SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 287 DEL 13/10/17
INDICE
- Cambio di mansione e obblighi relativi a salute e sicurezza
– Le giornate sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
- Infortuni sul lavoro: dal 12 ottobre obbligo di segnalare anche quelli di un giorno
- Invecchiamento e lavoro: un nuovo strumento per gli operatori
- Ancora sugli infortuni per interferenze nei luoghi di lavoro
- Infortuni con cavedi e bocche di lupo
- Lucernari non sicuri
Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.
La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.
L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”
Medicina Democratica – Movimento di lotta per la salute onlus
https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156
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CAMBIO DI MANSIONE E OBBLIGHI RELATIVI A SALUTE E SICUREZZA
LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.81
Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti dei lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia
QUESITO
Ciao Marco,
ti disturbo per questa ragione.
Sempre più spesso nella mia azienda (metalmeccanica), in nome della “flessibilità” vengono disposti arbitrariamente dei cambi mansione di lavoratori tra reparti che sono anche molto diversi a livello di rischio per la sicurezza (da attività di montaggio, ad attività di pulitura dei pezzi con composti chimici, ad attività di magazzino con uso del carrello, ecc.).
Il tutto con un brevissimo affiancamento al lavoratore nella nuova mansione, ma senza formazione specifica o altro.
Ma è possibile fare una cosa del genere?
Mi puoi dire quali sono, in generale gli obblighi per l’azienda per la sicurezza dei lavoratori, in caso di cambio di mansione.
Grazie.
RISPOSTA
Ciao,
a seguire le mie considerazioni in merito al cambio mansione, con riferimento alla vigente normativa di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori (il D.Lgs. 81/08).
Le conclusioni (che trovi alla fine del documento) sono le seguenti:
Il cambio di mansione è ovviamente possibile, purché sia eseguito nell’ambito della vigente normativa di diritto del lavoro.
Il cambio di mansione, da un punto di vista della normativa su salute e sicurezza, è possibile però solo alle seguenti condizioni:
- aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, a seguito di significative variazioni della organizzazione del lavoro aziendale, inerenti alla salute e alla sicurezza dei lavoratori sottoposti a variazione di mansione;
- ripetizione della sorveglianza sanitaria per i lavoratori sottoposti a cambio mansione per definire l’idoneità alla mansione del lavoratore alla nuova mansione svolta, se questa comporta rischi per la salute diversi dalla mansione precedente;
- ripetizione della informazione/formazione in merito ai rischi e alle misure di prevenzione e protezione per i lavoratori sottoposti a cambio mansione, con riferimento alla nuova mansione svolta, se questa comporta rischi per la salute e la sicurezza diversi dalla mansione precedente;
- consegna di Dispositivi di Protezione Individuali adeguati alla nuova mansione svolta per i lavoratori sottoposti a cambio mansione, se questa comporta rischi per la salute e la sicurezza diversi dalla mansione precedente.
Il cambio di mansione di lavoratori, senza gli adempimenti di cui sopra da parte del datore di lavoro comporta, ai sensi della normativa vigente, uno o più reati di carattere penale, sanzionabili secondo la medesima normativa.
A disposizione per ulteriori.
Fammi sapere.
Marco
CAMBIO DI MANSIONE E OBBLIGHI RELATIVI A SALUTE E SICUREZZA
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Gli obblighi sanzionabili a carico del datore di lavoro in merito alla valutazione dei rischi sono definiti in linea generale dall’articolo 17, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. (nel seguito Decreto):
“Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28”
e dall’articolo 28, comma 1:
“La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”.
E’ evidente che, ai sensi di questo ultimo dettato, che fa specifico riferimento ad attrezzature, agenti chimici e luoghi di lavoro, la valutazione dei rischi deve essere eseguita non a livello generale per l’azienda nel suo complesso, ma specificatamente per gruppi omogenei di lavoratori, cioè per ogni singola mansione lavorativa.
A seguito della valutazione dei rischi, devono essere definite misure di prevenzione e protezione che comprendono, tra l’altro:
- la sorveglianza sanitaria per ogni singolo lavoratore esposto a rischi per la salute, definita dal medico competente in funzione dei rischi per la mansione di appartenenza;
- l’erogazione della informazione/formazione a ogni singolo lavoratore esposto a rischi, definita in funzione dei rischi per la mansione di appartenenza;
- la consegna di Dispositivi di Protezione Individuale a ogni singolo lavoratore esposto a rischi, definiti in funzione dei rischi per la mansione di appartenenza.
Da quanto sopra deriva che lo spostamento di un lavoratore da una mansione a un’altra, che comporti rischi per la salute e per la sicurezza diversi dalla precedente, deve comportare, come definito in articoli specifici del Decreto e come esposto nel seguito, il cambiamento delle misure di prevenzione e protezione sopra elencare.
L’elaborazione del documento di valutazione dei rischi deve essere fatta secondo quanto stabilito dall’articolo 29, comma 1 del Decreto:
“Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 55, comma 1 del Decreto con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
Il documento di valutazione dei rischi deve inoltre essere rielaborato a ogni significativa variazione delle condizioni lavorative relativamente a salute e sicurezza, ai sensi dell’articolo 29, comma 3 del Decreto:
“La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata […], in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. […]”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 55, comma 3 del Decreto con l’ammenda 2.000 a 4.000 euro.
E’ evidente che il caso di trasferimento di lavoratori da una mansione a un’altra, che comporti rischi per la salute e per la sicurezza diversi dalla precedente, costituisce una “modifica della organizzazione del lavoro significativa ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori” e pertanto richiede ai sensi dell’articolo 29, comma 3 del Decreto una rielaborazione del documento di valutazione dei rischi.
SORVEGLIANZA SANITARIA
Il protocollo di sorveglianza sanitaria (cioè l’insieme delle visite mediche, degli esami clinici e biologici e delle indagini diagnostiche) viene definito dal medico competente in funzione dei rischi specifici per ogni singola mansione, come richiesto dall’articolo 25, comma 1, lettera b) del Decreto:
“Il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”.
Poiché la sorveglianza sanitaria è quindi funzione della specifica mansione, il Decreto prevede esplicitamente che essa debba essere eseguita anche a ogni cambio di mansione, secondo quanto disposto dall’articolo 41, comma 2, lettera d):
“La sorveglianza sanitaria comprende visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica”.
