Non di solo ILVA si nutre l’ingiustizia

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Quasi contemporaneamente la assurda sentenza che cancella la condanna dei dirigenti ILVA per “incompatibilità” di alcuni giudici (dopo 12 anni di procedimento…. ) un’altra sentenza conferma l’incapacità della “giustizia” di giudicare in modo coerente con le responsabilità oggettive e le evidenze scientifiche : se l’amianto determina malattia e morte (ed è una conoscenza acquisita dagli anni ’40) allora chi espone i lavoratori a quel cancerogeno senza nemmeno decenti sistemi di protezione, collettive e individuali, non può che essere responsabile degli effetti sui lavoratori, le lavoratrici e spesso anche per chi risiede nelle vicinanze.

La “storia” che sintetizziamo riguarda uno dei numerosi (cinque) processi alla Montefibre di Verbania (in Piemonte), fabbrica di fibre artificiali che ha esposto per decenni i suoi lavoratori all’amianto contenuto nelle macchine di lavorazione e nelle coibentazioni.

La sentenza di primo grado (del 14.11.2022) del Tribunale di Verbania ha “assolto le persone offese”, sì, avete letto bene, le persone offese “per non aver commesso il fatto”, un incredibile svarione in cui si ribaltano i ruoli tra persone offese e gli imputati. Tra l’altro la sentenza si è pure dimentica di “assolvere” alcune ulteriori parti offese che finiscono in un limbo indeterminato.

Il 11.09.2024 la Corte d’Appello di Torino ha respinto il ricorso di Medicina Democratica e AIEA contro la sentenza di primo grado, confermando pertanto l’assoluzione delle ….. parti offese.

Non abbiamo  disponibile ancora le motivazioni della sentenza ma, a parte la correzione degli svarioni della prima sentenza, possiamo immaginare che sia infarcita di negazione dell’evidenza scientifica della pericolosità e della correlazione tra esposizione all’amianto ed effetti sulla salute tanto più se continuo per decenni,

Va anche ricordato che la stessa Corte d’Appello (altri giudici) nel processo Montefibre II, il 2.05.2023 ha invece confermato la condanna, in sostanza per gli stessi imputati, per le stesse imputazioni ma non diversi lavoratori ammalati o deceduti per l’esposizione allo stesso amianto della sentenza più recente qui commentata.

A cura di Marco Caldiroli – Presidente di Medicina Democratica e tecnico della prevenzione

 

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