SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 267 DEL 16/09/16

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SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 267 DEL 16/09/16

NUMERO SPECIALE SUL DISEGNO DI LEGGE SACCONI-FUCKSIA DI STRAVOLGIMENTO DELLA NORMATIVA SU SALUTE E SICUREZZA

Questo numero della mia newsletter è interamente dedicato al già famigerato Disegno di Legge Sacconi-Fucksia, il cui scopo è la cancellazione del D.Lgs. 81/08 (Testo Unico per la sicurezza sul lavoro) per arrivare a una totale deresponsabilizzazione dei datori di lavoro in merito a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Il testo del Disegno di Legge è scaricabile all’indirizzo:

http://www.amblav.it/download/ddl_sicurezza.pdf

INDICE

  • Disegno di Legge Sacconi sulla sicurezza sul lavoro: un ritorno al passato per distruggere il futuro
  • Disegno di Legge Sacconi-Fucksia: il Jobs Act della sicurezza sul lavoro
  • “Sicurezza sul lavoro? troppe regole”: al via la riforma del governo
  • Qualche domanda sul Disegno di Legge Sacconi-Fucksia
  • Lavoro, riparte l’attacco ai diritti sulla sicurezza sul lavoro
  • Il Disegno di Legge sulla semplificazione della sicurezza sul lavoro
  • La semplificazione delle leggi è una necessità, ma con quali limiti?
  • Disegno di Legge di semplificazione sicurezza lavoro

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro

Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”

Medicina Democratica – Movimento di lotta per la salute onlus

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

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DISEGNO DI LEGGE SACCONI SULLA SICUREZZA SUL LAVORO: UN RITORNO AL PASSATO PER DISTRUGGERE IL FUTURO

Da Medicina Democratica

www.medicinademocratica.org

13/08/16

Il Senatore Sacconi ha presentato un Disegno di Legge beffardemente denominato “disposizioni per il miglioramento sostanziale della salute e sicurezza dei lavoratori” in cui riscrive da capo la normativa esistente, nello specifico il D.Lgs. 81/08.

Gli scopi della nuova norma non sono quelli della riduzione degli infortuni e delle malattie professionali (che continuano a crescere nonostante la flessione produttiva), ma, quello di ottenere “semplificazioni” per i datori di lavoro in quanto le attuali forme di tutela dei lavoratori costituirebbero solo un “appesantimento”. In modo molto singolare si spendono diversi commi a precisare di cosa non è responsabile il datore di lavoro.

Nel concreto la proposta distrugge i diritti dei lavoratori, riduce gli obblighi dei datori di lavoro e mette una camicia di forza agli organi pubblici di vigilanza, in primis, agli operatori delle ASL.

Il Senatore Sacconi è andato a prendere parti consistenti di testo letterale dell’oramai vecchia “Direttiva Quadro” sulla tutela della sicurezza (Direttiva 89/391/CE) incastonandoli in nuovo testo normativo sostitutivo del D.Lgs 81/08 tale da cancellare nel concreto obblighi che, nonostante i limiti delle strutture di vigilanza, rappresentano oggi l’unico margine all’esplosione di infortuni e di malattie professionali (denunciati e non denunciati).

Per rimanere solo ad alcuni punti salienti possiamo evidenziare quanto segue.

La definizione di lavoratore vigente viene stravolta per ridurre ancora di più le tutele dei lavoratori “atipici” si arriva infatti a tutelare la “persona impiegata in modo non episodico per attività di lavoro”, un concetto totalmente differente da quello esistente in cui la tutela è “universale” qualunque sia la forma e la durata della prestazione lavorativa ed è legata principalmente a un qualunque rapporto di subordinazione con un “datore di lavoro”.

L’obbligo di valutazione dei rischi (da dimostrare documentalmente) è oggi uno degli adempimenti attuato più formalmente che nel concreto: anziché alzare la qualità di questi documenti se ne semplifica l’adozione con la previsione di certificazioni di “professionisti” (ovviamente non sanzionabili se il contenuto del documento non è all’altezza della situazione).

Tutta la revisione della parte “documentale” viene trattata al fine di sottrarla o renderne più difficile una azione di vigilanza e quindi di correzione, ma se il documento non è all’altezza anche le misure di prevenzione che ne conseguono non lo saranno, invalidando e rendendo esplicitamente formale il processo di valutazione (da cui i lavoratori continueranno a essere concretamente esclusi o, al più, “consultati”, non sappiamo più se dal datore di lavoro o dal professionista di passaggio).

Il sistema della vigilanza viene ridotto ai minimi termini: è evidente l’intenzione di azzerare il ruolo delle ASL facendo ritornare i compiti di controllo a livello ministeriale (la nuova “Agenzia” dell’Ispettorato del lavoro creata con il Jobs Act). Non solo, le misure di intervento vengono spuntate: mentre oggi quasi tutte le violazioni hanno valenza penale e l’organo di vigilanza interviene con atti sanzionatori oltre a imporre gli interventi necessari in futuro vi saranno blande “disposizioni esecutive” e atti sanzionatori solo di fronte a una mancata attuazione di queste ultime. Una manna per i padroni che, a fronte di rischi elevati per i propri lavoratori, si vedranno semplicemente invitati a intervenire con conseguenze praticamente nulle e comunque con una ampia depenalizzazione proprio sugli aspetti principali (conformità macchine, luoghi di lavoro, esposizione a sostanze chimiche, ecc.).

Contestualmente, e non è certo paradossale, le sanzioni in capo ai lavoratori vengono incrementate e le responsabilità dei datori di lavoro ridotte (in pratica sparisce la colpa del datore per mancata vigilanza).

Grave è anche la possibilità del datore di lavoro di sottoporre i lavoratori a sorveglianza sanitaria aggiuntiva non correlata con i rischi lavorativi invalidando la tutela dell’articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori (“Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente”).

Azzerati anche gli Accordi Stato-Regione sul tema della informazione e formazione fino a prevedere che tali obblighi possano essere disattesi se il lavoratore è già “esperto” per curriculum.

Gli adempimenti definiti dall’insieme delle Direttive che si sono succedute nel tempo e specifiche per i rischi vengono anch’essi azzerati arrivando a prevedere il recepimento delle norme europee con Decreti Ministeriali e escludendo esplicitamente la possibilità di recepimenti più rigorosi e tutelanti rispetto ai testi di base europei: le Direttive, che rappresentano le misure essenziali (minime) di tutela, saranno recepite burocraticamente tal quali senza possibilità di modifiche migliorative e che tengano conto della realtà italiana.

