al Governo in materia di remunerazione della capacità produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilità.

[10] Legge 23 agosto 2004 n. 239, Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia. Il fatto stesso che si tratti di una norma costituita da un unico articolo ma con ben 121 commi la dice lunga sui contenuti.

[11] La legge prevede che, dal 1 luglio 2007, chiunque sara "cliente idoneo".

[12] La legge prevede anche la promozione di accordi di programma "per la ricerca e l’utilizzo di tecnologie avanzate e ambientalmente sostenibili per la produzione di energia elettrica o di carburanti da carbone".

[13] Il contributo concerne i nuovi impianti termoelettrici ed e pari a 20 centesimi di euro per MWh prodotto, da ripartire poi fra il comune sede dell’impianto, quelli limitrofi e la provincia. Il contributo viene esteso anche ai Parchi nazionali ove limitrofi al sito. Si tratta di una misura quasi identica a quella sottoposta a referendum ed abrogata nel 1987.


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