IMPATTI AMBIENTALI E SANITARI DEGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI

Ascolta con webReader

Parliamo di allevamenti intensivi in Italia e nel mondo, con Roberto Monfredini , medico veterinario , membro di Medicina Democratica e socio ISDE.

In questo tempo di Covid-19, molto si è parlato di wet market, di allevamenti intensivi come responsabili di zoonosi, cioè di malattie trasmesse dagli animali all’uomo ed anche del cosiddetto ‘salto di specie’, che potrebbe essere stato la causa di questa pandemia. La Cina, per esempio, concentra nel suo territorio il maggior numero di “landless systems” (sistemi senza terra), sistemi di macro sfruttamento in cui si stipano migliaia di animali, che possono diventare laboratori viventi di mutazioni virali poi suscettibili di provocare nuove malattie e epidemie. Ne parla fra gli altri il biologo Robert G. Wallace, nel libro Big Farms Make Big Flu” (le mega-fattorie producono macro-influenze). Un libro del 2016 in cui si traccia la connessione tra i modelli della produzione capitalista di bestiame e l’eziologia di epidemie zoonotiche, come SARS e MERS.

-Cosa ne pensi? Questi rischi zoonotici sono pure presenti in Italia?

Il mondo occidentale ha insegnato negli ultimi 100 anni ma soprattutto negli ultimi 40, a trasformare le proteine vegetali in animali per un mercato che per molti anni ha vissuto con crescite esponenziali applicando le tecnologie “dure” e soppiantando le “morbide” , cioè intensivizzazione esasperata in sostituzione di un allevamento rurale contadino.
Logicamente le suinopoli, conigliopoli, bovinopoli etcc hanno da un lato permesso una produzione esagerata con una offerta di proteine animali a prezzi calmierati , dall’altro lato sono emerse le problematiche relative alla sanità animale per l’elevato numero di capi presenti. Il caso più eclatante è certamente stato la mucca pazza, proteine animali ricavate da farine di carne di pecore decedute per Scrapie, patologia virale da lentivirus, e somministrate a bovine, notoriamente ERBIVORE. Il sistema di controllo sanitario Europeo gode di uno standard elevato di efficienza, e difficilmente può ripetersi da noi una situazione di salto di specie per come viene intesa ora con il caso Covid in Cina. La cultura alimentare e la formazione veterinaria di controllo sono una barriera nel nostro continente
allo svilupparsi di patologie infettive pandemiche o endemiche. Il mio parere in merito , che resta personale, è quello universitario, cioè il salto di specie difficilmente avviene in quanto esiste la BARRIERA di SPECIE, agenti infettivi che difficilmente possono by passare la specie in cui si sono adattati. Altra cosa se usciamo dal contesto europeo e dalla nostra legislazione sanitaria ed entriamo in mondi che si affacciano prepotentemente nel mondo commerciale delle carni “globalizzato”, e che non hanno una “completa cultura sanitaria” associando un mondo produttivo rurale a quello intensivo e selvatico , in questo caso la promiscuità , la scarsa igiene, la mescolanza di varie specie animali, la mancanza di rispetto , la sofferenza animale , giocano un ruolo da detonatore, ma che vede sempre l’uomo come artefice del salto di specie, il vero CATALIZZATORE. Da ricordare che il
mondo della industrializzazione delle proteine animali è legato a sistemi economici che devono offrire SISTEMI EFFICIENTI DI PROFITTO, e lo sfruttamento animale avviene all’insegna dell’utilizzo di migliaia di tonnellate /anno di antibiotici, fattori di crescita , ormoni , antiparassitari, vaccini ( il corona è oggetto di studio da anni per ridurre la mortalità dei polli, ma non per il maiale TGE, per il gatto FIP, sarebbe sufficiente questo per comprendere il rebus vaccino su un Corona virus). In questa pressione intensiva si può collocare la scintilla che fa esplodere una pandemia solo, a mio avviso, se vi sono “aiuti” da parte dell’uomo, (selvatico a contatto dell’intensivo, fughe di virus dai laboratori,
scarsissime condizioni di igiene, etcc) . La presenza di un mondo virale non deve spaventare l’uomo in quanto l’equilibrio è condizionato da diversi fattori a cui l’uomo pone rimedio con la cultura e la conoscenza, altra cosa invece molto più pericolosa del salto di specie è il PROFITTO, per cui l’uomo sacrifica un ecosistema naturale cresciuto in milioni di anni utilizzando le barriere di specie, in pochi secoli, forse uno soltanto, e per questo
non esiste vaccino.