L’obbligo di inviare i lavoratori alla sorveglianza sanitaria secondo le scadenze definite dall’articolo 41 (compreso quindi le visite a seguito di cambio mansione) è a carico del datore di lavoro o dei dirigenti delegati, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera g) del Decreto:
“Il datore di lavoro […] e i dirigenti […] devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria […]”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 55, comma 5, lettera e) del Decreto con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro.
Pertanto trasferire un lavoratore da una mansione a un’altra senza prima averlo sottoposto nuovamente a visita di sorveglianza sanitaria in relazione alla nuova mansione non è possibile, a meno di commettere il reato penale di cui sopra.
INFORMAZIONE E FORMAZIONE
L’informazione e la formazione dei lavoratori sono a carico del datore di lavoro o dei dirigenti delegati, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera l) del Decreto, secondo il quale:
“Il datore di lavoro […] e i dirigenti […] devono adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37”.
Le modalità di erogazione della informazione sono regolate dall’articolo 36 del Decreto.
Secondo tale articolo, i contenuti della informazione devono riguardare anche i rischi specifici propri della mansione a cui è addetto ogni singolo lavoratore, come specificato dall’articolo 36, comma 2, del Decreto secondo il quale:
“Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:
- a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
- b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e delle miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
- c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 55, comma 5, lettera c) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200 a 5.200 euro.
Le modalità di erogazione della formazione sono regolate dall’articolo 37 del Decreto.
Secondo tale articolo i contenuti della formazione devono riguardare anche i rischi specifici propri della mansione, come specificato dall’articolo 37, comma 1, lettera b) del Decreto, secondo il quale:
“Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza […] con particolare riferimento a i rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 55, comma 5, lettera c) del Decreto, con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200 a 5.200 euro.
La necessità che l’informazione e la formazione debbano essere specifiche per ogni lavoratore in funzione della mansione svolta è chiarito e confermato al successivo comma 3 dell’articolo 37 del Decreto:
“Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al periodo che precede è definita mediante l’accordo di cui al comma 2 [Accordo Stato Regioni del 21/12/11]”.
Poiché la formazione è quindi funzione della specifica mansione, il Decreto prevede esplicitamente che essa debba essere eseguita anche a ogni cambio di mansione, secondo quanto disposto dall’articolo 37, comma 4, lettera b) del Decreto stesso:
“La formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione del trasferimento o cambiamento di mansioni”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 55, comma 5, lettera e) del Decreto con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro.
Pertanto trasferire un lavoratore da una mansione a un’altra senza prima averlo sottoposto nuovamente alla specifica informazione e formazione in relazione alla nuova mansione non è possibile, a meno di commettere il reato penale di cui sopra.
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI
La consegna di Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) ai lavoratori è a carico del datore di lavoro o dei dirigenti delegati, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera d) del Decreto, secondo il quale:
“Il datore di lavoro […] e i dirigenti […] devono fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 55, comma 5, lettera a) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 750 a 4.000 euro.
Le modalità di individuazione dei DPI da utilizzare sono specificati nel Titolo III, Capo II del Decreto.
In particolare l’articolo 76, comma 2 prevede che:
“I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
- a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;
- b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
- c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
- d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità”.
Pertanto i DPI devono essere scelti per ogni singola mansione, in funzione dei rischi specifici della mansione stessa.
Una volta individuati i DPI (in maniera specifica per ogni mansione in conformità ai requisiti di cui all’articolo 76), essi devono essere consegnati ai lavoratori, secondo quanto previsto dall’articolo 77, comma 3 del Decreto:
“Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di cui all’articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai requisiti previsti dall’articolo 76”.
Il mancato adempimento di tale obbligo costituisce reato penale, punito, ai sensi dell’articolo 87, comma 2, lettera d) del Decreto, con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400.
Pertanto trasferire un lavoratore da una mansione a un’altra senza prima avergli fornito specifici DPI conformi ai rischi presenti nella nuova mansione non è possibile, a meno di commettere il reato penale di cui sopra.
CONCLUSIONI
Il cambio di mansione è ovviamente possibile, purché sia eseguito nell’ambito della vigente normativa di diritto del lavoro.
Il cambio di mansione, da un punto di vista della normativa su salute e sicurezza, è possibile però solo alle seguenti condizioni:
- aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, a seguito di significative variazioni della organizzazione del lavoro aziendale, inerenti alla salute e alla sicurezza dei lavoratori sottoposti a variazione di mansione;
- ripetizione della sorveglianza sanitaria per i lavoratori sottoposti a cambio mansione per definire l’idoneità alla mansione del lavoratore alla nuova mansione svolta, se questa comporta rischi per la salute diversi dalla mansione precedente;
- ripetizione della informazione/formazione in merito ai rischi e alle misure di prevenzione e protezione per i lavoratori sottoposti a cambio mansione, con riferimento alla nuova mansione svolta, se questa comporta rischi per la salute e la sicurezza diversi dalla mansione precedente;
- consegna di Dispositivi di Protezione Individuali adeguati alla nuova mansione svolta per i lavoratori sottoposti a cambio mansione, se questa comporta rischi per la salute e la sicurezza diversi dalla mansione precedente.
Il cambio di mansione di lavoratori, senza gli adempimenti di cui sopra da parte del datore di lavoro comporta, ai sensi della normativa vigente, uno o più reati di carattere penale, sanzionabili secondo la medesima normativa.
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LE GIORNATE SULLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Le giornate nazionali ed europee per la sicurezza sul lavoro sono diventati appuntamenti rituali, utili alle statistiche, ma avulse dalle dinamiche reali del lavoro. Innalzamento dell’età lavorativa, aumento dei carichi di lavoro, codici disciplinari repressivi, lavoro sempre più precario, responsabilità civili, penali ed erariali pesano come macigni.
Ma anche guardare ai dati, a una forza lavoro sempre più avanti con gli anni è utile per comprendere che la cancellazione della Riforma Fornero e dei tetti imposti alla spesa di personale nella Pubblica Amministrazione sono due rivendicazioni utili e necessarie per ridurre lo stress e abbattere i rischi sul lavoro.