Nell’insieme norme che retrocedono il livello della tutela della sicurezza a prima (perlomeno) del D.Lgs 626/94 e che contrastano anche, per diversi aspetti (sanzionatorio incluso) con le prime norme di tutela introdotte negli anni ‘50 e sostituite proprio dal recepimento delle Direttive europee. Norme anche che (nel ridurre drasticamente il ruolo delle ASL) mettono in discussione la competenza regionale (è un primo passo sulla strada del ritorno delle competenze sanitarie al Ministero ??).

Non si tratta solo di un pessimo testo legislativo, ma di una inaccettabile messa in discussione delle più elementari tutele sulla sicurezza e l’igiene del lavoro.

Il Disegno di Legge va respinto nella sua interezza e senza esitazione.

Facciamo appello affinché tale proposta venga al più presto espulsa dalla discussione parlamentare.

Il Direttivo di Medicina Democratica Onlus

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DISEGNO DI LEGGE SACCONI-FUCKSIA: IL JOBS ACT DELLA SICUREZZA SUL LAVORO

Da FIOM CGIL

http://www.fiom-cgil.it

08 settembre 2016

Di Gino Rubini (Diario della Prevenzione)

[…] (*)

SEMPLIFICAZIONI DAL LIVELLO EUROPEO FINO AL DISEGNO DI LEGGE SACCONI-FUCKSIA

Cosa ci attende il prossimo futuro? Per quanto attiene le norme e l’intervento della Pubblica amministrazione nella relazione tra impresa e lavoratori come garante, tramite la vigilanza e le ispezioni, della corretta valutazione e gestione dei rischi siamo a fronte di una regressione che parte dal livello della Commissione europea e arriva alle pratiche correnti in materia svolte dal Ministero del Lavoro.

La parola d’ordine della semplificazione è partita da tempo, già dalla presidenza della Commissione Barroso. La Commissione europea a presidenza Barroso quando lanciò il processo di semplificazione normativa registrò un certo consenso non solo tra le associazioni imprenditoriali: si pensava a una ragionevole “pulizia” degli aspetti ridondanti e superflui delle Direttive. Nel corso degli anni si è visto invece un utilizzo del processo di semplificazione per altri scopi politici: la deregulation delle norme di tutela dell’ambiente e della salute e sicurezza dei lavoratori.

Il processo di semplificazione della legislazione europea è stato preso in ostaggio dagli interessi privati del mondo degli affari. Questo è quanto si afferma nelle conclusioni di un nuovo rapporto pubblicato dall’Istituto Sindacale Europeo. Dopo dieci anni durante i quali la UE si è impegnata per la semplificazione della legislazione, da “legiferare meglio”, alla “regolazione intelligente” fino al Progetto Refit il vero risultato non è stata la semplificazione “intelligente” peraltro auspicabile, ma una pratica reale di blocco e di mancato aggiornamento delle Direttive europee in materia di ambiente, salute e sicurezza sul lavoro.

Un esempio chiaro riguarda la proposta di modifica della Direttiva cancerogeni, parziale e incompleta rispetto alle più recenti conoscenze scientifiche che perviene alla consultazione delle parti sociali dopo anni di ritardo. Il rapporto di ETUI (Istituto di Studi e Ricerche della Confederazione dei Sindacati Europei) illustra con chiarezza il percorso in negativo o a ritroso della Commissione europea rispetto ai diritti dei lavoratori che vengono posti nella scala della priorità al terzo posto, dopo le imprese e i consumatori.

Ritardi analoghi nelle proposte di modifica delle Direttive europee in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori ve ne sono molti, ad esempio per quanto attiene la prevenzione dei disturbi muscolo scheletrici nelle lavorazioni seriali.

A moltiplicare gli effetti negativi sulle condizioni di lavoro vi è poi quel corredo di norme che fa riferimento alla Direttiva Bolkenstein che consente alle imprese italiane di aprire presso alcuni paesi della UE pseudo imprese che sono soltanto recapiti legali, imprese fasulle che non svolgono attività economiche, ma che servono a trasformare il contratto di lavoro di un camionista italiano, ad esempio, in un contratto rumeno con orari capestro, salario dimezzato.

L’ideologia neoliberista che sta alla base di queste Direttive sta portando su posizioni contrarie al progetto europeo vasti settori di lavoratori dipendenti che ravvisano nelle politiche di austerity e di attacco dei diritti dei lavoratori una minaccia incombente non più tollerabile. Nei fatti la UE con le norme che afferiscono alla Direttiva Bolkenstein ha introdotto nel mercato del lavoro europeo il dumping sociale, la concorrenza basata sulla eliminazione dei diritti dei lavoratori. A livello nazionale le politiche governative, come abbiamo visto, procedono nella stessa direzione.

Le cosiddette “riforme” non sono altro che allineamenti della legislazione nazionale con quella europea, dal Jobs Act che rende legittima la precarietà a vita al progetto di “superamento” dei CCNL che vengono individuati come un impedimento alla crescita economica.

Appare evidente che queste strategie che hanno come scopo l’indebolimento delle coalizzazioni (leggi organizzazioni sindacali) degli interessi dei lavoratori dipendenti stanno alimentando un clima di avversione alle istituzioni europee, istituzioni sacrificate agli interessi forti delle grandi compagnie multinazionali e della speculazione finanziaria.

In questo contesto e all’interno di queste dinamiche tese a ridurre i diritti dei lavoratori non poteva mancare l’iniziativa dell’ex Ministro del Lavoro Sacconi che in collaborazione con la senatrice Fucksia ha elaborato un Disegno di Legge contenente modifiche al D.Lgs. 81/08 che in modo beffardo vengono definite “disposizioni per il miglioramento sostanziale della salute e sicurezza dei lavoratori”.

Il Disegno di Legge Sacconi-Fucksia, per come è scritto e per il pressapochismo che lo distingue non dovrebbe arrivare neppure in Commissione, dovrebbe finire in archivio, utile ai cultori della materia come esempio in negativo di come non si deve fare una norma.

Il Disegno di Legge consta di 22 articoli e 5 allegati il cui contenuto è in parte ricopiatura di parti della Direttiva Quadro 391/89/CE. L’intento reale del Disegno di Legge è quello di dare una picconata al D.Lgs. 81/08 sulle parti più pregiate. Riportiamo in forma sintetica contenuti più negativi del Disegno di Legge:

La definizione di lavoratore vigente viene stravolta per ridurre ancora di più le tutele dei lavoratori “atipici”. La tutela è per la “persona impiegata in modo non episodico per attività di lavoro”. Nella norma attuale la tutela è universale a prescindere dalla durata e dalla tipologia del rapporto di lavoro in essere. Nei fatti Sacconi pare escludere la vasta area dei lavoratori che vengono pagati con i voucher da qualsiasi tutela.