Ci avviciniamo troppo agli animali, invadiamo il loro habitat, aumentando così la nostra esposizione a vari agenti infettivi. Anche il cambiamento di uso del suolo, come la trasformazione di boschi in campi coltivati, per assicurare mangimi agli allevamenti intensivi o per bio-carburanti, la caccia, possono essere responsabili di un contatto alterato con la fauna. L’allevamento industriale erodendo sempre più l’habitat delle specie selvatiche, oltre a metterne a rischio la biodiversità, ha favorito le possibilità di contatto tra la fauna selvatica (pipistrelli, cinghiali etc) e il bestiame, maiali in particolare. Ricordiamo per esempio, la Sindrome della Diarrea Acuta Suina (SADS-CoV), del 2016, sempre in Cina, che fu provocata da un nuovo coronavirus, trasmesso dai pipistrelli.

Il nostro periodo è stato definito ANTROPOCENE, e non a caso è l’UOMO il fulcro catalizzatore nel bene e nel male di questo periodo storico, e solo leggendo in quest’ottica gli scenari ambientali possiamo comprendere cosa sta avvenendo sulla nostra piccola martoriata terra. Certamente non è più possibile leggere separatamente l’impronta umana dal contesto in quanto la trasformazione che avviene della materia, costantemente agisce
ineluttabilmente sulla nostra salute, sia per le emissioni in aria acqua suolo ,che per le molecole sversate nei mari , per l’erosione delle rocce , l’accaparramento di materie prime, la devastazione delle foreste , la sostituzione di un mondo naturale con un mondo artificiale.
La biodiversità , cardine dell’equilibrio tra le specie animali e vegetali, viene depredata quotidianamente per scopi commerciali, ma occorre anche leggere la stessa nel contesto dei cambiamenti climatici, provocati dall’uomo negli ultimi 70 anni, nei quali i rialzi termici giocano un ruolo determinante nello spostamento dall’equatore di forme viventi che
avevano il loro habitat in altri continenti. La stessa cosa avviene anche per il micromondo delle forme batteriche , virali , protozoarie, che possono albergare e vivere risalendo continenti che prima erano negati per le condizioni climatiche proibitive.
In merito alla possibilità dello sviluppo di patologie virali o batteriche tra specie diverse con fauna selvatica, certamente è possibile, ma nel continente in cui viviamo resta una eccezione per la presenza di un sistema di vigilanza e controllo efficiente. La globalizzazione ha innescato meccanismi di scambio merci che spesso possono incidere sulla nostra salute, ma non possiamo correre l’errore di confondere un sistema sanitario
che ha 200 anni di storia come quello europeo e le problematiche cinesi relative alla SARS 1 , 2 , alla MERS , alla MEV ( coniglio), etc . La sanità in campo veterinario necessita di ampio potere decisionale che va oltre l’interesse economico , proprio per il diverso fine che persegue, e non può sottostare a decisioni politiche in quanto tutela la salute delle
persone, cosa che pare non essere avvenuta con il recente COVID in Cina , con decisioni che sono avvenute a mesi di distanza facendo valutazioni economiche verticistiche, questa in sintesi la differenza tra due concezioni diverse di vedere il mondo in un sistema ormai irreversibile di trasporto merci e persone , con i rischi del caso, continuando a perseverare nel cercare un rimedio “duro” ( vaccino), agli errori che la specie umana sta
perpetuando sulla fragilissima terra con 430 ppm di Co2.

Circa il 70% delle malattie infettive emergenti e quasi tutte le pandemie recenti, hanno origine negli animali (la maggior parte nella fauna selvatica) e la loro emergenza deriva da complesse interazioni tra animali selvatici e /o domestici e umani. L’emergenza della malattia si correla con la densità della popolazione umana e la diversità della fauna selvatica ed è guidata da cambiamenti antropogenici come la deforestazione e l’espansione dei terreni agricoli (cioè, il cambiamento nell’uso del suolo), l’intensificazione della produzione di bestiame e un aumento della caccia e del commercio della fauna selvatica. (Moreno Di Marco et al. Opinione: lo sviluppo sostenibile deve tenere conto del rischio di pandemia-PNAS 25 febbraio 2020).

-Questo rischio di contatti ravvicinati fra bestiame e fauna selvatica, c’è anche in Italia?

