L’ABUSO DI “AUTODICHIARAZIONI” SULLA SALUTE DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI

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I protocolli tra le parti sociali, tra l’altro, indicano delle regole di “accesso” ai luoghi di lavoro :

Il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea 1. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro. Le persone in tale condizione – nel rispetto delle indicazioni riportate in nota – saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherine non dovranno recarsi al Pronto Soccorso e/o nelle infermerie di sede, ma dovranno contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni
– Il datore di lavoro informa preventivamente il personale, e chi intende fare ingresso in azienda, della preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS

obbligando i datori di lavoro di informare i lavoratori/lavoratrici di tali condizioni al fine di responsabilizzarli, a tale scopo il protocollo prevede l’obbligo della misurazione della temperatura all’accesso sul luogo di lavoro nel rispetto delle norme sulla privacy (consegnando la prevista informativa, non registrando il dato e il nominativo della persona).

Nell’ultima versione del protocollo (24.04.2020) è stato anche specificato che

Qualora si richieda il rilascio di una dichiarazione attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19, si ricorda di prestare attenzione alla disciplina sul trattamento dei dati personali, poiché l’acquisizione della dichiarazione costituisce un trattamento dati. A tal fine, si applicano le indicazioni di cui alla precedente nota n. 1 (sul rispetto della privacy) e, nello specifico, si suggerisce di raccogliere solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da COVID-19. Ad esempio, se si richiede una dichiarazione sui contatti con persone risultate positive al COVID-19, occorre astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva. Oppure, se si richiede una dichiarazione sulla provenienza da zone a rischio epidemiologico, è necessario astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alle specificità dei luoghi.

Questa annotazione, che ci poteva esser risparmiata, risponde probabilmente al comunicato del garante della Privacy del 2.03.2020 (ben prima del protocollo) in cui si rilevava che

L’Ufficio sta ricevendo numerosi quesiti da parte di soggetti pubblici e privati in merito alla possibilità di raccogliere, all’atto della registrazione di visitatori e utenti, informazioni circa la presenza di sintomi da Coronavirus e notizie sugli ultimi spostamenti, come misura di prevenzione dal contagio. Analogamente, datori di lavoro pubblici e privati hanno chiesto al Garante la possibilità di acquisire una “autodichiarazione” da parte dei dipendenti in ordine all’assenza di sintomi influenzali, e vicende relative alla sfera privata. (….)
Al riguardo, si segnala che la normativa d’urgenza adottata nelle ultime settimane prevede che chiunque negli ultimi 14 gg abbia soggiornato nelle zone a rischio epidemiologico, nonché nei comuni individuati dalle più recenti disposizioni normative, debba comunicarlo alla azienda sanitaria territoriale, anche per il tramite del medico di base, che provvederà agli accertamenti previsti come, ad esempio, l’isolamento fiduciario.
I datori di lavoro devono invece astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa.
La finalità di prevenzione dalla diffusione del Coronavirus deve infatti essere svolta da soggetti che istituzionalmente esercitano queste funzioni in modo qualificato. (…) Pertanto, il Garante, accogliendo l’invito delle istituzioni competenti a un necessario coordinamento sul territorio nazionale delle misure in materia di Coronavirus, invita tutti i titolari del trattamento ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni fornite dal Ministero della salute e dalle istituzioni competenti per la prevenzione della diffusione del Coronavirus, senza effettuare iniziative autonome che prevedano la raccolta di dati anche sulla salute di utenti e lavoratori che non siano normativamente previste o
disposte dagli organi competenti.

L’annotazione nel protocollo sembra però finalizzata ad aggirare il monito del Garante della Privacy considerato che sono numerosi i datori di lavoro che impongono ai lavoratori e alle lavoratrici autodichiarazioni o anche vere e proprie autocertificazioni nel dispregio di queste indicazioni divenendo anche dei veri e propri abusi del tutto inutili, peraltro, perché non possono essere chiamati per esentare da responsabilità il datore di lavoro in caso di “infortunio Covid”.

Mostriamo due casi, diversi ma sulla stessa “linea”.
Nel primo caso
dichiarazione 01
il modulo è palesemente ripreso dalle autocertificazioni che siamo stati costretti a stilare durante la fase 1 per motivare la necessità di spostamenti. Infatti viene anche esplicitamente richiamata la norma sulla autocertificazione che implica conseguenze sanzionatorie in caso di dichiarazioni mendaci. Il datore di lavoro si presenta (!!!) addirittura come “pubblico ufficiale” e manca completamente ogni riferimento ai diritti alla privacy e all’utilizzo dei dati personali tutelati dal Garante. Un vero abuso.

Il secondo caso è più soft ma altrettanto “rude” nell’approccio dichiarazione 02 : se nel far presente che la persona sarà sottoposta a misurazione della temperatura gli si chiede una firma “per la privacy” (senza però esplicitare quali siano i suoi diritti) per il resto arriva a chiedere (giornalmente !) delle specifiche in termini di salute (o sintomi) propri o di altri che appaiono evidentemente eccessive. Cosa vuol dire dichiarare che negli ultimi giorni non si sono avuti contatti con qualcuno che non abbia tossito o non avesse la febbre (come se l’avesse scritto in viso) !?

In entrambi i casi sono richieste inutili e vessatorie volte non ad informare chi accede in un posto di lavoro ma a spaventarlo e a farlo sentire sottoposto a un controllo che arriva alla sua vita privata anche oltre la stessa percezione che una persona ha normalmente (non facciamo caso, normalmente, se qualcuno con cui abbiamo contatto ha un colpo di tosse né gli chiediamo se ha la febbre o lo scrutiamo per capire se ce l’ha).
Il tutto per cosa ? Perché un datore di lavoro si senta tranquillo e deresponsabilizzato, no perché non varrebbe a nulla in caso di indagine per infortunio covid, infatti gli imprenditori chiedono di più : lo “scudo fiscale” di cui abbiamo già parlato e che va respinto senza se e senza ma.https://www.medicinademocratica.org/wp/?p=10059
Come vanno rimandati al mittente e non sottoscritti documenti del genere, se invece, per evitare problemi e discussioni ci si adegua a sottoscriverli, vi chiediamo di inviarceli in foto o in copia, così da raccoglierne un buon numero e fare una segnalazione al Garante della Privacy.

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