NOI 9 OTTOBRE : PROVARE ORRORE NON BASTA. BISOGNA AGIRE

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Medicina Democratica sostiene l’iniziativa per la modifica dell’art. 111 della Costituzione Italiana per dare pari dignità alle vittime – parti offese – nei processi.. Riportiamo questa nota di Noi 9 Ottobre (giornata del disastro del Vajont) cui aderiamo.

PROVARE ORRORE NON BASTA. BISOGNA AGIRE

La storia di Satnam Singh, il bracciante indiano, senza contratto, a cui un macchinario agricolo ha tranciato il braccio e schiacciato gli arti inferiori, poi gettato via dai suoi datori di lavoro come fosse un rifiuto fa orrore, è una vergogna italiana.

Ma intendiamoci subito: è una vergogna non soltanto commessa da chi ha compiuto il crimine, ma di tutta la catena del sistema che permette che non si arrivi mai ad una condanna giusta (giusta non significa vendetta) in presenza di delitti come questo che tutelano il profitto più che la vita, la sicurezza, la salute e anche la dignità delle persone e delle comunità. Questa impunità di fatto rende i responsabili convinti di poterla fare franca, quasi nel diritto di agire in quel modo, scaricando persino la colpa sulle vittime, come ha fatto il datore del giovane indiano: “una sua leggerezza che è costata cara a tutti”.

Le pene per gli omicidi sul lavoro prevedono una condanna dai due ai sette anni (raramente confermati). In quasi tutte le stragi del profitto, dopo decenni di dibattimento nelle aule dei tribunali, portate avanti con eroica tenacia e abnegazione dai familiari delle vittime, non si arriva quasi mai alla condanna definitiva dei responsabili.

Alle spalle della morte del ragazzo e dei comportamenti dei suoi datori di lavoro, vi sono un’infinità di leggi sulla sicurezza non rispettate e processi che fanno acqua da tutte le parti. Vi sono assunzioni al nero, contratti che impongono l’apertura da parte di braccianti e operai di partite Iva e li trasformano da schiavi a imprenditori di se stessi, appalti e subappalti, orari di lavoro massacranti e tempi di produzioni accelerati.

Non è la prima volta, soprattutto nel settore edile, che le vittime siano gettate via, magari in qualche fosso ai bordi della strada per simulare un incidente.

Non serve commuoversi, dedicare titoli sui giornali, dibattiti e talk show.

Solo una condanna giusta può rappresentare il primo passo per impedire che le storie si ripetano. L’impunità, la lievità delle pene previste nei casi di omicidi colposi, anche plurimi, persino la difficoltà che nei processi si arrivi ad una condanna definitiva, sono alla base delle quotidiane stragi di innocenti.

Bisogna agire, lacrime e parole servono a poco.

Da circa quattro anni, come Comitato Noi, 9 Ottobre (la data della strage del Vajont, presa a simbolo di tutte le stragi nel nome del profitto che si sono susseguite da allora, il 1963) abbiamo messo insieme un corposo e competente gruppo di lavoro (ci siamo riuniti dai tempi del Covid quasi settimanalmente) che comprende ex magistrati, avvocati, accademici, ma soprattutto decine e decine di associazioni (via via cresciute nel tempo) di vittime e di chi le sostiene: dalle morti per le grandi stragi (Torre piloti e Ponte Morandi a Genova, Viareggio, Rigopiano, Moby Prince, terremoti ecc.) a quelle sui luoghi di lavoro e sul territori (per amianto, smaltimento illegale di materiali tossici e inquinanti) e anche dei delitti di mafia.

Siamo ora centinaia e la lista di chi si affianca a noi per reclamare giustizia si allunga di giorno in giorno. Lottiamo come un corpo unico.

Da quasi due anni ci siamo concentrati su una prima proposta da portare alle istituzioni (fa parte di un appello con altre richieste). Un primo passo in attesa di andare avanti.

Abbiamo cominciato a lavorare sulla modifica dell’Art.111 della Costituzione per far includere i diritti delle vittime a fianco di quelli, più che sacrosanti, riservati agli imputati.