Nei settori privati l’aumento dell’orario di lavoro e i ritmi imposti anche attraverso i contratti nazionali degli ultimi anni, il lavoro nei giorni festivi, lo straordinario obbligatorio sanciscono il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Il 22% dei lavoratori che hanno superato i 50 anni di età sono certi che non saranno in grado di fare il loro lavoro attuale all’età di 60.
Il 26% dei lavoratori sono certi che il lavoro influisca negativamente sulla loro salute.
Il 45% dei lavoratori europei percepisce con sempre maggiore ansia la discriminazione per motivi legati alla età avanzata, il timore è di essere inseriti nelle liste degli esuberi per sopraggiunti motivi produttivi.
Solo il 35 % dei lavoratori che ha superato i 50 anni di età ha ricevuto una formazione a carico del datore di lavoro nel corso dell’anno passato (41% per la fascia di età 35-49). La fonte è di European Sul e la dice lunga sulla assenza di percorsi formativi e di riqualificazione nei settori pubblici e privati.
Il 32 % degli stabilimenti non hanno una procedura per sostenere il ritorno al lavoro.
In Italia si spende meno che in formazione della media europea, i dati di assenza dal lavoro sono in linea con le percentuali comunitarie. Occorre ricordarlo a chi in questi anni ha sanzionato economicamente i primi giorni di malattia e ha condotto una battaglia mediatica contro i cosiddetti fannulloni.
In Italia si muore sul lavoro per incidenti, ci si infortuna, ci si ammala per patologie legate al lavoro più che in molti altri paesi del capitalismo avanzato.
Anche le misure per prevenire malattie e infortuni sono giudicate dagli esperti insufficienti e inadeguate: la legislazione spesso e volentieri non viene applicata dalle aziende per motivi di risparmio economico, ben sapendo che i controlli da parte degli Organismi di Vigilanza sono rarissimi e spesso “pilotati”, i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza più determinati vengono messi dalle aziende nella impossibilità di nuocere con ricatti più o meno velati, i lavoratori svolgono un lavoro sempre più precario e hanno così perso il potere di fare valere i loro diritti.
Le giornate ufficiali per la salute e la sicurezza dovrebbero partire da questi dati incontrovertibili, sostenere l’abbassamento dell’età lavorativa, la riduzione dei ritmi e dei carichi di lavoro, aumentare i controlli da parte degli Organi di Vigilanza e applicare seriamente le pene previste dalla normativa contro i datori che non rispettano salute e sicurezza.
Il resto sono solo chiacchere…
Federico Giusti Sindacato Generale di Base
Marco Spezia Progetto Know Your Rights!
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INFORTUNI SUL LAVORO: DAL 12 OTTOBRE OBBLIGO DI SEGNALARE ANCHE QUELLI DI UN GIORNO
Da Studio Cataldi
06/10/17
di Lucia Izzo
In vigore l’obbligo previsto dal D.M. 183/16 di comunicare gli infortuni superiori a un giorno entro 48 ore a fini statistici.
Scatterà dal prossimo 12 ottobre l’obbligo datoriale di comunicare all’INAIL, a fini statistici e informativi, gli infortuni subiti sul lavoro che determinano una prognosi superiore a un giorno oltre a quello dell’infortunio. La finalità solo statistica affianca, senza intaccare, l’obbligo a fini assicurativi di comunicare gli infortuni superiori a 3 giorni.
L’obbligo trova la sua fonte nel Decreto del Ministero del Lavoro 183/16 che ha precisato le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro).
In prima battuta era stato fissato un termine di sei mesi per l’entrata in vigore, fissata al 12 aprile 2017, ma l’intervento del Decreto Milleproroghe ha spostato le lancette di altri sei mesi (un anno dalla vigenza iniziale, ossia dal 12 ottobre 2016), pertanto l’obbligatorietà dell’adempimento scatterà dal 12 ottobre 2017.
Per effetto del Decreto Ministeriale, l’articolo 18 del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), stabilirà altresì l’obbligo del datore di lavoro di comunicare all’INAIL e all’IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino l’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento e, a fini assicurativi, quelli relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni.
La comunicazione risponde a finalità di orientamento, programmazione, pianificazione e valutazione dell’efficacia di azioni di prevenzione degli infortuni e delle malattie correlate al lavoro, nonché di indirizzo delle relative attività di vigilanza (per progressivamente migliorare i livelli di efficacia degli interventi).
In caso di mancata comunicazione entro i tempi richiesti, per gli infortuni “brevi” scatta la sanzione amministrativa pecuniaria da 548 a 1.973 euro, che sale da 1.096 a 4.932 euro se la comunicazione omessa riguarda gli infortuni superiori ai tre giorni.
Il Decreto del Ministero del Lavoro 183/16 è consultabile all’indirizzo:
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/09/27/16G00196/sg
Per ulteriori approfondimenti sulla gestione degli infortuni sul lavoro, si veda l’articolo dello Studio Cataldi all’indirizzo:
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INVECCHIAMENTO E LAVORO: UN NUOVO STRUMENTO PER GLI OPERATORI
Da: PuntoSicuro
27/09/17
Di Tiziano Menduto
Ad Ambiente Lavoro Convention a Modena è stato presentato il nuovo Aging-Ebook, il libro d’argento su invecchiamento e lavoro. Ne parliamo con Rinaldo Ghersi, Massimo Balzarini, Daniele Tovoli, Tiziana Vai e Donatella Talini.
Sono ormai molti i dati europei che sottolineano quanto sia importante il tema dell’invecchiamento della popolazione: la percentuale della popolazione di età dai 55 anni in su è passata dal 25% nel 1990 al 30% nel 2010 e dovrebbe raggiungere un picco di circa il 40% entro il 2060. E per vari motivi, demografici ed economici innanzitutto, si assiste anche a un progressivo invecchiamento della forza lavoro con possibili conseguenze negli assetti dell’organizzazione del mercato lavorativo e nella tutela della salute dei lavoratori.
Partendo da questa constatazione e dall’urgenza che le aziende siano consapevoli dei problemi da affrontare, presentiamo oggi, attraverso un’intervista realizzata alla manifestazione “Ambiente Lavoro Convention” (Modena, 13/14 settembre 2017), un nuovo documento/strumento realizzato dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP).