Trasferimento delle responsabilità rispetto alla qualità della valutazione e gestione dei rischi dal datore di lavoro demandando a medici del lavoro e altri professionisti di riferimento il compito e l’onere di certificare la regolarità delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro. Il datore di lavoro viene sollevato dalla responsabilità anche penale demandando a medici del lavoro e altri professionisti di riferimento il compito e l’onere di certificare la regolarità delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro. Il ruolo di questi professionisti sarebbe di supporto alla funzione pubblica di vigilanza, che verrebbe attivata solamente in caso di certificazioni fraudolente, rese con colpa grave professionale o sottoscrivendo false dichiarazioni.

Peraltro, gli organismi di vigilanza e la magistratura interverrebbero con “disposizioni” esecutive ai datori di lavoro, comunque impugnabili, e solamente in caso di mancato rispetto della disposizione è prevista la sanzione penale (arresto e ammenda).

Responsabilità del datore di lavoro: si va ben oltre l’esimenza prevista all’articolo 30 del D.Lgs. 81/08. Nei fatti il datore di lavoro è sempre non responsabile: la responsabilità del datore di lavoro verrebbe configurata come “colpa di organizzazione” che non sussiste se si dimostra di aver posto in essere tutte le misure organizzative idonee rispetto alle esigenze di tutela dei lavoratori. La responsabilità penale del datore di lavoro viene meno in caso di infortunio che sia derivato da grave negligenza del dirigente, del preposto o del lavoratore. La proiezione della responsabilità viene proiettata verso il basso, verso quadri e preposti e infine verso i lavoratori per i quali vengono incrementate le sanzioni penali.

Qualora successivamente alla “certificazione” si dovessero verificare danni per la salute dei lavoratori (infortuni o malattie professionali) a causa di carenze nelle misure di sicurezza, il professionista che ha certificato la idoneità delle condizioni lavorative dovrebbe essere ritenuto corresponsabile dell’evento in sede civile e penale.

Quanti sono gli attuali professionisti in grado di sostenere questa responsabilità a livello economico e assicurativo? E’ verosimile immaginare il seguente scenario: i consulenti “responsabilizzati” in solido e in sostituzione del datore di lavoro adotteranno forme di autotutela con le pratiche difensive ben note nel campo della “medicina difensiva”, moltiplicazione delle analisi ambientali, iperprescrizioni di misure preventive superflue, alti costi delle certificazioni.

Il Disegno di Legge prevede anche una discutibile forma di recepimento delle Direttive europee in materia di salute e sicurezza sul lavoro: il Disegno di Legge prevede che il loro recepimento debba essere limitato al solo rispetto dei livelli inderogabili di tutela indicati nelle direttive mentre dalla legislazione vigente verranno eliminati tutti i livelli di regolazione ritenuti superflui o sovrabbondanti. Saremo veramente curiosi di vedere quali siano i livelli di regolazione/protezione ritenuti superflui o sovrabbondanti dai Senatori Sacconi e Fucksia.

Mi fermo qui perché il Disegno di Legge Sacconi-Fucksia richiede una valutazione comparata assai complessa che richiederà le competenze di giuristi delle diverse specializzazioni, tanti sono gli strappi che la sua approvazione introdurrebbe rispetto al Codice Penale e Civile. Ciò che rimane non spiegabile tuttavia rimane la “vis destruens” che anima i proponenti rispetto ai livelli già scarsi di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Non è nostro mestiere scrutare le profondità delle anime, tuttavia tanto zelo contro i lavoratori ci inquieta e al contempo ci incuriosisce.

Ribadisco il concetto tuttavia che questo Disegno di Legge per le sue incongruenze e superficialità non dovrebbe arrivare neppure in Commissione. Non sappiamo tuttavia se questo elaborato sia il frutto di una iniziativa estemporanea dei Senatori firmatari o sia invece un’azione concertata, un “ballon d’essai” per attivare l’iniziativa di deregulation del governo sull’insieme della tematica salute e sicurezza nel lavoro.

In questo senso la presentazione di questo Disegno di Legge diviene immediatamente un banco di prova per il governo Renzi. Le scelte possibili del governo vanno dalla condivisione del Disegno di Legge Sacconi-Fucksia alla decisione di intraprendere un autonomo percorso di manutenzione e aggiustamento del D.Lgs 81/08. Vedremo quale sarà la scelta, in ogni caso “nessun dorma” (mi riferisco al sindacato) poiché la traiettoria rimane la stessa, la riduzione ai minimi termini dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici a tutelare la propria incolumità fisica e la propria salute nel lavoro.

(*)

NOTA BENE

Tale analisi del Disegno di Legge Sacconi fa parte di un più ampio articolo di Gino Rubini sull’involuzione negativa della normativa su salute e sicurezza che è consultabile all’indirizzo:

http://www.fiom-cgil.it/web/comunicazione/zoom-articoli-e-commenti/zoom-articoli-e-commenti-1/ddl-sacconi-fucksia-il-jobs-act-della-sicurezza-sul-lavoro

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“SICUREZZA SUL LAVORO? TROPPE REGOLE”: AL VIA LA RIFORMA DEL GOVERNO

Da ControPiano

http://contropiano.org

17 agosto 2016

Presentata in commissione la riforma del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro. Crescono infortuni e morti bianche, l’attività ispettiva è carente, ma per Maurizio Sacconi bisogna “semplificare” la normativa e deresponsabilizzare il datore di lavoro.

Le morti e gli infortuni sul lavoro sono di nuovo in crescita, così come le malattie professionali. E’ scritto sul rapporto 2015 dell’INAIL: più di 600.000 denunce di infortuni, più di 1.200 quelle di morte (694 quelle accertate). Si tratta però di stime al ribasso, visto che non tengono conto né di lavoratori indipendenti (partite IVA, liberi professionisti…), né di lavoratori in nero che, va da sé, non sono assicurati INAIL (e quindi non risultano nei loro conti) e sono particolarmente presenti nei due settori a più alto rischio di incidente e con la quota più alta di vittime mortali: agricoltura ed edilizia.