Siamo riusciti a far arrivare alla Prima Commissione per gli Affari Costituzionali del Senato quattro disegni legge (FdI, Pd, 5S, Avs) che sono poi stati riuniti in un testo unico dal senatore Costanzo Della Porta, sottoscritto dal presidente Alberto Balboni, approvato dagli altri componenti della Commissione inclusi i firmatari dei disegni legge.

Il testo unico approvato dalla Commissione si esprime così: La Repubblica tutela le vittime dei reati e i danneggiati dei reati”.

Rappresenta un enorme passo avanti che rende giustizia alle vittime e alle parti civili nei processi penali mentre attualmente, troppo spesso, sono viste dai giudici come un disturbo, un inutile rumore, e si vorrebbero presenti solo nei processi civili per rivendicare risarcimenti economici.  Ma i soldi non sono quello che cercano le vittime e che può soddisfare la loro fame di verità e giustizia.

Il 21 maggio scorso una quarantina di associazioni del Comitato Noi, 9 Ottobre sono state ricevute al Senato, su invito del senatore Dario Parrini (Pd) alla presenza di Balboni, Della Porta, Bruno Marton (5S). Mancava il senatore Giuseppe De Cristofaro (Avs) tra i primi firmatari dei ddl, sostituito da Luana Zanella (dello stesso partito).  A rappresentare Noi, 9 Ottobre come relatore, era l’ex Magistrato Felice Casson.

Siamo ora impegnati a spingere affinché la Commissione della Giustizia, chiamata in causa da FI (ostinatamente contraria alla modifica) si esprima. Il suo parere non è vincolante, ma permetterebbe alla modifica di procedere alle fasi successive. Finché l’Art. 111 non è messo all’odine del giorno di quella Commissione  l’iter si blocca. Ma è nelle prerogative del presidente Balboni (determinato ad andare avanti) porre poi dei limiti di tempo ed eventualmente, anche se potrebbe essere interpretato come uno sgarbo, procedere ugualmente.

Come Comitato Noi, 9 Ottobre siamo determinati a lottare fino in fondo, quando la modifica arriverà alla fine del suo iter istituzionale. Sarà per noi tutti un momento di grande orgoglio: l’impegno partito dal basso sarà riuscito a raggiungere i vertici delle istituzioni. Un esempio positivo e virtuoso in un periodo di grande sfiducia nei riguardi della politica.

Va detto che però siamo stati molto delusi dall’indifferenza dei media e dei sindacati che sembrano non aver capito che questa riforma costituzionale è un passo importante per difendere i diritti dei troppi Satnam Singh sacrificati per lavoro, delle vittime delle grandi stragi del profitto, dell’amianto, dell’inquinamento, delle mafie.

Commuoversi, piangere, scandalizzarsi è facile. Ma se poi si sta a guardare si diventa complici.

Ognuno ha le sue battagli in corso, ma crediamo che la modifica dell’Art. 111 meriti l’attenzione e il sostegno da parte, oltre che della politica, di sindacati e giornalisti, perlomeno al pari delle altre tematiche che riguardano la giustizia e di cui si parla diffusamente (autonomie differenziate e premariato).

E’ necessario sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema che riguarda tutti: la cultura dei diritti delle vittime.

Ognuno di noi, da un momento all’altro può diventare vittima, mentre lavora in strutture non a norma, o si trova nel luogo sbagliato al momento sbagliato, o si avvelena lentamente con l’amianto o con altre sostanze tossiche disperse illegalmente nell’aria o nel terreno e quindi poi anche nei cibi che si portano in tavola;  si può rimanere vittime del terrorismo, delle mafie, di intrighi in cui è coinvolto anche lo Stato.

E allora ci si rende conto di essere soli a lottare.

Bisogna agire ora, tutti insieme per sostenere la modifica dell’Art. 111 della Costituzione.

Quel ragazzo gettato via come un rifiuto (non è il primo e non sarà nemmeno l’ultimo) è la perfetta metafora della società del profitto e del nostro cinismo. Se quel braccio amputato sistemato in una cassetta della frutta ci fa orrore, bisogna sapere che dietro quell’orrore ce ne sono innumerevoli altri che noi possiamo e dobbiamo impedire.

Lucia Vastano, giornalista, portavoce del Comitato Noi, 9 Ottobre

 

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