Il documento è stato presentato a Modena durante l’incontro “CIIP presenta Aging-Ebook il libro d’argento su invecchiamento e lavoro” (14 settembre 2017) con riferimento anche agli obiettivi della campagna europea 2016-2017 “Ambienti di lavoro sani e sicuri ad ogni età”.
Del nuovo libro (e più ampiamente del tema “invecchiamento e lavoro”) parliamo con Rinaldo Ghersi (Coordinatore del gruppo di lavoro CIIP “Invecchiamento e lavoro”), Massimo Balzarini (CGIL Lombardia), Daniele Tovoli (FIASO Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere), Tiziana Vai (Medico del lavoro ATS Milano, Gruppo di lavoro CIIP) e Donatella Talini (Medico del Lavoro ASL Toscana Nord ovest, Gruppo di lavoro CIIP).
L’intervista fa emergere molte criticità e difficoltà, specialmente in relazione al comparto della sanità, ma anche l’importanza e l’utilità di un metodo, di un approccio multidisciplinare, che sia in grado di affrontare correttamente nelle aziende i rischi e i problemi correlati all’età dei lavoratori.
Punto Sicuro
Come si è arrivati alla progettazione e pubblicazione dell’aging e-book?
Rinaldo Ghersi
Materiale sul tema ce n’è; sono state fatte anche esperienze in passato nel nostro Paese. Nel 2014 la Consulta Interassociativa, nella fattispecie la vicepresidente Laura Bodini, ci ha proposto di costituire questo gruppo di lavoro sull’invecchiamento del lavoro per confrontare le nostre esperienze e prospettive. Ne è venuta fuori una discussione interdisciplinare abbastanza ricca, per cui abbiamo pensato di mettere per iscritto, in questo ebook consultabile da tutti, il nostro elaborato come proposte da sperimentare sul campo, come strumento di formazione, come strumento di divulgazione, per esempio anche ai responsabili del personale delle imprese.
Punto Sicuro
Con quale approccio ci avete lavorato?
Rinaldo Ghersi
L’approccio è quello seguito dai consulenti della Commissione Europea, soprattutto dal professore Ilmarinen, finlandese, e altri suoi collaboratori che hanno divulgato da tempo l’approccio multiplo. Dunque un approccio individuale all’invecchiamento attivo, che consiste sostanzialmente nelle condotte salubri di vita, un approccio aziendale, che è quello su cui noi abbiamo lavorato (in quanto professionisti che si occupano a vario titolo di prevenzione nelle aziende) e un approccio sociale. Infatti per quanto gli addetti al servizio di prevenzione e consulenti e i medici competenti possano impegnarsi, per quanto le aziende possano incorporare una vera e propria gestione del lavoratore che invecchia, rimarrà comunque fuori una parte di lavoratori che non sono adatti, non hanno più l’idoneità per svolgere i compiti e le mansioni. E si porrà per loro un problema di incollocabilità.
Siamo ancora all’inizio nella percezione di questa problematica in Italia, però gli operatori che lavorano su questo (parlo dei medici competenti, dei capi reparto e anche dei lavoratori) il problema già lo sentono. E veramente si porrà ancor di più in futuro il problema del lavoratore anziano, soprattutto con basse competenze, che sarà molto difficilmente ricollocabile su altri compiti e altre mansioni.
Punto Sicuro
Quali sono le definizioni che avete utilizzato? Quando il lavoratore si definisce anziano?
Rinaldo Ghersi
L’OMS propone di definire il lavoratore che invecchia (“aging”) il lavoratore e lavoratrice ultra 45enne e il lavoratore anziano (“aged”) il lavoratore o la lavoratrice oltre i 55 anni. Ma queste sono pure convenzioni perché i processi di invecchiamento variano da una persona all’altra.
Punto Sicuro
Qual è la sensibilità su questo tema delle aziende? Di quali comparti vi siete occupati? Quali sono i comparti più a rischio?
Tiziana Vai
L’osservazione, che è condivisa da tutti, è che la sensibilità sia ancora veramente poca, nel senso che ancora il tema non è stato affrontato e non è diventato parte della prassi quotidiana delle aziende. Da qua l’esigenza di cominciare da un comparto che invece avverte come ineludibile il problema dell’invecchiamento: la sanità.
Si è raggiunta una soglia critica di tollerabilità per il comparto della sanità. Ha un invecchiamento avanzato, anche rispetto ad altri comparti, e un’incompatibilità rispetto al tema dell’idoneità alle mansioni: tante persone non idonee mettono in difficoltà l’organizzazione del lavoro in sanità. Da qui siamo partiti.
Sugli altri comparti non è che il problema non esista; viene affrontato in modo molto frammentario. E uno degli aspetti di valore di questo lavoro è proprio che, per prima cosa, propone un metodo. Cominciamo a valutare i rischi, cominciamo ad avvicinare la valutazione dei rischi in relazione all’età partendo da delle osservazioni anche molto ordinarie. Quindi strumenti concreti. La seconda cosa importante è l’utilizzo di un approccio multidisciplinare che coinvolga tutti i soggetti che a qualsiasi titolo possono intervenire sull’organizzazione del lavoro. Non limitando questo interesse agli addetti ai lavori.
Non è più un tema che può essere affrontato solo dai servizi di prevenzione aziendale.
Quindi l’aver adottato nel testo, ma anche nella prassi del gruppo, un approccio multidisciplinare (un approccio olistico, diciamo) credo diventi un’indicazione di metodo per chiunque voglia affrontare in modo completo il problema dell’invecchiamento.
O lo si affronta così, e allora si rischia di affrontarlo bene, o non lo si affronta per niente e lo si rimanda, semplicemente si rinvia.
Punto Sicuro
La campagna europea su invecchiamento e lavoro che risultati ha dato? Cosa servirebbe per migliorare la consapevolezza e la gestione di queste problematiche?
Donatella Talini
La campagna europea ha avuto il pregio di mettere in evidenza il problema. Negli ultimi anni comunque in ambito scientifico se ne è molto parlato. La campagna europea ha sicuramente reso evidente quello che stava succedendo in Italia e nelle aziende.
