Medicina Democratica
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III. Le prospettive nel campo della produzione di energia elettrica



Pubblicato il 23 ottobre 2005
di: Redazione (Autore/i o Autrice/i in calce all’articolo)




Il fabbisogno attuale di energia elettrica richiesto dalla rete nazionale e di circa 311.000 MWh (2002) o 321.000 MWh (2003) annui [1]; in linea teorica, se potessimo "mettere in produzione" (per un tempo corrispondente al fabbisogno) in modo costante gli impianti per soddisfare tale bisogno, tenuto conto delle fermate per manutenzione, avremmo bisogno di un parco impiantistico con una potenza netta installata di circa 45.000 MW. Il parco di generazione attuale (anno 2003) ha una potenza netta installata di 78.249 MWe; appare pertanto sovrabbondante rispetto al fabbisogno produttivo, fatti salvi alcuni problemi relativi alle linee di trasmissione rispetto alla distanza degli impianti dai punti di consumo che, come e noto, determinano alcuni scompensi (non è pensabile che il deficit produttivo della Lombardia venga compensato con il surplus produttivo della Puglia, sia per le inevitabili perdite nella trasmissione dell’energia elettrica che per problemi di capacita e funzionamento della rete di trasmissione). L’energia elettrica non è però una "merce" che può essere prodotta e "immagazzinata" per essere poi consumata alla domanda, ma deve essere disponibile puntualmente alla richiesta della rete ovvero degli utenti e il parco produttivo deve essere in grado, su tutto il territorio, di rispondere in tempo reale alle variazioni, anche istantanee del fabbisogno dei consumatori finali (anche se tali consumi elettrici possono e debbono essere indirizzati su tutto l’arco delle 24 ore, attraverso una intelligente politica tariffaria, non solo per il settore residenziale, cosa di là da venire nel nostro paese ove siamo ai primi balbettii). Negli ultimi anni si e assistito non solo ad un incremento dei consumi, come già detto, ma anche ad un incremento delle punte di richiesta, nonché ad un fenomeno che consiste in una "doppia" punta : alla usuale punta invernale connessa con le condizioni meteoclimatiche rigide, si e associata una punta estiva connessa alle opposte condizioni meteoclimatiche (e dunque all’utilizzo massiccio e sem-pre più esteso di impianti di condizionamento/climatizzazione degli ambienti). Le nuove punte storiche di domanda sulla rete elettrica nazionale corrispondono oggi a un valore della potenza di 53.600 MWe (16 dicembre 2004) e di 53.500 MWe (23 luglio 2004). Ciò che appare dotato di maggiore valenza, per evitare situazioni critiche puntuali, e il dato della effettiva disponibilità produttiva rispetto al livello di consumo di punta. Secondo il GRTN la reale disponibilità produttiva del parco centrali e attualmente stimata in soli 49.700 MWe, corrispondente al 63,5 % della potenza installata, pari a 78.249,5 MWe (v. Tabella 1). In altri termini, con un cosi basso tasso di utilizzo degli impianti (63,5 %, che con una appropriata gestione potrebbe essere tranquillamente elevato a un valore dell’ 80 %), ovvero a fronte di una cosi bassa produzione elettrica (anno 2003), mancherebbero all’appello circa 28.550 MWe ! Si noti che questa differenza si è acuita nel tempo, come mostra la Tabella 1 che segue. Non solo, per coprire le "punte" si importano 6.300 MW, divenuti 7.150 MW con l’apertura del nuovo elettrodotto San Fiorano-Robbia, tra Lombardia e Svizzera, inaugurato a metà gennaio 2005, e con previsione di ulteriori incrementi con le nuove linee internazionali Cordignano-Linz (con l’Austria, da 800 MW) e Udine-Okroglo (con la Slovenia, da 1.500 MW) funzionali anche alla espansione dell’ENEL nell’est europeo per "sfuggire" ai limiti produttivi presenti in Italia cui abbiamo già accennato (se ambientalisti, verdi e democratici non usciranno dal letargo, tali stati potranno divenire il varco per una ripresa "indiretta" di un programma elettronucleare italiano). Questi dati, fra l’altro, evidenziano :

