Sintesi gruppo di lavoro Salute e Agricoltura

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Congresso MDSintesi gruppo di lavoro: Salute e Agricoltura

La ‘Rivoluzione verde’ e la cosiddetta agricoltura integrata, altro non sono che modelli lineari di agricoltura industrializzata, globalizzata, energivora, che dipende dal petrolio e dalla chimica di sintesi, caratterizzata dall’uso massiccio e spregiudicato di fertilizzanti, di pesticidi, di sementi brevettate, dall’uso intensivo di acqua e macchinari pesanti, guidato dalle multinazionali e dalla finanziarizzazione dell’economia, che oltre ad avere aggravato a livello planetario il problema della fame nel mondo, oltre ad avere contribuito in modo determinante a riscaldare il pianeta, desertificando i suoli, li ha inquinati spargendo pericolosi residui chimici, che si ritrovano anche nell’acqua potabile, comportando una pesante ricaduta sulla salute umana, animale e ambientale.
Dal Rapporto ISPRA 2014 risulta che nelle acque nazionali, superficiali e profonde, nel 2012 erano presenti 175 diverse sostanze di sintesi. In un monitoraggio ARPAT del 2013 sulle acque potabili sono stati trovati, pesticidi in concentrazioni superiori ai valori limite. Nel 56,9% delle acque superficiali e nel 31% di quelle profonde, monitorate dall’ ISPRA, risultano presenti residui di pesticidi. I composti più numerosi trovati, sono i diserbanti, seguiti da fungicidi ed insetticidi: glifosate, metolaclor, triciclazolo, oxadiazon, terbutilazina, diazinon. Data la bio-persistenza di molti di questi prodotti, nelle matrici ambientali si può trovare un intreccio di molecole nuove e vecchie, come ad esempio il DDT e l’atrazina, che benchè bandite da decine di anni sono ancora presenti nell’ambiente e nel latte materno.
Non serve produrre di più, ma è necessario farlo con più qualità, senza sprechi, su scala locale, in modo moderno cioè esclusivamente biologico/biodinamico, come già si faceva in epoca pre-industriale. Il sistema alimentare industriale ha contribuito alla crisi climatica, difatti è stimato che dal 44% al 57% di tutte le emissioni di gas serra provengono da questo ormai insostenibile modello di produzione. Per cui per ‘raffreddare il pianeta’ e nutrire ‘tutti’ i suoi abitanti è necessario essere consapevoli che il cibo e l’agricoltura sono i principali responsabili delle emissioni di gas serra. C’è da prendersi cura del terreno, ripristinando i contenuti di sostanza organica del suolo, la cui perdita è stata responsabile del 25%-40% dell’attuale eccesso di CO2  nell’atmosfera. E’ necessario tornare ad un’agricoltura naturale, che favorisca la biodiversità, senza sostanze chimiche che hanno esaurito i terreni e reso i parassiti e le infestanti immuni agli insetticidi  ed erbicidi. E’ necessario ridistribuire le terre ai piccoli agricoltori e fermare le grandi piantagioni, le colture geneticamente modificate, l’uso indiscriminato dei biocarburanti, i mercati del carbonio.
Punto di riferimento deve essere non la Carta dell’EXPO, ma la Via Campesina,  basata sull’agroecologia contadina.