Un conteggio più veritiero lo fornisce l’Osservatorio Indipendente di Bologna:

http://cadutisullavoro.blogspot.co.uk

che si basa sulle notizie di incidenti mortali pubblicate sui giornali: l’anno scorso sono stati almeno 678 quelli sul luogo di lavoro (quest’anno sono già 405). Tenendo conto anche dei morti in itinere (vittime di incidenti mentre vanno o tornano dal lavoro), che per l’INAIL sono il 55% del totale, si arriva ben oltre i 1.200.

Cifre che hanno ricominciato a salire negli ultimi anni, nonostante l’effetto “positivo” della crisi e dell’aumento della disoccupazione. Calerebbero certamente se fosse pienamente applicato il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro entrato in vigore nel 2008 (il Decreto Legislativo 81 del 2008), un testo che ora il governo vuole riformare, o piuttosto, abbattere.

Le intenzioni sono chiarite subito nell’introduzione al testo, presentato dai suoi relatori Sacconi e Fuksia (ex M5S, ora anch’ella parte della maggioranza) alla commissione del Senato: il D.Lgs. 81/08 è caratterizzata da “un’eccessiva complessità, legislativa e di attuazione” ben “esemplificata dal numero degli articoli”.

Non solo, la legislazione sulla sicurezza sarebbe stata disegnata sul modello di funzionamento della grande fabbrica, mentre oggi “la diffusione delle nuove tecnologie digitali” trasforma il modo di produrre “nel senso di una maggiore autonomia e responsabilità del prestatore d’opera”.

E’ la solita vecchia retorica che ha accompagnato le riforme del lavoro degli ultimi trent’anni: il mondo del lavoro non è più quello rigido della catena di montaggio, ai lavoratori è richiesta autonomia di decisione, intraprendenza, disponibilità al cambiamento.

Un affresco smentito dai fatti, come abbiamo cercato di riportare due anni fa nel nostro primo libro

http://clashcityworkers.org/documenti/analisi/1305-dove-sono-i-nostri.html

e come testimoniato quotidianamente dalle storie riportate su questo sito che parlano di addetti alla pulizie, facchini, braccianti agricoli, operatori di cooperative sociali, operai metalmeccanici, insomma milioni di lavoratori per i quali la tecnologia (quando c’è) non ha certo rappresentato maggiore indipendenza dal datore di lavoro, semmai un’intensificazione dei ritmi, della pressione psicologica, delle prestazioni richieste, e quindi: un aumento dei rischi e delle malattie professionali (quasi 60.000 quelle denunciate nel 2015, la maggioranza per malattie osteoarticolari e muscolo scheletriche).

Il discorso dei relatori è fin troppo semplice: se un imprenditore ha dato ordine di predisporre tutti i sistemi di sicurezza e di prevenzione necessari, e avviene un incidente, non ha nessuna responsabilità. La colpa è di eventuali preposti alla sicurezza o dell’operaio stesso. Ma un operaio pressato dai propri superiori, al quale vengono fatte svolgere mansioni che non gli competono (e quindi, per cui non ha avuto la formazione necessaria), a cui viene detto di non tener conto di normative considerate esagerate perché il tempo è denaro, è veramente responsabile delle sue azioni? Un operaio a cui viene detto “questa è la minestra, se non la vuoi dietro di te c’è la fila” è veramente responsabile di quanto gli accade?

Finora no, la responsabilità era comunque del datore di lavoro, dev’essere sua cura (o di suoi agenti) approntare i sistemi di prevenzione, fornire i dispositivi di protezione, vigilare che vengano utilizzati, garantire la formazione in corsi certificati. Norme in tanti casi eluse, anche per la carenza dell’attività ispettiva: nel 2015 sono state solo 21.000 le aziende controllate dall’INAIL, di queste l’87% registrava irregolarità, 61.000 i lavoratori non in regola, più di 6.500 i lavoratori totalmente in nero.

Ma per i relatori il problema non è questo, ma ridurre le sanzioni per i padroni, e lo dicono chiaramente: oggi la sicurezza è “un accessorio burocratico detestato perché subito dal timore di sanzioni sproporzionate”.

Detestato anche perché negli allegati al testo le misure di sicurezza da prendere sono prescritte nei particolari, caso per caso. Una volta abrogati questi allegati, la prescrizione spetterà allo stesso “professionista” incaricato della certificazione: la valutazione di come eliminare i rischi non spetterà più al legislatore, ma ad un privato pagato dall’impresa.

Nel processo di “disboscamento” del Testo Unico (si passa da 306 articoli e 51 allegati a 22 articoli e 5 allegati), i cambiamenti principali sono:

  • eliminazione della valutazione dei rischi e della definizione delle misure di prevenzione e protezione e sostituzione con una “certificazione” redatta da un professionista (tecnico della prevenzione e/o medico del lavoro) pagato dal datore di lavoro;
  • deresponsabilizzazione del datore di lavoro in relazione a infortuni e a malattie professionali, se avrà dimostrato, tramite la “certificazione”, di avere adempiuto agli obblighi di legge;
  • sostanziale eliminazione dell’obbligo di vigilanza a capo del datore di lavoro e trasferimento della responsabilità a dirigenti, preposti e lavoratori stessi;
  • sgravi fiscali per le aziende “virtuose”, sempre sulla base della semplice “certificazione” del professionista;
  • riduzione delle sanzioni, con l’introduzione, in caso di violazioni, di “disposizioni esecutive”. Le sanzioni ci saranno solo in caso di mancato rispetto di queste ultime.

Inoltre, come si legge dal commento alla proposta di legge scritto da Medicina Democratica

http://www.medicinademocratica.org/wp/?p=3711

il nuovo testo è occasione per abbassare ulteriormente le tutele di lavoratori “formalmente” autonomi e saltuari: si arriva infatti a tutelare la “persona impiegata in modo non episodico per attività di lavoro”, un concetto totalmente differente da quello esistente in cui la tutela è “universale” qualunque sia la forma e la durata della prestazione lavorativa ed è legata principalmente ad un qualunque rapporto di subordinazione con un “datore di lavoro”.

Purtroppo le motivazioni di quest’ennesimo attacco alla condizione di chi lavora sono evidenti: la tutela della salute dei lavoratori è un costo da abbattere per le aziende, specialmente se le conseguenze si vedono a distanza di anni.

Come spiega un tecnico della sicurezza in questo approfondimento su salute e sicurezza sul lavoro di Corrispondenze Operaie:

http://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/speciale-salute-e-sicurezza-sul-lavoro

“tutti gli obblighi a tutela dei lavoratori sono visti dall’azienda come un costo. Perché fare formazione ai lavoratori ha un costo, aggiornare le macchine secondo le nuove normative ha un costo” e sono spese che le aziende vogliono tagliare, perché non comportano un profitto.