a) la pessima gestione delle centrali (a tacere in molti casi della loro obsolescenza tecnologica) : 49.700 MWe di potenza disponibile alla punta a fronte di una capacità di potenza produttiva di 78.249,5 MWe (- 36,5 %);

b) l’anzidetta pessima gestione determina l’artificiosa necessita di importare gli attuali 6.300 MW;

c) l’importazione di energia elettrica consente ai gestori di lucrare sulla differenza tra il prezzo (più alto) di vendita del kWh e il prezzo (inferiore) di acquisto all’estero.

Le motivazioni addotte dal GRTN (v. Annuario GRTN 2003, p. 33, confermate anche nell’Annuario 2004) per l’indisponibilità delle diverse categorie di impianti di generazione sono, in sintesi le seguenti:
-  l’indisponibilità (sostanzialmente costante per gli anni considerati) di 7.000 MWe di potenza dagli impianti idroelettrici sarebbe da "ricondurre essenzialmente a motivi di carattere idrologico che si presentano sistematicamente nel periodo invernale oltre che per avarie o limitazioni per cause esterne"; in altri termini, come è facilmente comprensibile, la produzione di energia idroelettrica e diretta funzione della portata d’acqua disponibile (inferiore d’inverno);
-  l’indisponibilità (incrementata tra il 2000 e il 2003) produttiva di circa 20.000 MWe dagli impianti termoelettrici viene così motivata :

• "cause non programmabili" degli impianti di sola produzione elettrica per circa il 15 % (5.400 MWe);

• "cause non programmabili" degli impianti di produzione elettrica e termica (impianti di cogenerazione) per circa il 50 % (5.200 MWe);

• "arresti di lunga durata, ripotenziamenti, mancate autorizzazioni" (per 5.800 MWe);

• "potenza censita non più operativa" per 3.600 MWe.

