PFOA > PFAS > C6O4: DALLA PADELLA ALLA PADELLA

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Mettiamo a disposizione (sotto riportiamo le conclusioni) un documento relativo al confronto tra PFOA e C6O4. Si tratta di un commento delle dichiarazioni di Solvay a sostegno della richiesta di incremento nell’utilizzo di C6O4 negli impianti di Spinetta Marenqo quale sostituto del PFOA.
Oltre ad altri temi, quali quella della presenza “storica” di cancerogeni nelle produzioni come pure della sentenza definitiva di condanna per l’inquinamento ambientale prodotto che avrebbero dovuto spingere ad una iniziativa degli enti locali almeno per una revisione dei contenuti della AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) del 2010, si aggiunge l’evidenza delle perdite estese dagli impianti che continuano a contaminare le falde sotterranee, e parliamo di inquinamento recente proprio perchè legate anche al C6O4 (utilizzato dal 2013).

Nel numero 240 -241 della rivista abbiamo affrontato la tossicità della filiera del fluoro, tra gli argomenti trattati un articolo riguardava il tema dei sostituti, lo mettiamo a disposizione qui.

Nella redazione del documento relativo al confronto tra PFOA e C6O4 abbiamo anche fornito alcune prime considerazioni sui limiti per gli scarichi idrici proposti nella bozza di collegato ambientale 2020.
Qui il testo integrale.

Qui le sintesi conclusive.


In conclusione : l’introduzione (estensione) dell’utilizzo del cC6O4 quale sostituto del PFOA nella produzione di polimeri fluorurati viene motivata richiamando il principio di base delle norme di sicurezza sul lavoro e ambientali ovvero la sostituzione con agenti non pericolosi o meno pericolosi rispetto a sostanze problematiche. In particolare Solvay dichiara che il cC6O4 sia meno pericoloso del PFOA e quindi accettabile come suo sostituto.
Il confronto presentato in queste note delle principali caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche contesta le dichiarazioni aziendali attraverso una puntuale lettura dei dati presentati dalla stessa Solvay nell’ambito della registrazione della nuova sostanza.
In termini di tossicità acuta le sostanze sono identiche (sostanzialmente identica classificazione).
Per la tossicità a lungo termine (CMR) semplicemente non sono presentati studi idonei per il cC6O4.
Per gli effetti ambientali il cC6O4 risulta essere una sostanza persistente e tossica come il PFOA, per quanto concerne la sua bioaccumulabilità il parametro utilizzato per escluderla non è idonea e comunque non vi è un adeguato approfondimento.
I limiti proposti con il collegato ambientale (riguardanti solo gli scarichi idrici e non quelli per le acque potabili) da un lato propongono concentrazioni uguali tra PFOA e cC6O4 (ancorchè per questa seconda sostanza, differiti nel tempo) riconoscendo implicitamente una tossicità allo stesso livello tra PFOA e suo sostituto, nel contempo propongono un approccio per gli altri PFAS a catena lunga meno restrittivo rispetto a quello iniziale (2014). Se tale approccio verrà applicato anche per le acque potabili (o per gli standard di qualità di buono stato chimico per acque sotterranee) i risultati non saranno adeguatamente precauzionali, rischiano di non procedere alla necessità di rigorose ed efficaci restrizioni per questo gruppo di sostanze e i loro “sostituti”. Su quest’ultimo punto di vista ribadiamo le nostre convinzioni, contenute anche nell’ “Appello di Madrid” del 2015 verso la ricerca di sostituti non fluorurati dei PFAS.
Torneremo di sicuro sulla vicenda specifica della modifica sostanziale della AIA di Spinetta Marengo, qui ci interessava approfondire il tema di un approccio corretto nel confronto tra le due sostanze in questione, per togliere dalla discussione ogni affermazione non fondata, impropria e fuorviante perché le popolazioni hanno il diritto di conoscere approfonditamente l’esposizione ad agenti pericolosi, questo diritto non può e non deve essere negato in nome di “segreti industriali” che includono non solo processi o brevetti specifici ma le conoscenze tossicologiche e ambientali . Non è altrettanto accettabile che questa negazione delle informazioni ambientali non sia contrastata dagli enti locali anzi appare condivisa (nessuno ha sollevato questo aspetto se non le associazioni ambientaliste tra cui Medicina Democratica).

A cura di Marco Caldiroli – Presidente di Medicina Democratica e Tecnico della Prevenzione dell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro

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