Questa riforma è appena stata presentata, parliamone con i colleghi sul posto di lavoro, organizziamoci per non farla passare e per esigere che le norme sulla sicurezza vigenti vengano rispettate, facciamo pressione sui sindacati perché non accettino compromessi al ribasso. Non accettiamo sconti sulla nostra salute!

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QUALCHE DOMANDA SUL DISEGNO DI LEGGE SACCONI-FUCKSIA

da Associazione Ruggero Toffolutti per la sicurezza nei luoghi di lavoro

http://www.ruggero-toffolutti.org

4 settembre 2016

QUALCHE DOMANDA SUL DISEGNO DI LEGGE SACCONI-FUCKSIA

E ANCHE SU MALATTIE PROFESSIONALI E ORGANICI NEI SERVIZI DI CONTROLLO ASL ARPAT

Alla cortese attenzione dell’Assessore alla Sicurezza dei luoghi di lavoro, Claudio Capuano

https://www.facebook.com/groups/417047635121126/?fref=ts

Gentile assessore, ci rivolgiamo a lei per tre motivi.

Come le comunicammo nel nostro primo incontro, poco dopo il suo insediamento di alcuni anni fa, i tentativi di depotenziare le normative sulla sicurezza e sull’igiene dei luoghi di lavoro, sono frequenti e ci preoccupano.

Anche in questi giorni registriamo un nuovo attacco firmato dal solito senatore Sacconi e dalla senatrice Fucksia.

Il loro disegno di legge dispone innanzitutto l’abrogazione del Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08) e la sua sostituzione con un articolato che prevede modifiche pericolosissime. Perché, come confermano autorevoli addetti ai lavori, interviene sulle responsabilità oggettive dei datori di lavoro, introducendo anche la “responsabilità” in qualche modo esimente di lavoratori e preposti. E configura un sistema del tutto diverso basato sul principio della certificazione della corretta applicazione delle norme da parte di professionisti presunti “terzi” seppur retribuiti dai datori di lavoro stessi. Non male, vero?

Si propone anche un differente sistema di recepimento “in peius” delle normative europee, impedendo di fatto la possibilità di migliorare a livello nazionale le disposizioni comunitarie.

Resta inoltre sconosciuto il ruolo assegnato ad esempio all’INAIL e al nuovo Ispettorato Unico all’interno del sistema di prevenzione. Nuovo Ispettorato su cui continuiamo a nutrire perplessità.

Se questo confuso progetto arriverà ad affrontare l’iter parlamentare riteniamo debba esserci una forte opposizione da parte di quanti si sentono impegnati realmente sui temi della salute e della sicurezza dei lavoratori e non si limitano a manifestare il classico sdegno post mortem.

Siamo quindi a chiederle di intervenire con gli strumenti in suo possesso contro un disegno di questa specie nelle sedi che riterrà opportune. Magari, come aveva già annunciato in passato, a confrontarsi con altri colleghi della zona per esprimere un’opposizione congiunta con ordini del giorno discussi nei singoli consigli comunali.

Il secondo argomento riguarda lo stato di attuazione del registro tumori. Vorremmo fossero ben focalizzate al suo interno le patologie riconducibili all’amianto e ad altre sostanze pericolose presenti nelle lavorazioni e che quindi possono costituire un rischio anche fuori dai luoghi di lavoro.

Sarebbe utile, infine, conoscere la consistenza del personale ASL e ARPAT addetto ai controlli, il suo andamento negli anni e sapere se, in vista dei progetti di ampliamento della discarica di Ischia di Crociano e l’arrivo di rifiuti pericolosi, amianto incluso, nonché dei progetti AFERPI, non sia utile un potenziamento dei servizi di prevenzione.

Fermo restando che, dal nostro punto di vista, progetti di questo genere debbono essere sottoposti a valutazioni di impatto ambientale.

Ci rendiamo disponibili per un incontro e ringraziamo dell’attenzione.

Associazione Ruggero Toffolutti per la sicurezza dei luoghi di lavoro

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LAVORO, RIPARTE L’ATTACCO AI DIRITTI SULLA SICUREZZA SUL LAVORO

Da Controlacrisi

http://www.controlacrisi.org

27 agosto 2016

LAVORO, RIPARTE L’ATTACCO AI DIRITTI SULLA SICUREZZA SUL LAVORO

PRONTO UN DISEGNO DI LEGGE CHE SOTTRAE RESPONSABILITA’ AGLI IMPRENDITORI

Un Disegno di Legge che promette una “radicale riforma di tutta la disciplina rivolta a garantire la salute e sicurezza dei lavoratori”. Lo ha annunciato Maurizio Sacconi, Presidente della Commissione Lavoro del Senato, che ha presentato insieme alla senatrice Serenella Fuksia, un Disegno di Legge che vuole superare il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/08) che si compone di 306 articoli e 51 allegati e che “si caratterizza per un’eccessiva complessità legislativa e attuativa”.

Si vuole passare, “attraverso la semplificazione, da un approccio formalistico a uno pratico e sostanziale”, spiega Sacconi che aggiunge: “Con questo DdL intendiamo aprire una riflessione sulla tradizionale regolazione del lavoro, prodotta in un tempo in cui prevaleva la produzione seriale e l’attività lavorativa era in conseguenza fortemente standardizzata”.

Le nuove tecnologie digitali, sottolinea Sacconi, “cambiano con veloce progressione il modo di produrre e di lavorare e allo stesso tempo offrono una continua evoluzione delle prassi e delle tecniche con cui rendere più sicuro il lavoro”.

Da qui scaturirebbe la necessità di non rinunciare a tale evoluzione, ma di garantire la sicurezza dei lavoratori con un approccio dinamico e sostanziale, distante dall’attuale disciplina eccessivamente rigida e formalista.

Si rende necessaria, secondo le previsioni del DdL, un’attività di supporto che dovrà essere garantita dai medici del lavoro oppure da altri professionisti del settore, con un ordine di riferimento, oppure da esperti i quali svolgano professioni inerenti salute e sicurezza: costoro dovranno essere iscritti in apposito elenco presso il Ministero del Lavoro che provvederà a verificarne il possesso delle necessarie competenze professionali e di esperienza.