Inoltre il GRTN segnala la discontinuità della fonte primaria rinnovabile (il vento): "si considera di norma una potenza disponibile alla punta pari al 25 % della potenza installata" (ovvero una indisponibilità di 582 MWe). A tale proposito va segnalato che nell’ambito della inchiesta parlamentare sull’energia svoltasi nel 2002 [2], i rappresentanti dell’ENEL hanno contestato i dati del GRTN valutando che "nel 2000 si è riscontrato ancora un valore di riserva prossimo al 25 per cento (una "riserva" del 15 % viene considerata come sufficiente, ndr), un dato largamente superiore a quello di gran parte degli altri paesi aperti alla competizione. Riteniamo quindi che il livello di capacità installata sia sufficiente a garantire la sicurezza del sistema e la continuità del servizio e che, pur considerando l’aumento della richiesta degli ultimi mesi e quella prevista nei prossimi anni, un modesto incremento della capacità sia sufficiente a sostenere la domanda elettrica del paese per i prossimi anni" , lamentando inoltre che "Già oggi le nostre centrali vengono utilizzate in misura largamente inferiore alla loro potenzialità", a causa dei meccanismi di incentivazione (CIP 6/92 e, più recentemente, i "certificati verdi") che danno precedenza al dispacciamento dell’energia prodotta da tali impianti con "fonti rinnovabili" (su cui ritorneremo in un altro articolo sulla rivista). I rappresentanti dell’ENEL, sempre in tale audizione, evidenziavano che "Analizzando i dati dell’ultimo decennio, è evidente come, a fronte della crescita di produzione di operatori terzi incentivati, corrisponda un progressivo decremento delle ore di funzionamento degli impianti ENEL". In altri termini, secondo l’ENEL - (fatte salve le problematiche derivanti dagli impianti più vecchi ovvero obsoleti nonché quelle insite nella rete di trasmissione) - il deficit produttivo ovvero, come già detto, l’artificiosa necessità di importare una ingente quota di energia elettrica, sarebbe dovuta non a motivi di ordine tecnico (data la disponibilità di impianti in grado di produrre energia) ma a motivi "commerciali", o meglio di speculazioni fra il prezzo inferiore dell’energia elettrica importata rispetto a quella venduta a prezzo superiore nel mercato italiano (si tratta delle motivazioni che stanno alla base del black-out notturno del 28 settembre 2003; vedi Tabella 1). Una situazione del genere è rappresentata dal caso emblematico della Lombardia: nella prima versione del Piano Energetico Regionale si trovano precise conferme in tal senso. Infatti, la relazione sugli impianti termoelettrici evidenzia che nel 2000 la produzione reale dei 150 impianti lombardi è stata determinata dal loro funzionamento medio pari a 3.750 ore/anno rispetto alle-potenziali-8.760 ore annue. Insomma, nell’arco dell’anno gli impianti sono stati tenuti in marcia solo per il 42,8 % del tempo disponibile! Una vergogna economico/gestionale e sociale. Inoltre, questi impianti (per lo piu centrali termoelettriche ancora ENEL) sono stati tenuti fermi per la metà del loro possibile tempo tecnico di funzionamento (7.500 ore/anno, secondo i più recenti progetti delle centrali). A ennesima riprova, si ricorda che le motivazioni di tale "mancata produzione" - indicate nel Piano Energetico Regionale della Lombardia - sono proprio ricondotte a "motivi commerciali” [3]. Queste motivazioni possono venir correlate da un lato alla vigenza di contratti pluriennali (fino al 2006) stilati a suo tempo dall’ENEL con partner esteri (attualmente con costi inferiori rispetto a quelli produttivi nostrani), e facendo ricorso alla normativa delle "fonti rinnovabili" (e "assimilate") relativa alla "precedenza di dispacciamento" dell’energia elettrica prodotta con tali fonti. Dati analoghi sono forniti dal GRTN e dall’ENEA (v. ENEA, Rapporto Energia e Ambiente 2004, p. 311) ove, al 2002, si indica un funzionamento a potenza efficiente degli impianti termoelettrici, pari a 4.041 ore/anno (peraltro in aumento rispetto alle 3.862 ore/anno del 2002), con variazioni tra regione e regione anche consistenti (per citare gli estremi: Campania, 1.850 ore/anno e Abruzzo, 5.748 ore/anno). Secondo il GRTN, nel 2002, il grado di utilizzazione (ovvero il rapporto tra ore di effettivo funzionamento della potenza efficiente dell’impianto e le ore dell’anno) delle centrali termoelettriche e idroelettriche e illustrato nella seguente Tabella 2. Inoltre, i dati della Tabella 1 evidenziano un paradosso: tra il 2000 e il 2003 sono stati realizzati impianti, con un incremento di potenza netta installata del 3,5 % ma, nello stesso periodo, è diminuita la potenza disponibile di ben il 6,9 %! Le fonti di questi dati sono governative [4] e, ancora una volta, evidenziano la pessima gestione del comparto elettrico. Il