La sentenza di Corte d’Assise d’Appello per la Clinica Santa Rita

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SENTENZA C. ASS.APP 61-15_54-14

Proponiamo il testo integrale e una lettura della SENTENZA DELLA CORTE D’ASSISE D’APPELLO CONTRO BREGA MASSONE E ALTRI  – EX CLINICA SANTA RITA-  OGGI CLINICA CITTA’ STUDI  DI MILANO   (n. 61/2015 depositata in cancelleria il 13/6/2016)

Si tratta del processo di secondo grado, d’Appello, manca ancora l’ultimo passaggio, quello della Corte di Cassazione (sempre che sia effettivamente l’ultimo).

La prima sentenza, passato in giudicato la cui accusa per i 3 principali imputi accusati di lesioni gravi, si è conclusa con la pena di 15 anni e sei mesi per Brega Massone e pene minori per gli altri due.

Tutta la vicenda della Santa Rita, clinica privata convenzionata, attiva a Milano zona Città Studi, è emersa nel 2007, quando sono state aperte le indagini al seguito di un esposto anonimo che presentava una situazione grave e anomalie nella gestione sanitaria.  Le indagini sono state svolte direttamente dalla Polizia Giudiziaria del Tribunale di Milano. Gli organi preposti al controllo (ASL e Regione Lombardia) non si erano resi conto di alcuna anomalia da approfondire, dell’attivazione delle indagini dobbiamo ringraziare un anonimo, certamente interno alla Clinica che non ne poteva più di vedere quanto succedeva sotto i suoi occhi.

Come Medicina Democratica ci siamo sentiti coinvolti, dopo averne avuto notizia dai giornali, anche perché negli anni precedenti eravamo intervenuti a fianco di un comitato locale (Il Comitato contro l’Elefante) che aveva protestato per l’espansione della Clinica, con l’aumento dei volumi utilizzati e ampliandosi sia verso il basso che verso l’alto (la clinica si trova in una via stretta a fianco di altri palazzi). I problemi dell’ampliamento erano evidenti quali l’incremento nella difficoltà di accesso e dei rischi degli effetti di un possibile incendio. Tutti i permessi comunque erano stati concessi facilmente e superficialmente da parte dell’autorità pubblica e quindi la clinica in piena espansione è stata ampliata anche fisicamente.

Esaminata la situazione come MD di Milano, dopo avere organizzato un incontro pubblico di approfondimento, abbiamo coinvolto il Presidente e il Direttivo, una volta che si conobbe la volontà dei PM di aprire un procedimento giudiziario.

Le ragioni del nostro intervento erano evidenti : si voleva mettere in risalto il  pernicioso rapporto pubblico- privato in regione Lombardia (come altrove), l’aziendalizzazione della sanità e nello specifico i DRG, di cui si dirà più approfonditamente. Il processo iniziò nel dicembre del 2008, davanti al giudice dell’udienza preliminare e proseguì fino in Cassazione che confermò le decisioni del Tribunale e della Corte d’Appello. Le parti civili erano i pazienti che avevano subito danni per essere stati sottoposti ad interventi chirurgici non dovuti e non corretti, oltre a quattro enti : Regione Lombardia, ASL di Milano, Ordine provinciale dei medici e Medicina Democratica. Nessun sindacato si è presentato come parte civile.

Medicina Democratica affidò la difesa all’avvocato Giuliano Pisapia che accettò l’incarico, ma subito dovette procedere alla sua sostituzione con un altro avvocato del suo studio per poi arrivare, dopo l’ordinanza di riconoscimento di MD quale parte civile, l’avvocato fu da allora ad oggi Margherita Pisapia (dello stesso studio e sua parente).

Torniamo alle ragioni del processo. Abbiamo detto dei DRG, che sta per diagnosis related groups (gruppi omogenei di diagnosi: “termine con il quale si indica una categoria di pazienti ospedalieri definito per categorie cliniche analoghe e richiedenti per il loro trattamento quantità omogenee di risorse ospedaliere” (sentenza – pag. 313). Ad ogni DRG corrispondono alcune patologie e un importo dalla Regione Lombardia/ASL corrispondente alle cure considerate “standard” erogate al paziente .