Fondamentale per capire il microcosmo dei virus e dei batteri è quello di avere un ampia visione degli stessi , e comprendere che esistono famiglie, nel caso dei virus, genere, sottogenere, virus, specie colpite di cui fa parte anche l’uomo insieme alla quaglia tacchino , pollo, capra , maiale , bovino , cane gatto , suino ,pecora, oca ,anatra, cavallo etccccc.,
ma questo non significa che se prendiamo in braccio un oca o una capra con un retrovirus possiamo prendere l’AIDS, tutto il mondo virale si muove con specificità e barriere di specie. Accadde molti anni fa ( 1982-3) che un articolo di giornale mettesse in relazione l’AIDS con la FIV ( sindrome da immunodeficienza del gatto da lentivirus) e per anni le persone hanno nutrito il dubbio che il proprio gatto potesse trasmettere l’AIDS, ci sono
voluti anni perché il tutto fosse cancellato.
Mantenere in equilibrio due sistemi , un ecosistema naturale con un ecosistema artificiale creato dall’uomo a scapito dello sfruttamento perpetuo delle risorse naturali è probabilmente impossibile, il perpetuarsi del continuo consumo di suolo e della deforestazione e desertificazione, per svariati motivi economici isterici, incide sull’equilibrio naturale in maniera irreversibile ( vedi COP 21 di Parigi), e in questo contesto possiamo
leggere anche gli eventi relativi al virus SARS COV 2, ma solo come un anello piccolo dei grandi problemi che abbiamo innescato, sempre con l’uomo come catalizzatore del processo.

-Quali sono le criticità attuali degli allevamenti intensivi italiani?

L’allevamento intensivo o senza terra , ha visto il suo periodo di boom economico gli anni 70/80/90, ha avuto certamente un duro colpo con la mucca pazza in quegli anni , e si è accettato una forma di crudeltà e sfruttamento animale, in quanto il tutto era finalizzato alla produzione di proteine animali a basso costo ( quasi un dogma comunista). Negli anni gli
allevatori, piccoli imprenditori agricoli, che hanno visto crescere il loro fatturato in misura esponenziale , quadruplicando gli allevamenti , sono stati assorbiti in gran parte dalla grande distribuzione , e si sono resi conto di essere diventati l’ultimo anello debole della filiera, inseriti loro malgrado in una filiera che vede spesso allevatore , macellatore ,
distributore, trasformatore e produttore di mangimi come unico proprietario. Continuare nella ricerca di avere bocche da sfamare in gabbie vetuste al fine di utilizzare il 70% dei costi produttivi, con l’alimentazione importando cerali da tutto il mondo, con sofferenze indicibili degli animali, ci obbliga a invertire la rotta immediatamente. Non possiamo certamente attendere che un Europa ci detti le linee guida delle misure delle gabbie,aumentando di 5 cm le stesse e parlando di miglior benessere animale. Gli animali hanno
il diritto di vivere senza soffrire, gli allevamenti intensivi devo sparire per come sono stati pensati fino ad oggi.

– Dato l’impatto maggiore sul clima, sull’inquinamento, sul consumo d’acqua della carne rispetto ai vegetali , un passaggio dalle proteine animali a quelle vegetali, nella dieta è ipotizzabile ed auspicabile nel medio periodo?

Accertato che il consumo di proteine animali non cesserà, è certamente possibile ridurlo enormemente con quanto detto e sostituirlo con proteine vegetali in gran parte , senza quindi incidere ecologicamente sulla natura con processi di trasformazione del vegetale in animale. L’isterismo produttivo che si nasconde dietro la produzione della carne è inimmaginabile per molte persone, ed ha risvolti sociali ( caporalato) ora che toccano
anche le istituzioni in primis ( welfare). L’utilizzo della dieta vegetale o a bassa quantità di proteine animali , è senza dubbio un primo passo verso un miglioramento della salute individuale, una riduzione delle patologie circolatorie e oncologiche, e soprattutto una minor sofferenza degli animali.

-Vorrei che tu ci parlassi del rapporto alterato uomo-animali..del rischio di pazzia …di cui tu parli spesso