Così bisogna ridurre il consumo di prodotti di origine animale, causa di tumori( vedi la recente classificazione della IARC delle carni rosse, in categoria 2 A) e malattie cardiocircolatorie e trovare una ‘exit strategy’ dagli allevamenti intensivi, veri e propri lager, climalteranti, in quanto produttori di potenti gas serra come il metano ed il protossido d’azoto, in cui gli animali sono alimentati molto spesso con mangimi a base di soia e mais ogm (che quindi ci ritroviamo nel piatto)riempiti di antibiotici( circa il 50% degli antibiotici nel mondo sono usati in agricoltura), nonostante dal 2006 ne sia vietato l’uso. Questa agricoltura delle multinazionali (tanto per fare alcuni nomi di questi colossi della chimica si ricordano Basf, Monsanto, Dupont, Down Chemical;  alcune hanno addirittura interessi economici sia nei pesticidi che nei farmaci, vedi Syngenta e Bayer)  ha immesso nell’ambiente sostanze chimiche pericolose sotto forma di erbicidi, insetticidi, fungicidi, regolatori della crescita, defoglianti, disseccanti, diradanti o anti-cascola dei frutti, determinando un ‘normale’ inquinamento quotidiano, di miscele di molecole tossiche, con possibile sinergia d’azione, che si bio-accumulano, negli animali (farfalle, api, etc.)da cui le tristi primavere silenziose, nei vegetali e che si bio-magnificano nella catena alimentare. Uno studio condotto in Italia ha valutato che in un pasto completo si trovano mediamente 8-13 residui di pesticidi, con punte massime di 91. Un cocktail di sostanze, di cui nessuno ha mai studiato la pericolosità, essendosi limitati a studiare, solo gli effetti della singola sostanza chimica, in modo parziale. La valutazione tossicologica preventiva dei pesticidi compiuta dalle Agenzie Europee è inadeguata in quanto gli standard attuali non tengono conto delle esposizioni multiple, degli effetti a basso dosaggio, degli effetti sul sistema endocrino e degli effetti sullo sviluppo embrionale dovuti alle esposizioni in gravidanza. Non esiste pesticida sintetico di cui siano stati studiati gli effetti collaterali(in fase post marketing) che non abbia dato prova di nocività ben più ampia di quella dichiarata al momento della richiesta di autorizzazione.
Siamo tutti sottoposti ad una sperimentazione come delle cavie da laboratorio. Più di 20.000 lavori scientifici dimostrano la nocività di queste sostanze per esposizione professionale (in Francia il Morbo di Parkinson è riconosciuto malattia professionale da esposizione a pesticidi, specie a organofosfati)  e non professionale, sia come tossicità acuta che cronica, dovuta a basse esposizioni ripetute nel tempo: dalla cancerogenicità, alle alterazioni genetiche, alla neurotossicità, alle alterazioni del sistema endocrino. I pesticidi, un cocktail di circa 1500 principi attivi e dei loro metaboliti cui si aggiunge un numero incalcolabile di cosiddetti formulati commerciali (principio attivo più adiuvanti che rappresentano una poli-esposizione dagli effetti tossici sconosciuti) spesso molto più tossici della sostanza di partenza, possono agire anche come interferenti endocrini, a concentrazioni ritenute non tossiche ed inferiori alle dosi raccomandate nell’utilizzo agronomico. Tra le malattie più frequentemente associate ad esposizione cronica a piccole dosi di pesticidi, problema del tutto  sottostimato, ci sono: patologie neurodegenerative (Parkinson, SLA, Alzheimer) e del neurosviluppo ( patologie dello spettro autistico e ADHD, o sindrome da deficit di attenzione ed iperattività); della sfera genitale e riproduttiva; endocrino-metaboliche (obesità, diabete 2, disfunzioni tiroidee); malattie cardio-respiratorie, malattie renali, vari tipi di cancro ( dai tumori del sangue a quello del pancreas e della prostata). Il divieto della produzione e dell’uso di queste sostanze, una corretta applicazione del Principio di Precauzione, diminuirebbe drasticamente questo carico di malattie, diminuendo così pure la spesa sanitaria pubblica.  Il pericolo è più evidente per le donne in gravidanza e per i bambini, assai più sensibili all’azione tossica e soprattutto epi-genotossica di queste sostanze, anche se in dosi infinitesimali. L’esposizione nel primo trimestre di gravidanza è associata a basso peso alla nascita, ridotto  sviluppo encefalico, anomalie cognitive e comportamentali . Si è confermata l’ associazione fra esposizione genitoriale occupazionale a pesticidi e tumori cerebrali infantili e dei giovani adulti, così si ha conferma che l’esposizione residenziale genitoriale ai pesticidi può rappresentare un  fattore di rischio per la leucemia infantile. A causa degli insetticidi organofosfati  usati in agricoltura, ogni anno si perdono 13 milioni di punti di quoziente intellettivo!