settore peggio gestito e quello delle centrali termoelettriche tradizionali (dove la forbice tra capacita installata ed energia elettrica disponibile e maggiore), interessato da programmi di ristrutturazione/ripotenziamento attuati soprattutto dopo la vendita dall’ENEL ai diversi gruppi privati. Non va poi taciuto che l’ENEL era a conoscenza, almeno dal 1996, delle direttive europee e delle modalità applicative italiane e, strumentalmente, ha ridotto al minimo ogni nuova realizzazione, cosi come ogni intervento manutentivo/migliorativo delle proprie centrali; un ritardo negli interventi che viene oggi presentato come " obsolescenza" degli impianti termoelettrici "tradizionali" : argomento ora sbandierato dai responsabili di tale scellerata politica (governo, ENEL e Confindustria) per chiedere consistenti incrementi produttivi e la realizzazione di nuove centrali. Va comunque sottolineato che, anche nel "libero mercato", se il "parco" generativo è sottoutilizzato (v. Tabella 1) e non produce energia a sufficienza, il primo intervento che una autorità e/o un proprietario dovrebbe mettere in campo e quello di una profonda modifica organizzativa-gestionale congiuntamente ad efficaci interventi di ammodernamento degli impianti esistenti per incrementare la loro capacita produttiva (disponibilità) e la loro produttività (aumentando il rendimento nella conversione del combustibile utilizzato), anche per rispettare le scadenze delle normative ambientali dei prossimi anni [5]. Il Governo prevede per il 2010 un incremento dei consumi di energia elettrica per 72.000 GWh (crescita della domanda pari al 2,5 % annuo); per far fronte ai consumi previsti, si prevede: una produzione aggiuntiva di circa 22.000 GWh attraverso l’incremento del rendimento delle centrali termoelettriche (dal 40 al 57 %) per effetto delle trasformazioni a ciclo combinato a gas naturale e 50.000 GWh derivanti da nuovi impianti; "la potenza complessiva delle nuove centrali da installare potrebbe essere pari a circa 10.000 MWe. Ulteriori 4-5.000 MWe di nuove centrali potrebbero essere necessari per assicurare un margine della potenza di riserva ed una maggiore sicurezza nelle richieste di potenza alla punta. La copertura del fabbisogno di energia elettrica, con i necessari margini di sicurezza nella disponibilità di potenza potrebbe, dunque, essere assicurata con la costruzione di nuovi impianti a ciclo combinato per 25.000-30.000 MWe, comprensivi delle trasformazioni previste dal gruppo ENEL" (Enea, Rapporto Energia Ambiente 2003, p. 318). Proviamo a chiarirci le idee, innanzitutto, sulle iniziative in corso (modifiche e ripotenziamenti degli impianti esistenti, nuovi impianti autorizzati, impianti in itinere) ala luce dei cambiamenti normativi introdotti con il Decreto Legge 07.02.2002 n. 7 (Legge 55/2002) [6] che, da un lato ha accelerato i tempi procedurali e dall’altro ha ridotto gli strumenti di "resistenza" locale agendo sia attraverso una centralizzazione decisionale ("autorizzazione unica") presso il Ministero delle Attività Produttive (alla faccia del federalismo !), per le centrali di potenza termica immessa superiore a 300 MWt, sia riducendo la valenza della procedura per il giudizio di "compatibilità ambientale" (invenzione italiana, da non confondere con il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale previsto dalle direttive europee); il tutto fino al 31.12.2003. Dopo la levata di scudi delle regioni (per la riduzione/sottrazione di competenze in materia), è stato raggiunto un "compromesso" nella Conferenza Unificata Stato-Regioni del 5.09.2002, con un accordo tra i diversi enti che ha solo scalfito l’impostazione centralistica - e i poteri ministeriali - della Legge 55/2002. La proposta di legge recentemente approvata (L. n. 239 del 23 agosto 2004) pur risolvendo una parte dei conflitti tra stato e regioni (con qualche concessione a queste ultime), mantiene il sistema della autorizzazione unica anzidetto. In tema di costruzione di nuove centrali, va ancora evidenziato che la strategia che prevede un’ampia "riserva" impiantistica per fronteggiare le domande di energia elettrica di punta si pone in contrasto con la liberalizzazione del settore : quali sarebbero i gestori che accetterebbero l’idea di realizzare impianti da utilizzare poche ore l’anno? Infatti, una simile scelta (disponibilità di un’ampia "riserva" impiantistica) potrebbe venir "sopportata" da un ente o da una societa pubblica ma, come noto, anche l’ENEL e stato privatizzato; comunque il problema resta. Nelle tabelle 3.a) , 3.b) , 3.c) e 3.d) si presentano rispettivamente gli impianti attualmente in fase di ristrutturazione, i nuovi progetti autorizzati dal Ministero dell’Ambiente, i progetti con parere V.I.A. favorevole del Ministero