Saranno tali professionisti che, sotto la propria responsabilità, si occuperanno di certificare e valutare le misure di prevenzione e protezione adottate dall’azienda. Affidare la certificazione a un soggetto terzo, spiega la relazione che accompagna il disegno di legge, “permetterà una notevolissima riduzione della documentazione necessaria per dimostrare l’adempimento agli obblighi di legge da parte del datore di lavoro”. Saranno gli organi di vigilanza e la magistratura a intervenire in caso di colpa professionale nel rendere la certificazione, oppure se emergano false dichiarazioni e modalità fraudolente.

Inoltre, il DdL priva di responsabilità il datore di lavoro laddove questi ottemperi a tutti gli obblighi su di lui gravanti e se l’evento è provocato da circostanze a lui estranee, eccezionali e imprevedibili, oppure da eventi eccezionali le cui conseguenze sarebbero state comunque inevitabili, nonostante il datore di lavoro si fosse comportato in modo diligente.

In ambito di salute e sicurezza, emerge quindi una sorta di “colpa di organizzazione”: se l’imprenditore dimostra il proprio comportamento diligente, di aver adempiuto efficacemente le misure previste dalla normativa, di aver organizzato in maniera idonea la propria azienda quanto alle esigenze di tutela dei lavoratori, non potrà rispondere penalmente in caso di infortunio che sia derivato da grave negligenza del dirigente, del preposto o del lavoratore.

Il DdL prevede altresì, per agevolare la trasmigrazione dalla vecchia alla nuova disciplina, un periodo transitorio triennale in cui il datore potrà dimostrare di aver adempiuto i propri obblighi previsti dal D.Lgs. 81/08 e si richiede l’intervento del Ministero del Lavoro e dell’INAIL per attuare efficacemente le misure di prevenzione e protezione, possibilmente prevedendo degli sgravi fiscali destinati alle aziende virtuose.

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IL DISEGNO DI LEGGE SULLA SEMPLIFICAZIONE DELLA SICUREZZA SUL LAVORO

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

01 settembre 2016

di Gerardo Porreca

E ci risiamo con le semplificazioni delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Quando fu emanato il Decreto Legge 21/06/13 n. 69, meglio conosciuto come “Decreto del fare”, poi convertito con la Legge 09/08/13 n. 98, con il quale il Governo ha maturato l’intenzione di semplificare le norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro ho avuto modo di esprimere delle perplessità, che tuttora permangono, sul programma di volere apportare delle modifiche che indicate inizialmente come formali sono risultate poi tra l’altro essere in gran parte sostanziali, ad alcune disposizioni di legge in tale materia per il rischio al quale si andava in contro di abbassare il livello di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ora in data 19/07/16 il Presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, ha depositato in Senato un Disegno di Legge, firmato anche dalla senatrice Serenella Fucksia, con lo scopo di riordinare e di semplificare ancor di più il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui al D.Lgs. 81/08.

Sono tante le novità previste dal disegno di legge (DDL) e fra le più rilevanti si riscontrano:

  • una riduzione drastica della struttura del D.Lgs. 81/08 che dagli attuali 306 articoli e 51 allegati passerebbe a 22 articoli e 5 allegati;
  • il riconoscimento di un ruolo dei medici del lavoro e di altri professionisti esperti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, inseriti in appositi elenchi da istituire, di supporto alle funzioni pubbliche con la possibilità di certificare, sotto la propria responsabilità, la correttezza delle misure di prevenzione e protezione adottate dai datori di lavoro;
  • la revisione, in tema di responsabilità, della colpa dei datori di lavoro che andrebbe ritenuta “colpa di organizzazione” con la conseguenza che tale responsabilità verrebbe meno ove i datori di lavoro stessi dimostrino di aver provveduto a organizzare l’azienda in modo corretto rispetto alle esigenze di tutela della salute e della sicurezza dei propri lavoratori: secondo il Disegno di Legge in altre parole i datori di lavoro che dimostrino il proprio diligente comportamento con l’adozione e l’efficace attuazione della normativa, con un’esimente che ricorda tanto quella della responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. 231/01 contenuta nell’articolo 30 del D.Lgs. 81/08, “non possono rispondere penalmente in caso di infortunio che sia derivato da grave negligenza del dirigente, del preposto o del lavoratore”;
  • il riconoscimento della non responsabilità dei datori di lavoro se gli stessi hanno ottemperato ai propri obblighi e se l’evento dannoso per il lavoratore sia risultato dovuto a “circostanze a lui estranee, eccezionali e imprevedibili, o a eventi eccezionali, le cui conseguenze non sarebbero state comunque inevitabili, nonostante il datore di lavoro si sia comportato in modo diligente”;
  • la limitazione dell’intervento degli organi di vigilanza e della magistratura ai soli casi in cui la certificazione fatta dai professionisti venga resa in modo fraudolento, con grave colpa professionale, o per mezzo di false dichiarazioni: il Disegno di Legge prevede comunque, per evitare problemi nel passaggio tra i due diversi “modelli” di gestione della salute e sicurezza, un periodo transitorio di tre anni nel quale al datore di lavoro è consentito anche di dimostrare di avere, in tutto o in parte, adempiuto ai propri obblighi del D.Lgs. 81/08;
  • la previsione di incentivi economici per l’adozione e l’attuazione delle misure organizzative di prevenzione e protezione dai rischi, demandando al Ministero del Lavoro e all’INAIL il compito di individuare modalità e termini per la fruizione di “sensibili” sgravi sui premi assicurativi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Che dire dunque di questo Disegno di Legge? In realtà non si sa da dove cominciare per farne un commento.

Lo stesso contiene alcuni punti positivi, ma anche tanti altri la cui realizzazione appare alquanto utopistica e a volte azzardata.

Il progetto infatti di ridurre il D.Lgs. 81/08, che come è noto ha subìto già numerose integrazioni e che tuttora ha bisogno ancora di ulteriori interventi di chiarimento per una sua corretta applicazione (è stata istituita per questa finalità una Commissione per gli interpelli), a soli 22 articoli e 5 allegati sembra abbastanza ambizioso, ma in realtà è in pratica assolutamente irrealizzabile a meno che non si vuole distruggere l’intero sistema di prevenzione previsto dalle Direttive europee.