Questo sistema è stato introdotto al seguito del decreto legislativo 502/1992 (decreto De Lorenzo) che ha riformato (deformato) la legge di riforma sanitaria del 1978. Il discorso da allora ad oggi ci è stato ripetuto in mille modi con vari luoghi comuni: si spende troppo per la sanità… la sanità pubblica non è sostenibile… inseriamo degli elementi di privatizzazione… Non vi erano le condizioni politiche e sociali per procedere immediatamente, ma la progressione è stata costante fino ad arrivare ad oggi  con un  discorso  divenuto esplicito: “Basta con la retorica dell’efficentamento infinito, occorre ammettere che le risorse sono insufficienti e voltare pagina”. Come? Stabilendo con una operazione verità chi a quell’infinito elenco di prestazioni a carico dello Stato ha diritto per intero e chi dovrà farsene carico per una parte. Favorendo allo stesso tempo lo sviluppo di un sistema mutualistico e assicurativo” (Assemblea FIASO luglio 2016) (1). I DRG hanno preso infatti le mosse dal sistema sanitario americano, fondato sulle assicurazioni private (solo in parte modificato dalla normativa approvata durante la presidenza di Obama). E’ ovvio che se il sistema di finanziamento delle strutture è fondato sui DRG diventa altrettanto ovvio quanto necessario per le strutture, in specie quelle private, cercare di adeguare la prestazione al DRG, modificandone, se possibile, il contenuto considerando che più elevato e diversificato è il numero delle prestazioni sul singolo paziente maggiore è il ricavo. Così nella sentenza :  “… premesso che la citazione della Corte d’Assise riguarda il reato di truffa e non quello di falso si osserva che il tema della truffa ai danni del SSN non è nuovo in questa regione, essendo stati i delitti di truffa e falso già elevati ad altre strutture sanitarie in anni precedenti (Multimedica 2005) sia per il caso di esposizioni di interventi mai fatti, che di interventi inutili rispetto alla patologia dei pazienti”. (pag. 311) (2)

Quanto avvenuto nella Santa Rita non è stato principalmente quello di modificare le diagnosi per ottenere DRG più remunerativi, ma di eseguire prestazioni “aggiuntive”, in questo caso operazioni di chirurgia toracica, senza giustificato motivo se non quello di ottenere un DRG più elevato. I pazienti (o i loro famigliari) erano convinti, o ingannati, a sottoporsi a un’operazione che non aveva una reale motivazione  terapeutica.

La finalità dell’attività della clinica, introdotta dal titolare, il notaio Pipitone (che ha patteggiato la pena ed in seguito è deceduto) era quello di “produrre”. E che cosa si può produrre in ospedale se non il massimo delle prestazioni per il massimo del guadagno ? Così ancora la sentenza : “Le difese dei chirurghi imputati non hanno potuto – e taluni lo hanno ripetuto  anche in udienza – non definire quantomeno sgradevoli le frasi intercettate e riportate in atti, pur affermandone l’irrilevanza nei confronti del tema oggetto della imputazione, sottolineando che la Sanità è un’attività produttiva, dove sia nel pubblico che nel privato, ha fondamentale importanza la valutazione dei costi aziendali e della capacità di produrre ricavi da parte degli addetti sanitari”. Si noti la frase: “sia nel pubblico che nel privato”. (pag. 179).  Ed ancora “In Santa Rita non si veniva a fare il primario tanto per fare ma era imperativo fare i DRG non essendo possibile sopravvivere con 80 pazienti all’anno inviati dal Pronto Soccorso”.

E’ questo “concetto” di “produzione” che regge la logica della sanità “aziendalizzata” con ciò che ne è seguito in termini di organizzazione (il direttore generale, l’accentramento territoriale, i tagli del personale e più in generale i tagli alla spesa) e quindi di capacità di rispondere ai bisogni di salute della popolazione.