Quello che necessiterebbe di più (e il nostro documento mira soprattutto a quello) è cercare di dare strumenti di gestione. L’azienda e le figure già citate hanno probabilmente bisogno di avere strumenti e indicazioni proprio per la gestione del problema. Perché il problema si conosce, adesso. Probabilmente se ne parla, ma poi diventa difficile gestirlo. Una figura in particolare, quella del medico competente, spesso si trova da solo a gestire le non idoneità al lavoro che potrebbero anche diventare delle anticipazioni dell’uscita dal lavoro.
“Aging-Ebook il libro d’argento su invecchiamento e lavoro” realizzato dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP) è scaricabile all’indirizzo:
http://www.ciip-consulta.it/images/AgingEbook/EBOOK%20def_4.pdf
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ANCORA SUGLI INFORTUNI PER INTERFERENZE NEI LUOGHI DI LAVORO
Da: PuntoSicuro
21/09/17
Di Tiziano Menduto
Esempi di infortuni professionali dovuti ai problemi creati dalle interferenze nei luoghi di lavoro. Infortuni in attività di demolizione con riferimento a escavatori e a gru su carro. Le dinamiche degli infortuni, i fattori causali e la prevenzione.
Con questa puntata della rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni lavorativi, concludiamo il nostro viaggio attraverso il delicato tema delle interferenze, spesso all’origine di gravi infortuni nei luoghi di lavoro.
Tema che abbiamo declinato sia come interferenze lavorative che ci sono nel momento in cui più operatori di aziende diverse, prestano la loro opera, anche non contemporaneamente, nello stesso ambiente lavorativo, sia, più semplicemente, come interferenze che avvengono all’interno di una stessa attività lavorativa e sono correlate, ad esempio, al rischio di collisioni tra mezzi e persone.
Concludiamo oggi con la descrizione di qualche infortunio in materia di interferenze lavorative segnalando, ancora una volta di più, la necessità, per una prevenzione efficace degli infortuni, di un idoneo coordinamento tra attività diverse, di una corretta valutazione dei rischi interferenti e di una buona organizzazione dei cantieri con riferimento agli spazi di movimentazione.
I casi di infortunio presentati sono tratti, come sempre, dalle schede di INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Il primo caso riguarda un infortunio in un capannone in cui sono presenti in contemporanea attività di imprese diverse.
Mentre sta camminando all’interno di un capannone, un lavoratore è investito e schiacciato da una trave in cemento armato, della lunghezza di 10 metri e della massa di circa 7.000 kilogrammi, urtata dal braccio di un escavatore cingolato che si sta spostando.
In particolare l’impresa edile doveva realizzare i pavimenti, mentre un’altra ditta, proprietaria dell’escavatore, doveva eseguire le demolizioni e gli scavi. L’organizzazione del cantiere non era stata progettata e gli spazi di movimento delle macchine erano limitate da interferenze con ostacoli fissi e materiali depositati.
L’infortunato si era avvicinato al guidatore per indicargli la strada da seguire in modo da non creare danni. Durante la manovra di spostamento l’escavatore colpiva la trave.
Questi i fattori causali rilevati nella scheda:
- mancato studio e realizzazione di luoghi di transito sicuri per spostamento macchine, persone e materiali;
- manovra di demolizione non appropriata.
Il secondo caso riguarda un infortunio in un cantiere temporaneo per eseguire la demolizione di una caldaia di produzione vapore ad uso industriale, di notevoli dimensioni, alta circa 45 metri.
Per movimentare gli elementi della caldaia viene utilizzata una gru su carro da 80 tonnellate con uno sbraccio di 75 metri. La gru carrata è posizionata al suolo a circa 40 metri di distanza dalla caldaia anzidetta dalla quale il conduttore non ha nessuna visuale diretta del campo di azione per la movimentazione dei carichi. La zavorra della gru, posta dietro la cabina di conduzione, non consente all’operatore addetto alla conduzione la visuale nella parte posteriore della ralla. Al fine di garantire al conduttore della gru di eseguire le operazioni di movimentazione dei carichi in sicurezza, è pianificata ed attuata un’azione coordinata con altro operatore esperto di conduzione di gru, posto a terra, il quale comunica con il conduttore mediante radio ricetrasmittente.
Sul perimetro esterno descritto dalla rotazione della ralla della gru è stata realizzata una recinzione mobile con dei cavalletti realizzati con tubi e giunti in metallo al fine di non fare avvicinare nessuna persone a distanze ritenute pericolose per eventuale contatto dei lavoratori con le parti in movimento dell’attrezzo.
Dopo una breve pausa di lavoro, il conduttore della gru carrata postosi alla conduzione dell’attrezzo riprende le operazioni di movimentazione, mentre il lavoratore addetto a dare indicazioni al conduttore, inspiegabilmente, si porta sul fianco posteriore dell’attrezzo, fuori dalla visuale dello stesso conduttore. Mentre il lavoratore si accosta arrampicandosi a ridosso del pianale del carro, per motivi non definiti, la ralla ruota urtando la schiena del lavoratore. Non sono state attuate le necessarie attività di vigilanza e controllo da parte del direttore tecnico di cantiere, dai preposti, dal coordinatore in fase di esecuzione e dal responsabile dei lavori. La necessità di adeguata barriera di delimitazione posta sul perimetro esterno alla gru, al fine di proteggersi dal pericolo di morte, era documentata nel libretto di istruzione per l’uso in sicurezza dell’attrezzatura. Le aree circostanti a quelle dove era posizionata la gru sono luoghi di lavoro di altre ditte che svolgono altre attività di lavoro non pertinenti al cantiere in questione, quindi erano presenti elevati rischi di interferenza fra le diverse attività.
Questi i fattori causali rilevati nella scheda:
- l’infortunato si avvicinava all’attrezzo esponendosi al rischio di contatto con lo stesso, anziché mantenersi all’esterno della delimitazione dell’attrezzo;
- il conduttore della gru aziona l’attrezzo senza aver ricevuto indicazioni dal compagno di lavoro che lo coadiuvava;
- le barriere poste in essere per recintare il cantiere, ovvero il perimetro esterno della gru su carro, non erano di tipo fisso ed invalicabile, bensì mobili (cavalletti con tubi e giunti e nastro vedo, bianco e rosso).
Rimandando anche alla lettura degli altri “Imparare dagli errori” sul tema delle interferenze, con particolare riferimento ai vari casi evidenziati di carenza di coordinamento tra le attività all’interno degli ambienti di lavoro, ci soffermiamo su un intervento al workshop “Articolo 26 e Titolo IV del D.Lgs. 81/08 a confronto nella gestione degli appalti”, realizzato nell’ambito del progetto “A Modena la sicurezza sul lavoro, in pratica”.