L’affidare a medici e a professionisti interni ed esterni la certificazione della regolarità delle condizioni di sicurezza nell’ambito delle aziende sembra più una sorta di scaricabarile e un tentativo di deresponsabilizzare in parte il datore di lavoro che in fondo è e rimane il primo garante della sicurezza nei luoghi di lavoro, e di addossare in pratica delle sue responsabilità alle figure intermedie aziendali (dirigenti, preposti e gli stessi lavoratori) e alle figure professionali interne o esterne dei certificatori i quali, nel caso di infortuni e di malattie professionali legati a specifiche carenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, risponderebbero in primis per avere certificato come idonee le condizioni di sicurezza che non erano tali.

Appare un po’ eccessivo, infatti, ridurre o eliminare le responsabilità del datore di lavoro solo se questi dimostra di avere posto in essere tutte le misure organizzative idonee rispetto alle esigenze di tutela dei propri lavoratori dipendenti e bisognerebbe vedere anche cosa ne pensano in merito i giuristi e i gestori della giustizia penale.

Discutibile sembra inoltre il volere rivedere o più propriamente il volere abolire l’istituto della “prescrizione” di cui al D.Lgs. 758/94 attualmente vigente, istituto che è risultato essere necessario per garantirsi dell’applicazione delle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro, e impensabile sarebbe l’obiettivo di volere valorizzare invece oltre modo l’istituto della “disposizione” da parte degli organi di vigilanza fino al punto addirittura assurdamente di penalizzare non più le inadempienze alle norme di sicurezza stesse, come ora avviene, ma l’inottemperanza alle “disposizioni” dettate dagli ispettori.

Con l’introduzione di un sistema del genere (e lasciate che ve lo dica uno che nel campo della vigilanza ispettiva ha operato per decenni) si correrebbe il rischio in sostanza che i datori di lavoro, considerata la nota carenza della vigilanza pubblica e l’esiguità delle strutture ispettive, non sarebbero incentivati ad adottare gli interventi di sicurezza necessari in quanto per essi sarebbe più conveniente e più comodo aspettare gli eventuali provvedimenti degli organi di vigilanza, che nei loro interventi dovrebbero fornire, secondo le intenzioni del Disegno di Legge, tutte le indicazioni indispensabili (anche questo difficilmente realizzabile), piuttosto che adottare nei luoghi di lavoro delle misure di prevenzione che casomai sono urgenti e indifferibili.

Se tale Disegno di Legge fosse attuato si passerebbe in sostanza da un sistema fondato sul controllo pubblico e diretto sul campo delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro a un sistema di autocontrollo, di autocertificazioni e di dichiarazioni di parte con i risultati che si possono facilmente immaginare. Basti pensare a quanto è accaduto con il sistema delle autocertificazioni della valutazione dei rischi che per fortuna ora è stato abrogato.

Dalla lettura del disegno di legge emerge altresì una contraddizione fra il programma di volere depauperare il D.Lgs. 81/08 delle specifiche indicazioni tecniche in esso contenute, falcidiandolo così come previsto, e l’obiettivo di affidare ai professionisti certificatori l’onere di asseverare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro il quale richiede al contrario la necessità di riferimenti più specifici, più tecnici e più particolari.

E’ di insegnamento del resto l’esperienza fatta nel campo dell’antincendio nel quale si è riscontrato che da quando si è voluto affidare a professionisti il controllo della prevenzione incendi nei luoghi di lavoro si è assistito ad un notevole incremento di norme tecniche specifiche necessarie per dare agli stessi un sicuro riferimento per lo svolgimento della loro attività.

Di positivo nel Disegno di Legge si riscontra, invece, l’intenzione di prevedere incentivi economici per l’adozione e l’attuazione delle misure organizzative di prevenzione e protezione dai rischi, ma poi si va a scoprire che è un obiettivo atavico già previsto dal D.Lgs. 81/08 e mai messo in atto, e di demandare al Ministero del Lavoro ed all’INAIL il compito di individuare le modalità e i termini per la fruizione di “sensibili” sgravi sui premi assicurativi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

E’ vero infine che, per quanto si può leggere nell’articolo 20 del Disegno di Legge, la semplificazione riguarderebbe per il momento solo il Titolo I del D.Lgs. 81/08 in quanto lo stesso Disegno di Legge prevede degli interventi legislativi per l’abrogazione e la sostituzione degli altri Titoli, ma se tanto mi dà tanto e se pensiamo ai “tempi biblici” necessari per l’approvazione in Italia delle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro non c’è da aspettarsi proprio niente di buono.

Sarebbe proprio opportuno quindi, ma neanche questo sarebbe una novità, che questo Disegno di Legge rimanesse nei cassetti del Parlamento.

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LA SEMPLIFICAZIONE DELLE LEGGI E’ UNA NECESSITA’, MA CON QUALI LIMITI?

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

08 settembre 2016

di Alessandro Mazzeranghi

Le responsabilità, il ruolo, l’esimente del datore di lavoro e una piccola conclusione: ovvero le cautele da adottare.

Mi trovo, non per la prima volta, a dissentire con il taglio che il senatore Sacconi tende a dare alla questione della semplificazione in materia di sicurezza; o forse mi sfuggono aspetti che invece dovrebbero essermi chiari?

Sarebbe bellissimo se il senatore volesse aprire un dialogo con gli esperti di prevenzione che operano sul campo, quelli che conoscono la realtà e non solo la teoria.

Detto questo mi permetto di dire la mia sulla questione, da convintissimo fautore della semplificazione. Evidentemente sono le piccole note personali di un tecnico che si occupa di salute, sicurezza e organizzazione nei luoghi di lavoro, riflessioni personali anche un po’ disarticolate perché la materia mi pare molto complessa.

LE RESPONSABILITA’ (IL RUOLO DEL DATORE DI LAVORO)

Pensare di indebolire il ruolo reale del datore di lavoro, creando schermi protettivi tramite l’invenzione di nuove figure, mi pare assolutamente improprio. Piuttosto circoscriverei maggiormente il ruolo del datore di lavoro alle vere scelte manageriali. Ho sempre capito le motivazioni, ma ho sempre ritenuto obbrobriosa, la attribuzione al datore di lavoro della valutazione dei rischi, quale obbligo non delegabile. Il datore di lavoro DEVE fare valutare i rischi a una persona competente (che potrebbe essere il RSPP) e sulla base della valutazione DEVE PERSONALMENTE stabilire gli investimenti (entità e programmazione) per l’adeguamento o il miglioramento della sicurezza. E’ ridicolo fingere che il datore di lavoro abbia un obbligo valutativo per cui non ha competenze o altro. E’ anche ovvio che una organizzazione come quella descritta eleva notevolmente le responsabilità e la professionalità richiesta agli RSPP che dovrebbero, loro stessi, proporre al datore di lavoro le possibili e idonee azioni di adeguamento e miglioramento.