dell’Ambiente, e quelli ancora in fase di procedura di compatibilità ambientale. La situazione presentata rappresenta, con buona approssimazione, la situazione a fine anno 2004. Si ricorda che si tratta di una realtà estremamente fluida, soggetta alle modifiche per i nuovi progetti presentati nel frattempo. Nella Figura 1, facendo riferimento alla domanda di energia elettrica di "punta" (53.600 MWe), si è teso a visualizzare l’effetto degli interventi illustrati. Dalla Figura 1 si evince quanto segue : a) la "potenza installata 2003" corrisponde a quella del parco di generazione elettrica complessiva (v. Tabella 1); b) la colonna dell’istogramma relativa alla "potenza disponibile + import" corrisponde alia situazione attuale dichiarata dal GRTN, ovvero una potenza disponibile pari ai 49.700 MW, più un valore di potenza di importazione fino a 6.200 MW (rammentiamo che da gennaio 2005 il valore della energia elettrica importabile è salito a 7.150 MW), per garantire, con una ridotta capacità di "riserva", il soddisfacimento delle richieste di punta (fatte salve situazioni critiche locali); c) la colonna dell’istogramma relativa ala "potenza disponibile + impianti autorizzati" mostra la situazione che si verrebbe a creare con il completamento degli interventi sugli impianti esistenti, più i nuovi impianti autorizzati, più quelli che dispongono di parere favorevole per la compatibilità ambientale. Relativamente alla "potenza disponibile" si sono incorporati gli effetti delle ristrutturazioni degli impianti effettuate e in corso (v. Tabella 3.a). Va ancora precisato che, in modo conservativo, si è attribuito per questi impianti ristrutturati (quindi i soli impianti termoelettrici tradizionali) e in parte potenziati, una indisponibilità del 10 %, mentre la letteratura indica per repowering impiantistici, una indisponibilità del 5%. Abbiamo stimato che tali iniziative consentiranno un incremento della disponibilità di potenza da 49.700 MWe a almeno 55.200 MWe; in altri termini, raggiungendo quasi il livello di punta della richiesta della rete al 2003 ovvero con il valore di importazione di energia elettrica dall’ estero equivalente ad una "riserva di potenza" nelle condizioni piu sfavorevoli di richiesta (in questa colonna non abbiamo riportato il valore della potenza di import mentre abbiamo distinto i nuovi impianti autorizzati dal Ministero - per 19.138 MWe - e quelli allo stato con parere di compatibilità ambientale favorevole, per 4.134 MWe); d) la colonna dell’istogramma relativa alla "potenza disponibile + impianti autorizzati + in fase di VIA" mostra la situazione che si verrebbe a creare con la realizzazione di tutti gli impianti autorizzati, quelli con parere favorevole di compatibilità ambientale alla data odierna, e quelli in fase di procedura; ivi compresi quelli ristrutturati (v. paragrafo precedente), mentre non e computato il valore di potenza dei MW importati; e) la colonna dell’istogramma relativa alla "scenario ministeriale 2007", tiene conto di quanto affermato recentemente dal Ministero dell’ Ambiente [7]: i 55.200 MWe risultanti dalle ristrutturazioni in corso o già completate, nonché le "centrali autorizzate o in via di autorizzazione ... secondo stime del Ministero delle Attività Produttive" tali da portare a una "disponibilità di nuova potenza rispetto all’attuale a seguito dell’entrata in esercizio di nuovi impianti", di 14.297 MWe ovvero 63.247 MWe, entro il 2007. Va però ricordato che se venissero realizzate, in questo lasso di tempo, anche solo le centrali già autorizzate e quelle con procedura di compatibilità ambientale positiva o in fase avanzata (i dinieghi sono alquanto rari) si dovrebbero aggiungere ulteriori 23.560 MWe (che porterebbero la potenza disponibile a 86.807 MWe). Per poter apprezzare la situazione che caratterizza le diverse regioni, nella Figura 2 si mostra lo stato dei rispettivi deficit e superi di produzione (differenza tra produzione delle centrali e richieste dei consumatori finali nel 2003), mentre nella Tabella 4 si riporta la situazione impiantistica al 2002, i deficit e i superi di produzione per regione, nonchè le diverse iniziative in atto o previste dal lato della offerta di nuova produzione di energia elettrica. Da ultimo vogliamo accennare a una ulteriore conseguenza della scelta di aprire alla realizzazione di nuove centrali termoelettriche, in particolare a gas naturale. La previsione, principalmente per le necessità delle nuove centrali, e quella di passare da un consumo pari a circa 70 miliardi di metri cubi (mc) di metano (anno 2000) ai 100 miliardi di mc nel 2010 [8]. La insufficiente - in prospettiva - capacità di importazione attraverso metanodotti sta provocando la presentazione di numerosi progetti per la realizzazione di terminali di