Nel documento “Le difficoltà delle imprese nella prevenzione dei rischi derivati da interferenze: i casi più ricorrenti”, a cura di Giona Compagnoni (Confindustria Modena), sono innanzitutto riportate le indicazioni della Determinazione dell’Autorità nazionale Anticorruzione n. 3 del 5 marzo 2008 sul riconoscimento delle interferenze, dove si affronta la circostanza in cui si verifica un “contatto rischioso” tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. E si indica che in linea di principio, occorre mettere in relazione i rischi presenti nei luoghi di lavoro in cui verrà espletato il servizio o la fornitura con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto.
Questi alcuni aspetti toccati:
- sovrapposizione di più attività svolte da appaltatori diversi (trasportatore, impresa logistica che opera il carico/scarico merci con utilizzo di carrelli elevatori presso l’unità locale della committente: interferenza per scontro in zone di contiguità fisica, di spazio e di tempo nel piazzale dell’azienda);
- rischi immessi nel luogo di lavoro del committente dalle lavorazioni appaltatore (affidamento pulizia ad impresa esterna: interferenza per pavimentazione bagnata);
- rischi esistenti nei luoghi del committente ove debba operare l’appaltatore, diversi dai rischi specifici propri dell’attività dell’appaltatore (installazione di macchine nei luoghi del committente: interferenza per azionamento accidentale del macchinario dagli operatori del committente);
- rischi derivanti da modalità di esecuzione particolari richieste dal committente che comportino rischi aggiuntivi rispetto a quelli specifici dell’attività appaltata (installazione di insegne luminose: interferenza per richiesta di realizzazione del collegamento elettrico o di lavori sotto tensione).
In merito, infine, al particolare caso delle possibili interferenze in cantiere tra macchine prendiamo alcune informazioni dal materiale relativo al documento “Movimentazione merci: apparecchi di sollevamento, mezzi di trasporto”, elaborato dall’INAIL che raccoglie le indicazioni sulle caratteristiche e sulla prevenzione relativa a apparecchi di sollevamento e movimentazione dei carichi, con particolare riferimento ai rischi in cantiere.
Veniamo all’interferenza fra macchine in cantiere e al loro corretto utilizzo. Il documento riporta diverse utili indicazioni.
Ne riprendiamo alcune:
- durante il carico, posizionare il mezzo garantendone la stabilità ed assicurandosi che il mezzo sia quello adatto all’attività da svolgere;
- l’escavatorista dovrà operare con cabina del mezzo chiusa e con sistema di segnalazione acustico e luminoso azionati.
- verificare prima delle fasi di scarico che il terreno sia in piano e privo di asperità;
- non caricare il cassone oltre le capacità previste e consentite;
- seguire sempre percorsi adeguati alla stabilità del mezzo e non effettuare manovre azzardate;
- marciare tenendo sempre il cassone abbassato e tenere sempre in funzione i sistemi automatici di allarme e blocco;
- la manovra di avvicinamento alla zona di scarico verrà assistita a terra da un moviere che agevolerà le attività specie con scarsa visibilità;
- mantenere sgombro il posto di guida e assicurarsi una buona visibilità in ogni situazione.
Queste, infine, altre indicazioni:
- non utilizzare l’escavatore per sollevare carichi se non ha l’omologazione;
- azionare il blocco dei comandi prima di parcheggiare il mezzo tenendo conto delle condizioni di stabilità senza creare intralci;
- verificare l’assenza di lavoratori nel raggio d’azione del mezzo durante le operazioni;
- al termine del turno di lavoro avvisare il responsabile della gestione e manutenzione dei mezzi delle eventuali anomalie del mezzo utilizzato;
- l’operatore subentrante deve assicurarsi che il mezzo abbia avuto la manutenzione necessaria a ripristinare le normali condizioni;
- il conducente è l’unico responsabile del mezzo e deve provvedere alla manutenzione ordinaria del mezzo in dotazione e far riparare tempestivamente i guasti da personale specializzato;
- eseguire le operazioni di revisione e pulizia necessarie all’impiego della macchina segnalando eventuali guasti;
- eseguire la manutenzione secondo le specifiche indicazioni riportate sul libretto d’uso e manutenzione.
Il documento “Le difficoltà delle imprese nella prevenzione dei rischi derivati da interferenze: i casi più ricorrenti”, a cura di Giona Compagnoni (Confindustria Modena) è scaricabile all’indirizzo:
http://sicurezzainpratica.eu/wp-content/uploads/2016/04/Compagnoni.pdf
La Determinazione dell’Autorità nazionale Anticorruzione n. 3 del 5 marzo 2008 sul riconoscimento delle interferenze è scaricabile all’indirizzo:
Il documento “Movimentazione merci: apparecchi di sollevamento, mezzi di trasporto”, elaborato dall’INAIL è scaricabile all’indirizzo:
https://istitutoguarini.it/files/sicurezza/B3_4-2-Movimentazione%20merci.pdf
Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 498 e 5363, è consultabile all’indirizzo:
https://appsricercascientifica.inail.it/getinf/informo/home_informo.asp
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INFORTUNI CON CAVEDI E BOCCHE DI LUPO
Da: PuntoSicuro
14/09/17
Di Tiziano Menduto
Esempi di infortuni professionali dovuti alla presenza nei luoghi di lavoro di cavedi e bocche di lupo. Aperture con tavole non fissate, la mancanza di protezioni anticaduta e i rischi nel taglio del solaio. Le dinamiche degli infortuni e la prevenzione.
Dopo aver affrontato in questi mesi, attraverso la rubrica “Imparare dagli errori”, le problematiche, gli incidenti e la prevenzione in relazione ai rischi interferenti, al rischio di investimento e all’uso dei DPI, torniamo a parlare di un classico tema in materia di infortuni professionali: le cadute dall’alto.
E lo facciamo in questo caso a partire da alcune particolari specificità dei luoghi di lavoro (ad esempio cavedi, bocche di lupo e lucernari) che possono aumentare il rischio di caduta dall’alto per gli operatori, specialmente con riferimento al comparto edile.