Ciò che qui si vuol dire raccontando quanto è avvenuto alla Santa Rita e quindi proponendo di leggere la sentenza o almeno una parte di essa (considerandone le sue 300 pagine) sono le estreme conseguenze a cui il sistema è stato portato: “… resezioni polmonari inspiegabili e abusive in assenza di un assoluto tentativo di diagnosi preoperatoria, quadrantectomie non dovute, accanimento terapeutico senza chiedersi a che serve quello che stiamo facendo.  Interventi demolitivi inutili effettuati per patologie inesistenti senza alcun approfondimento diagnostico.” Ciò ha determinato la morte di 4 pazienti da cui l’accusa e quindi la condanna per omicidio doloso. Al primario toccò la condanna dell’ergastolo e al secondo chirurgo quella di 30 anni di reclusione. Altri imputati hanno avuto pene inferiori, molti altri reati contestati sono stati prescritti ma complessivamente si può dire che giustizia è stata fatta. Molto di più di quanto non ci è capitato di sentire in altri processi a riguardo della salute e sicurezza sul lavoro e sulla salubrità ambientale: assoluzioni perché il fatto non sussiste, per non parlare di pene relativamente basse dove ci sono state condanne oppure la prescrizione dei reati pur essendo innumerevoli le vittime e ancora di più le parti civili (si veda la sentenza di Cassazione del processo ETERNIT contro S. Schmidheiny del 19 novembre 2013).

Ci sono delle contraddizioni nel sistema giuridico, ma considerato che il sistema sociale, capitalistico, oggi neoliberista fondato sul dio mercato o sul dio denaro segue la sua direzione, le contraddizioni possono essere utili per far emergere le ingiustizie sociali (la “malasanità” in questo caso) . Infatti per Marx “il diritto non è qualcosa che sta al di là delle classi in lotta e che giudica imparzialmente le azioni degli attori sociali: al contrario esso è il riflesso di determinati rapporti sociali (che sancisce e legittima) e, insieme, uno strumento con cui la classe dominante esercita il suo dominio su quella dominata” (3). Certamente anche se la giustizia non è di questo mondo (capitalista), è comunque indispensabile chiedere giustizia anche in questo mondo per fare emergere le contraddizioni, come quella, cui ci stiamo particolarmente dedicando come MD della prescrizione che nega diritto e giustizia.

Vorremmo per finire spendere una parola sulla pena dell’ergastolo in sé. Certamente stando ai codici e ai fatti non si può dire che quanto assegnato al chirurgo Brega Massone non sia stata corretta data l’accusa riconosciuta nella sentenza, pur tuttavia l’ergastolo rappresenta la morte civile e impedisce  quella che può (dovrebbe) essere la finalità di rieducazione del condannato. E’ la fine della speranza. Quindi merita la nostra considerazione e il nostro intervento per la sua abolizione.

Fulvio Aurora – Medicina Democratica Onlus

Note;

  • FIASO sta per Federazione Italiana Sanità e Ospedali. Non si capisce perché i dirigenti delle ASL e degli ospedali pubblici si debbano costituire in associazione.

(2) Articolo di Giuseppe Landonio (oncologo) del 17/07/2008

Ancora a proposito di Santa Rita Le parole a volte sono pietre. Più di qualsiasi ragionamento sulle leggi, sugli atti amministrativi, sui comportamenti. Ci sono due parole che disegnano il sistema sanitario voluto dal Formigoni più di ogni altra cosa: una è la parola “cliente”. Quando alla parola “paziente”, “malato”, o anche soltanto cittadino, si sostituisce la parola “cliente”, si propone, di fatto, una mutazione genetica del sistema.