La tutela della salute deve prevalere rispetto alle esigenze produttive ed alla logica del profitto. Emblematico è il caso del famoso Roundup™, formulato dell’erbicida glifosato, il più venduto al mondo, presente in 750 formulati, impiegato nelle colture OGM (soia/mais), per diserbare cigli stradali, utilizzato nei mangimi degli animali da allevamento, non per nulla a livello europeo è stato trovato nel 10,9% dei campioni alimentari controllati dall’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, nel 2014. Se cercato, viene trovato molto spesso ed in dosi preoccupanti, anche nelle acque superficiali italiane insieme al suo metabolita AMPA (più genotossico e persistente del glifosato), ma viene monitorato solo in Lombardia. Nel marzo 2015, il glifosato, è stato inserito in classe 2A , (probabile cancerogeno) dallo IARC (Centro internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS), sulla base di una robusta letteratura scientifica. Lorenzo Tomatis fu il primo a denunciare  i rischi tumorali del glifosato, che presenta  anche azione di interferente endocrino  e di perturbatore di molteplici e delicate funzioni cellulari, dopo essere stato presentato come un prodotto sicuro, biodegradabile, non tossico. Nonostante queste evidenze nel Report EFSA Conclusion on the peer review of the pesticide risk assessment of the active substance glyphosate, pubblicato sul periodico della stessa Agenzia (EFSA Journal 2015;13(11):4302), si ritiene inverosimile che il glifosate possa rappresentare un rischio di cancerogenicità per l’uomo e si aumenta l’ADI (Acceptable Daily Intake) da 0,03 mg/kg a 0,05 mg/kg. Quindi l’EFSA sorprendentemente  capovolge il giudizio della IARC,  senza portare nessuna probante evidenza scientifica, favorendo l’uso indiscriminato di questo cancerogeno a livello agricolo, industriale, urbano, domestico e civile, in virtù non certo del principio di precauzione, ma del business as usual!
Vietare produzione ed uso dei pesticidi e ogm, è un atto di responsabilità verso le attuali e le future generazioni, respingendo le pressioni dei big dell’agrochimica, respingendo il potere di pochi che condizionano la vita di molti. La mozione del Comunedi Livorno, sul divieto agricolo ed  extragricolo del glifosato:  un esempio da seguire.
Per evitare rischi per la salute umana e per l’ambiente  è indispensabile la riconversione biologica delle produzioni agricole, verso un ecosistema agricolo equilibrato, incentivando  la nascita dei  Biodistretti, sull’esempio di quello di Panzano in Chianti e della Carta di Panzano, a difesa della salute umana, della qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo come elemento centrale degli equilibri della biosfera e come luogo di produzione salubre del cibo.
Del pari è indispensabile opporsi con fermezza alle agro-mafie, alla declassificazione di pericolosità dei pesticidi di sintesi in atto nel mercato e ai trattati commerciali internazionali , segretamente in discussione, come il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), il CETA(Comprehensive Economic and Trade Agreement) ed il TISA (Trade in Services Agreement).
Per la riconversione biologica di tutta l’agricoltura italiana, un programma di sviluppo rurale. Modificare i Programmi di Sviluppo Rurale delle Regioni Italiane privilegiando i pagamenti agroambientali riferiti all’agricoltura biologica; il biologico deve essere reso  conveniente e premiante per tutti gli agricoltori, che devono poter accedere agli incentivi europei. Va tenuto conto che mentre il mercato del biologico, in Italia è cresciuto di venti volte nell’ultimo decennio, le superficie dedite al biologico e le aziende bio si sono ridotte.
I trattamenti chimici oggi vengono consigliati dai venditori di pesticidi in fragrante conflitto di interessi. Formazione di tecnici agroecologi indipendenti. Sostegno a giovani agricoltori. 

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