In questa prima puntata ci soffermiamo in particolare sui rischi di caduta dall’alto correlati alla presenza di cavedi (un cavedio è una sorta di cortile interno di piccole dimensioni) e bocche di lupo (aperture a livello del terreno per locali interrati, garage, cantine, ecc.).
Come sempre i casi di infortunio presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Il primo caso di infortunio avviene a causa di una tavola non fissata.
Un lavoratore appoggia il piede su una tavola in ferro zincato messa a protezione di una bocca di lupo in modo non fisso.
La tavola non fissata si sposta e l’infortunato cade all’interno della bocca di lupo riportando la contusione del cranio.
Il secondo caso riguarda un infortunio con caduta da un’altezza di 3 metri.
Un lavoratore in un cantiere sta togliendo con il padre ed il fratello due tavole d’impalcato in metallo installate a protezione contro la caduta nel vuoto sopra un’apertura orizzontale a bocca di lupo, ricavata davanti all’ingresso dell’abitazione per poi successivamente installare un telaio di ferro.
Mentre il padre con l’aiuto del fratello taglia i fili di ferro che bloccano le tavole alla griglia di ferro dell’apertura in questione, il lavoratore si appresta a spostare la prima tavola libera, ma nell’alzarla e spostarla finisce nel vuoto dell’apertura cadendo da un’altezza di 3 metri all’interno del cavedio del piano seminterrato procurandosi la frattura della gamba destra.
Questi i fattori causali rilevati:
- mancavano le protezioni per operare in sicurezza;
- non erano presenti dispositivi anticaduta.
Il terzo caso riguarda un infortunio in un edificio in costruzione.
All’interno di un edificio in costruzione, per un errore di progettazione durante la realizzazione del solaio del quinto piano, non è stato previsto il foro per il passaggio dei servizi e dell’ascensore, come nei piani sottostanti.
Il committente per realizzare il taglio del solaio, incarica una ditta esterna senza comunicarlo al Coordinatore per la Sicurezza e alla ditta affidataria.
Un lavoratore, dopo aver eseguito un primo taglio di una porzione del quinto solaio, con l’ausilio di una sega circolare, scende al piano sottostante per verificare da vicino l’esatta esecuzione del taglio. Affacciandosi all’interno del cavedio del quarto piano precipita al suolo sopra un cumulo di calcinacci da un’altezza di circa 15 metri riportando la frattura del bacino. L’infortunato stava lavorando da solo all’interno dell’edificio. Durante il sopralluogo, avvenuto dopo circa 3 ore dall’incidente, in corrispondenza del cavedio del quarto piano era presente un parapetto, ma l’infortunato, ascoltato dopo circa due mesi, non ricorda se fosse presente o meno.
Questi i fattori causali rilevati:
- l’infortunato si sporgeva dal bordo del cavedio per verificare il taglio al piano superiore;
- l’infortunato è caduto su un cumulo di calcinacci che non avrebbero dovuto essere lì.
Per parlare di prevenzione facciamo riferimento ad alcuni documenti pubblicati sul sito prevenzionecantieri.it, un portale informativo collegato al Piano Nazionale di Prevenzione in Edilizia.
In particolare il documento “Soluzioni per la sicurezza: Protezione delle bocche di lupo su cavedio perimetrale”, elaborato dal Gruppo Interregionale Edilizia, permette di fare luce sui rischi di caduta in profondità.
Si ricorda che in relazione alla costruzione del solaio con l’utilizzo di cassaforma per solai, per dotare i locali interrati, cantine o garage, di areazione e illuminazione naturale, vengono ricavate delle aperture a livello del terreno, comunemente chiamate “bocche di lupo”, ottenute interrompendo il solaio in corrispondenza del cavedio. E la bocca di lupo può essere ottenuta sia attraverso il getto in opera della struttura in elevazione e del solaio, sia utilizzando elementi prefabbricati a formare le pareti perimetrali.
E’ evidente tuttavia che la presenza delle aperture a livello del suolo espone gli addetti al rischio di caduta in profondità. Per prevenire questo rischio la copertura con tavole di legno è la tipologia di sicurezza più frequentemente adottata: spesso però non sono idonee o non sono fissate solidamente tra loro o alla struttura, oppure non rimangono in sede con continuità. Inoltre, al momento della finitura vengono levate esponendo i lavoratori al rischio di caduta.
Una soluzione sicura consiste nel predisporre in fase di getto una doppia rete elettrosaldata per la protezione del foro in corrispondenza della bocca da lupo che resterà a protezione dello stesso fino alla posa in opera del serramento definitivo (grigliato in ferro o vetromattone).
Nel documento/scheda vengono riportate nel dettaglio le modalità di realizzazione.
Si indica inoltre che la medesima soluzione è realizzabile anche con bocche di lupo prefabbricate predisponendo e opportunamente fissando, ad esempio con saldatura, la rete elettrosaldata a copertura del foro prima ancora di installare il manufatto.
Riguardo infine ai rischi residui, si segnala che in corrispondenza della rete di copertura della bocca di lupo può rimanere un dislivello da proteggere eventualmente con tavola di legno.
il documento “Soluzioni per la sicurezza: Protezione delle bocche di lupo su cavedio perimetrale”, elaborato dal Gruppo Interregionale Edilizia è scaricabile all’indirizzo:
Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 6294, 4730 e 8446 è consultabile all’indirizzo:
https://appsricercascientifica.inail.it/getinf/informo/home_informo.asp
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LUCERNARI NON SICURI
Da: PuntoSicuro
05/10/17
Di Tiziano Menduto
Esempi di infortuni professionali dovuti allo sfondamento e cedimento dei lucernari. Attività di manutenzione, ristrutturazione e sopralluoghi di solai. Le dinamiche degli infortuni e la prevenzione.
Nelle scorse settimane con la rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni di lavoro e alla raccolta di elementi di prevenzione, siamo tornati ad affrontare il tema delle cadute dall’alto.
E lo abbiamo fatto partendo da alcune specificità dei luoghi di lavoro, da alcuni ambienti e criticità che rendono più elevato il rischio di caduta.