rigassificazione. Si tratta in sostanza di navi che caricano gas naturale liquefatto (GNL, a bassa temperatura, -170 °C) da impianti installati sulle coste dei fornitori attuali (Egitto, Algeria, Libia) che da giacimenti più lontani analogamente sfruttabili (es. Venezuela, Nigeria). Nella Tabella 5 si mostra lo stato delle proposte di impianti di rigassificazione ovvero di scarico del GNL da navi, lungo le coste italiane, in aggiunta all’unico impianto oggi in attività, quello di La Spezia. Dall’insieme dei dati qui presentati (situazione attuale delle centrali di produzione di energia elettrica a livello nazionale e regionale, potenze installate, grado di utilizzo degli impianti, valori dell’import, effetto degli interventi su centrali esistenti e dei progetti di nuove centrali termoelettriche) emerge una situazione chiara, che, fra l’altro, puo essere considerata come un "riflesso condizionato" di due fattori: il complesso delle iniziative di liberalizzazione del mercato dell’energia e la "obsolescenza" del parco termoelettrico italiano (presenza di cicli a vapore tradizionali). L’esplicito appoggio degli ultimi due governi alla realizzazione di nuove centrali termoelettriche, con una predominanza di cicli combinati a gas naturale da parte dei nuovi soggetti del mercato e una vocazione verso il carbone per quanto concerne nuove centrali di produzione dell’ENEL (con qualche nefasto accenno a una ripresa di un programma nucleare, in Italia o all’estero. Una ipotesi da cancellare attraverso una rigorosa controinformazione e una possente mobilitazione), appare (viene esplicitamente presentata come tale) come una risposta obbligata all’incremento dei consumi spinti irresponsabilmente in alto da una politica governativa tesa solo all’aumento dell’offerta di energia elettrica, nonchè priva di qualsiasi programmazione energetica capace di discriminare tra necessità, risparmio, usi efficienti e propri dell’energia nei diversi settori socio-economici. In altri termini, l’autoreferenzialità con cui è stata promossa e attuata l’entrata di nuovi soggetti privati e para-pubblici nel mercato della produzione e distribuzione dell’energia sta producendo lo stesso effetto che ha avuto (e che ha tuttora) l’aver affidato la mobilità degli italiani alla maggiore casa automobilistica del paese, la FIAT. Una politica, caratterizzata da nuove strade e nuovi spazi per la mobilità individuale fino a giungere alle crisi da ingorgo (per non dire degli effetti ambientali), superata ogni volta con nuove strade, ovvero spostando un po’ più la, nel tempo e nello spazio, il prossimo ingorgo senza più garantire la mobilità con il peggioramento dei trasporti pubblici. In altri termini, come già evidenziato, siamo in presenza di una scellerata politica dei consumi in continua crescita, i cui unici freni sono costituiti dai costi internazionali, anch’essi in continua crescita per la riduzione delle disponibilità delle fonti fossili, in primis il petrolio. Se vi fosse qualche dubbio in proposito, basti pensare che quasi tutti i progetti di nuove centrali termoelettriche a gas naturale hanno potenze elevate (moduli con valori di potenza da 400 MWe a 1.600 MWe) e sono spesso concentrati in zone limitate (lungo le grandi infrastrutture di trasporto del gas e/o elettrodotti). Si tratta di centrali che si prevede di far funzionare al massimo regime, 24 ore su 24, per poter ammortizzare velocemente gli elevati costi di realizzazione (infrastrutture comprese), e per realizzare elevati profitti. Pertanto, è facile intuire quale è (e sarà!) la politica energetica della lobbies dei produttori: un continuo aumento dell’offerta e (dell’inquinamento) dei consumi di energia. (Sul punto, si ricorda, cfr. Figura 1, che i soli interventi in atto sulle centrali esistenti - e a maggior ragione quelli possibili sui rimanenti impianti - sono in grado di "pareggiare" gli attuali picchi di consumo). Pertanto, i nuovi impianti autorizzati e quelli in fase di autorizzazione, rappresentano una zavorra che diventerà sempre più insostenibile (e costosa per l’insieme del sistema-Italia) e obsoleta rispetto agli interventi finalizzati alla riduzione della domanda di energia. In nome del soddisfacimento qui ed ora di consumi energetici sicuramente evitabili (i picchi di cui abbiamo parlato sono connessi con la climatizzazione degli ambienti e con l’inadeguatezza degli standard di coibentazione e costruzione degli edifici), il sistema energetico italiano si sta avviando (e avvitando) in una spirale insensata di incrementi produttivi, per il soddisfacimento indiscriminato di qualunque richiesta di energia, un disastro ambientale ed economico. Nel mentre "non ci si avvede" che questo provoca un ulteriore e insostenibile peso sull’ambiente e sulla salute pubblica.