L’altra è “azienda ospedaliera” al posto di ospedale e “azienda sanitaria” al posto di unità sanitaria locale: è chiaro che introducendo il termine azienda si fa riferimento alle tematiche della efficienza, al rispetto dei bilanci, alla necessità di fare prestazioni che siano remunerative. Queste osservazioni, badate bene, non sono di un estremista di sinistra, ma sono del cardinal Carlo Maria Martini, indirizzate in una lettera pastorale di qualche anno fa ai fedeli milanesi e lombardi. Seconda considerazione: la vicenda Santa Rita è, ahimè, solo la punta di un iceberg. Per chi se  ne fosse dimenticato indico i filoni di indagine della magistratura sul sistema privato milanese (sembrerà la recita di un rosario, ma non è colpa mia): Ville Turro e San Raffaele (prestazioni gonfiate e inappropriate); Humanitas (condanna del primario cardiochirurgo); Multimedica, San Siro, San Carlo (prestazioni gonfiate); clinica San Giuseppe (prestazioni inappropriate), fino alle cliniche del gruppo Rotelli (prestazioni gonfiate) e (ricordate?) il Galeazzi Ma anche nel pubblico non vanno dimenticati i filoni di indagine che hanno interessato il Niguarda (in un è stato condannato l’ex direttore Caltagirone, oggi promosso a Pavia, in un altro si è suicidato Mercuriali – ed è stato poi condannato l’ex ministro Sirchia); ma anche Fatebenefratelli, ICP, San Carlo e, fuori Milano Melegnano,  Legnano e Garbagnate. Un elenco probabilmente per difetto, ma che da solo illustra come non sia più possibile, se mai lo è stato, parlare di singoli “mariuoli”. Qui è in gioco un “sistema”. E le considerazioni che facevo prima lo testimoniano, a loro modo. Di certo la Regione Lombardia deve darsi regole più certe e trasparenti nei sistemi di controllo, ma soprattutto ripensare il sistema degli accreditamenti “facili” e della competizione esasperata pubblico-privato .Terzo elemento: non si può oggi scaricare tutto sulla sola clinica Santa Rita. Lì sono stati compiuti reati su cui la magistratura prosegue le indagini, ma non tutto è da buttare. Ci sono di mezzo settecento lavoratori, ma anche una quota di utenza sanitaria che si avvale dei servizi della clinica, alcuni dei quali di qualità. La regione Lombardia, a fronte della condanna del primario cardiochirurgo della clinica Humanitas non ha revocato l’accreditamento né alla singola struttura né tanto meno all’intera clinica. Non si possono usare due pesi e due misure. Valuti la Regione, anche attraverso la nomina di un commissario ad acta, le procedure più corrette per ripristinare con gradualità, gli accreditamenti e consentire la ripresa delle attività della clinica, comprese quelle di pronto soccorso. Che fare poi?

1 .la Regione deve subito mettere a punto modalità di accreditamento e strumenti di controllo molto più accurati ed efficaci degli attuali. Si può pensare o a un organismo “terzo”, ossia a un’authority in grado di garantire controlli di qualità e appropriatezza (più che di quantità), o a un comitato di esperti per singole patologie (sanitari, giuristi, economisti) che possa vagliare protocolli, tipologie di prestazioni, rispetto delle regole.

  1. Va ripensato, anche attraverso forme di sperimentazione, l’attuale sistema dei rimborsi, su scala nazionale: da un sistema che oggi premia le prestazioni e la malattia (DRG),a un sistema che tuteli la qualità e la salute (budget calcolati per utenza e per “percorsi di cura”)
  2. lo stesso sistema sanitario lombardo va riformato: puntando soprattutto sui servizi territoriali (Case della Salute) e sulla conseguente riduzione del “peso” degli ospedali e delle case di cura private, ridefinendo il ruolo delle ASL (che devono tornare a essere strumento di gestione, riappropriandosi dei piccoli-medi ospedali), e rivedendo il rapporto pubblico-privato, che va riportato entro i limiti della collaborazione e non della competizione sfrenata.

(3) Diego Fusaro “Ben tornato Marx” – Bompiani pag. 122