Dopo aver parlato, in una precedente puntata, di cavedi (sorta di cortile interno di piccole dimensioni) e bocche di lupo (aperture a livello del terreno), ci soffermiamo oggi sui lucernari, aperture praticate sulla copertura di un edificio, che sono correlati a numerosi incidenti, generalmente per sfondamento o cedimento di queste strutture.
Come sempre i casi di infortunio presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Il primo caso di infortunio avviene durante il sopralluogo su un solaio.
Un lavoratore, non regolarmente assunto, viene chiamato da un impresario edile per effettuare alcune lavorazioni per suo conto presso uno stabilimento industriale.
Mentre si trova con l’impresario per un sopralluogo sul solaio di copertura dello stabilimento per valutare il tipo di lavoro da svolgere, il lavoratore transita su un lucernario che non regge il peso e lo fa precipitare al suolo da un’altezza di circa 7 metri. Il lavoratore riporta fratture in sedi multiple.
Al di là dell’irregolarità contrattuale, questi sono i fattori causali rilevati dalla scheda:
- il lavoratore transitava su lucernario non idoneo al pedinamento;
- percorso non delimitato e senza protezioni;
- mancato uso di cinture di sicurezza.
Il secondo caso riguarda un infortunio durante lavori di ristrutturazione.
Un lavoratore, dipendente di una ditta edile, nell’ambito dei lavori di ristrutturazione del tetto di uno stabilimento mette i piedi sopra un lucernario in materiale plastico che cede sotto il suo peso facendolo precipitare al suolo da un’altezza di circa 6 metri.
Nell’infortunio il lavoratore riporta le seguenti lesioni: trauma cranico, frattura costale bilaterale, ematoma alla milza, fratture vertebrali.
Le indagini successive hanno evidenziato che sul tetto non erano stati adottati apprestamenti atti a garantire l’incolumità dei lavoratori addetti, come ad esempio tavole sopra i lucernari, oppure reti di protezione sotto gli stessi, oppure parapetti che impediscano l’accesso alla zona pericolosa o comunque predisponendo misure tecniche idonee.
Questi i fattori causali rilevati:
- sul tetto non erano stati adottati apprestamenti atti a garantire l’incolumità dei lavoratori addetti, come ad esempio tavole sopra i lucernari, ecc.;
- il lavoratore transita su superficie non portante.
Il terzo caso riguarda un infortunio con sfondamento di un lucernario.
Mentre si trova sul tetto per la verifica dei lucernari, un lavoratore inciampa cadendo con il corpo sopra un lucernario in vetroresina sfondandolo e precipitando da un’altezza di circa 10 metri sul pavimento sottostante.
Nella caduta dall’alto riporta la frattura della testa e del torace.
Per parlare di prevenzione facciamo riferimento ad alcuni documenti pubblicati sul sito prevenzionecantieri.it, un portale informativo collegato al Piano Nazionale di Prevenzione in Edilizia.
Ad esempio nel documento “Soluzioni per la sicurezza: sfondamento lucernari”, si ricorda che durante le operazioni di manutenzione di coperture di edifici industriali molto spesso si creano situazioni di rischio legate alla presenza sul piano di lavoro di lucernari e cupolini non pedonabili.
In particolare un lavoratore che dovesse finire con il corpo sopra questi lucernari può sfondarli e cadere direttamente nei locali sottostanti. Dunque una valutazione del rischio deve tener conto del rischio di caduta dall’alto per sfondamento di lucernari, cupolini o altre finestrature non pedonabili.
Inoltre per prevenire pericolose cadute tutti i lucernari devono essere protetti contro le cadute accidentali con sistemi che ne inibiscano la calpestabilità o la caduta.
In particolare tra le soluzioni progettuali ammissibili vi sono:
- le reti metalliche poste alla minor distanza possibile per impedire o ridurre al minimo l’altezza di caduta;
- i parapetti che impediscono l’accesso alla zona pericolosa;
- l’obbligo dell’uso dei DPI anticaduta.
Il documento riporta i principali riferimenti normativi relativi al D.Lgs. 81/08:
- articolo 107: Definizione lavoro in quota;
- articolo 111: Obblighi del datore di lavoro nell’uso di attrezzature per lavori in quota;
- articolo 115: Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto;
- articolo 122: Ponteggi ed opere provvisionali;
- articolo 123: Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali;
- articolo 146: Difesa delle aperture;
- articolo 148: Lavori speciali;
- allegato IV punti 1.3.7, 1.3.8, 1.3.9.
Nel documento “Soluzioni per la sicurezza: difesa lucernari” si segnala che durante la realizzazione di coperture, o di solai, di abitazioni civili e di edifici industriali si possono infatti creare situazioni di rischio legate alla predisposizione di aperture che andranno coperte con lucernari, shed, cupolini ecc.. Aperture che normalmente vengono protette in maniera provvisoria, tramite tavole facilmente rimovibili, per permettere le operazioni di posa delle guaine impermeabilizzanti, di misurazione da parte dei posatori di serramenti o per altre operazioni preliminari alla messa in opera del prodotto scelto per la chiusura definitiva.
E durante queste operazioni non viene quasi mai utilizzata alcuna protezione alternativa e il lavoratore si trova ad operare direttamente sul vuoto. Succede poi che le tavole, qualora rimosse, non vengano sempre correttamente riposizionate con rischio notevole per chi transita sulla copertura o sul solaio.
Ricordiamo, infine, che la soluzione sicura prospettata prevede una chiusura del foro nella parte inferiore della copertura tramite opera provvisionale costituita da un assito sostenuto da una adeguata puntellatura. La soluzione può rimanere in sede per tutte le operazioni che possono essere effettuate dalla parte superiore dalla copertura. Protezione che si toglierà unicamente quando si dovrà procedere alla posa in opera del lucernario o simile, e sarà di regola sostituita con un ponteggio o trabattello per le operazioni effettuate dal basso.
Il documento “Soluzioni per la sicurezza: Sfondamento lucernari” è scaricabile all’indirizzo:
http://archivio.apiverona.it/index.php?option=com_docman&task=doc_download&gid=3413
Il documento “Soluzioni per la sicurezza: Difesa lucernari” è scaricabile all’indirizzo:
http://archivio.apiverona.it/index.php?option=com_docman&task=doc_download&gid=3412
Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 6405, 5970 e 4512, è consultabile all’indirizzo:
https://appsricercascientifica.inail.it/getinf/informo/home_informo.asp