Marco Caldiroli e Luigi Mara


Articolo pubblicato sul volume 154- 156 della rivista Medicina Democratica
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[1] A fronte, rispettivamente, di consumi all’utenza pari a 291.000 GWh nel 2002 e 300.000 GWh circa nel 2003. La differenza tra il fabbisogno immesso in rete e il consumo e rappresentato dalle perdite, che nel 2003 sono state di circa 21.000 GWh, circa il 7% della energia immessa in rete.

[2] Audizione dei rappresentanti dell’ ENEL alla Commissione Attivita Produttive della Camera dei Deputati del 23.01.2002.

[3] "Programma Energetico Regionale. II sistema energetico della Lombardia. Obiettivo e strumenti dell’azione regionale", la versione definitiva del documento e stata approvata con Delibera della Giunta Regionale n. 12467 del 12.03.2003.

[4] Ad esempio, il documento della ENEA "Rapporto Energia Ambiente 2003", da cui abbiamo tratto numerosi dati presentati, esordisce ("Premessa" di Antonio Sano) con la seguente significativa dichiarazione: "II Rapporto Energia e Ambiente 2003, seguendo le indicazioni del Governo e ripercorrendo la linea gia tracciata nei precedenti anni, si pone come strumento di informazione su queste tematiche. (...)."

[5] V. in particolare la Direttiva 2001/80 /CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2001, "concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione".

[6] "Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico italiano", cosiddetto "decreto sbloccacentrali" o "decreto Marzano" dal nome del Ministro in carica. Va detto che il governo di centro sinistra, pochi mesi prima della scadenza del mandato, aveva in discussione un analogo "decreto sbloccacentrali" presentato dall’allora Ministro Letta.

[7] Relazione Tecnica consegnata dal Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio nell’ambito della indagine conoscitiva sull’impatto ambientale delle raffinerie e delle centrali elettriche, in Atti della 13° Commissione Ambiente, Territorio, Beni Ambientali del Senato della Repubblica, 17.03.2004, pp. 121 - 140.

[8] Questo è quello che vogliono far credere le società di importazione di gas naturale che si affacciano sul mercato nazionale a causa della liberalizzazione anche di questo settore. Gli scenari ipotizzati per il rispetto da parte del nostro paese degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, mostrano un incremento dei consumi fino a 87 miliardi di mc di gas naturale o una loro riduzione a 62 miliardi di mc, rispettivamente per l’opzione del "minimo costo" (opzioni tecnologiche senza vincoli sulle emissioni di CO2) e basata su "tecnologie di riduzione" (opzioni tecnologiche indotte da una tassa di 100 dollari tonn/CO2 emessa con sua riduzione]. V. ENEA, "Verso un modello energetico sostenibile", Conferenza Nazionale Energia e Ambiente, 1997.


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