La prima cosa che salta all’occhio guardando dal finestrino di un treno in corsa ,è l’assenza di animali nei prati , la netta separazione tra terra e animali , relegati questi ultimi in capannoni di cemento con ventilazione forzata , luce programmata( aumenta la deposizione) alimentazione automatizzata , fecondazione artificiale, etcc , priva l’occhio
dell’uomo di un mondo che ritengo fondamentale per lo sviluppo cognitivo. Il nostro ecosistema artificiale creato su un ecosistema naturale, privandoci della visione del mondo animale ci separa mentalmente dal contesto nel quale noi siamo inseriti ( vedi linea genoma topo, coniglio uomo). A mio avviso l’uomo ha NECESSITA’ di comprendere di essere parte del mondo vivente VEDENDO il mondo vivente, e non è sufficiente la delega che è stata data al gatto e al cane di riportarci dentro un mondo animale. L’equilibrio dell’uomo respira e trae la linfa dal poter vedere bovine al pascolo, conigli, oche , anatre ,
maiali, ma anche caprioli, tassi, tartarughe , merli, rapaci, ghiandaie, etccc, nella comprensione quotidiana dell’essere parte di un mondo da rispettare e conoscere. La netta separazione fatta nel nostro paese ( diverso il caso di Svizzera , Germania , Francia etcc ) relegando gli animali al sistema produttivo finalizzato alla remunerazione economica, ha privato le attuali e future generazioni di un equilibrato rapporto tra le stesse
e la natura, cardine per la comprensione oggettiva dell’equilibrio e della bellezza in cui potremmo essere inseriti.
La creazione di questo UOMO ARTIFICIALE che NON CONOSCE perché NON HA
VISTO e NON HA SENTITO e NON PARLA, rende lo stesso schiavo di una società
isterica legata alla comunicazione degli oggetti fra loro(5G) in cui l’uomo è immerso nella completa solitudine.
Fino a metà del secolo scorso nelle campagne il giorno della vigilia di Natale si ringraziavano gli animali con la paglia fresca nella stalla e la pulizia accurata della stessa, si offrivano al maiale cibi succulenti , si lasciava accesa la luce nelle stalle o vi si andava a giocare a carte strigliando le bovine, questo era il rispetto per la loro vita in segno di
RINGRAZIAMENTO, tradizioni che venivano da lontano e che riportavano l’uomo nella sua dimensione originale, assorbite dai bambini di allora e trasmesse ormai sfuocate, dai nonni di adesso.
La nostra salute mentale transita obbligatoriamente su questa strada , e non è più possibile delegare alla economia le scelte sulla nostra psiche, occorre aprire i capannoni zootecnici per aprire le nostre menti , liberare gli animali per liberare i nostri pensieri, solo in questo modo possiamo ritrovare quell’ “io” che abbiamo perso nella corsa frenetica al
consumismo legato alle proteine animali.
La nostra solitudine tecnologica comunicativa delle persone e delle cose, agisce irrimediabilmente come ISOLANTE fra il contesto UOMO e quello ANIMALE, rendendo vano tutto lo studio di embriologia comparata, anatomia comparata, infettivologia “comparata”, parassitologia “comparata”, etcc , in cui l’uomo viene visto e letto al pari di un qualsiasi essere vivente negli ultimi 200 anni.
La solitudine in cui si sta immergendo l’umanità, separandosi dal contesto NATURA, spaventa per la crudeltà dilagante, e non è certamente un virus ( artificiale?) il responsabile di tutto questo, ma occorre ricercare il responsabile DENTRO IL CERVELLO DELL’UOMO.

-Che ne pensi della prospettiva ONE HEALTH?

Ogni atto che cerca di andare nella direzione di migliorare il rapporto tra animali e uomo migliorando la salute di entrambi è da apprezzare, ma attualmente un animale di allevamento SOFFRE SEMPRE, in quanto impossibilitato ad avere una vita degna di essere chiamata VITA, pertanto vanno bene le sigle ma poi a conti fatti occorre al bovino lasciare il pascolo per rientrare la sera , al maiale occorre lasciare la terra, agli animali da cortile occorre lasciare l’aia e il lago, al cavallo lo spazio per correre , al coniglio il prato e la tana, etccc
Non mi posso dilungare nel formulare esempi , l’elenco esposto sembra banale ma la realtà in cui è immerso il sistema produttivo delle carni è molto più brutta di quello che ci si può immaginare, e non è più possibile fare come gli struzzi.
Possiamo ancora lasciare la coscienza in un cassetto relegando la sofferenza animale solo a quel breve spazio di vita dell’animale finalizzato alla produzione di proteine per il nostro benessere , o avverrà che il meccanismo si ritorcerà contro noi stessi in quanto la speculazione economica si innesterà anche contro lo stesso uomo , fornendogli non più
proteine animali nobili , ma sottoprodotti (definiti prodotti) nella alimentazione commercializzata e pubblicizzata sul telefonino. La ragione logica della alimentazione proteica animale ( bambino) svanisce al cospetto di mezzi di comunicazione e marketing che incentivano all’utilizzo di proteine animali a tutte le età e sotto ogni forma.
Ripensare a tutto questo, domattina e non fra 10 anni , è scelta obbligata , riconvertendo tutti gli allevamenti, aprendo le stalle , recintando i terreni, e logicamente sostenendo lo sforzo con un grande piano di riconversione agricola.

Print Friendly, PDF & Email