Vedo già il timore che il datore di lavoro costringa gli RSPP a falsificare la valutazione dei rischi per spendere meno; ebbene, sarebbe reato da parte di entrambi, e questo si andrebbe perseguito, ove fosse provato senza ombra di dubbio.

Ora, io non ho fatto tanti discorsi su altre figure, gli specialisti esterni che dovrebbero attestare che le misure adottate da una azienda sono adeguate. Non le ho fatte perché non credo che sia possibile. Per dare un giudizio “vincolante” (e quindi necessariamente completo, oltre che ovviamente corretto tecnicamente) sulle condizioni di sicurezza di una azienda ci vogliono attenzione, approfondimento, competenze specifiche diversificate, in una parola TEMPO E RISORSE. Un esterno, per una mera questione di non conoscenza, non può dare un giudizio a 360° su una azienda mediamente complessa.

Ovvio invece che il RSPP, nella organizzazione da me immaginata, si possa e si debba avvalere (in funzione della complessità aziendale) di specialisti esterni per quei temi sui quali lui stesso non è uno specialista.

In questo si andrebbe ad inserire l’annosa questione della identificazione del datore di lavoro. La definizione all’articolo 2 del D.Lgs. 81/08 è chiara e, a mio avviso, perfetta nel correlare il ruolo ai poteri effettivi di intervento sulla azienda (potere di spesa e potere di organizzazione). La variante di identificare come datore di lavoro il responsabile della unità operativa vale e varrebbe solo nel caso che a tale soggetto siano stati dati i poteri necessari. Quello che mi soddisfa di questo meccanismo (spesso utilizzato impropriamente) è che esiste una perfetta relazione fra poteri, ruolo e responsabilità, e che nulla obbliga a fare eseguire al datore di lavoro il processo di valutazione dei rischi, mentre invece il datore di lavoro è, per definizione, colui che decide quanto “spendere”.

L’ESIMENTE PER IL DATORE DI LAVORO

Pare che uno dei punti importanti sia l’esenzione da responsabilità del datore di lavoro che ha dato alla sua azienda una organizzazione adeguata ed effettivamente attuata, in materia di prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni. Qualcosa di simile all’attuale articolo 30, ma esteso alla persona fisica del datore di lavoro invece che alla persona giuridica della azienda.

Ho sentito commenti diversi, anche parecchio negativi; io sono invece assai favorevole a questa che vedo come una fondamentale chiarificazione.

Se un datore di lavoro organizza bene la propria azienda, e la “costringe a operare” nel rispetto della organizzazione stabilita, è evidente che non si toglie ogni responsabilità, ma dovrà essere ritenuto responsabile per gli atti di sua competenza (errori nella definizione della organizzazione o insufficienti risorse finanziarie concesse per adeguare o migliorare i livelli di salute e sicurezza), ma per il resto di quale colpa lo si potrebbe/dovrebbe imputare?

Se un dirigente non fa il suo dovere, peraltro ben stabilito dal datore di lavoro e accettato dal dirigente (la famosa articolazione di funzioni dell’articolo 30), perché il datore di lavoro dovrebbe essere responsabile di questa grave violazione del dirigente?

Dite della vigilanza? Si, verissimo, la vigilanza è lo strumento necessario per fare applicare la organizzazione, è una questione aperta (specie per le aziende che hanno adottato un modello ex D.Lgs. 231/01) e sarebbe importante chiarire bene la questione per evitare interminabili discussioni filosofiche. Direi che il legislatore farebbe un grande servizio alle aziende se riuscisse, qualora la semplificazione del Testo Unico andasse avanti, a spiegare bene cosa vuole in termini di vigilanza.

Quindi, dicevo, una buona organizzazione (adeguata e applicata) è una cosa utile alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, a mio avviso dovrebbe essere un obbligo da imporre al datore di lavoro, e ritengo giusto che il datore di lavoro stesso ne abbia un piccolo vantaggio personale in termine di riduzione delle responsabilità.

LA COMPLESSITA’ DEL TESTO DI LEGGE

Per prima cosa il D.Lgs. 81/08 discende dal recepimento di una serie di Direttive europee (sociali) sulla salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro. Ogni volta che ho confrontato i testi delle Direttive con i nostri recepimenti ho avuto modo di osservare che detti recepimenti erano piuttosto fedeli all’originale. Certo, in virtù delle regole europee sui recepimenti delle Direttive sociali, ci possono essere delle aggiunte, basta che non inficino lo spirito (la logica) delle Direttive originarie. E di aggiunte ne abbiamo, per esempio gli allegati IV, V e VI del Decreto sono in gran parte ripresi dalle leggi nazionali degli anni ‘50.

La complessità dell’insieme, però, deve essere attribuita principalmente alle fonti europee che sono state “travolte” dall’ansia di regolamentare PER LEGGE anche aspetti tecnici che sarebbero stati assai meglio all’interno di una norma tecnica. Mi viene il sospetto che il passo indietro debba avvenire prima e/o anche a livello comunitario. Però ben vengano le proposte!

Quale strategia si potrebbe adottare per ridurre la complessità della legge? Secondo me ci sono vari fronti da considerare:

  • PRIMO LIVELLO Una parte fondamentale del testo contiene la definizione delle responsabilità, rispetto a tutti i rischi; tale parte viene arricchita nei diversi titoli specifici dando ulteriori indicazioni sulle responsabilità specifiche per un determinato rischio. Questa organizzazione del testo può servire se le Direttive di origine vengono recepite separatamente, altrimenti può e seve essere radicalmente semplificata perché per ogni rischio si applica lo stesso processo logico (dalla valutazione dei rischi alle misure di eliminazione/riduzione/controllo degli stessi), e quindi il processo andrebbe descritto bene, ma una volta sola.
  • SECONDO LIVELLO Poi i titoli specifici vanno a dire i principi di valutazione/prevenzione/ protezione da considerare per i rischi a cui si riferiscono, e qui la differenziazione ha un valore assolutamente imprescindibile, vista la molteplicità di tematiche e situazioni assai diverse fra loro. Quindi pur vedendo di buon occhio un miglioramento/omogeneizzazione dei testi non credo ci sia molto da cambiare, nella sostanza.
  • TERZO LIVELLO Infine, sempre i titoli specifici, si disperdono spesso nel dare prescrizioni tecniche utilissime per la prevenzione/protezione/controllo dei rischi, ma più adatte a una norma tecnica che a una legge. Come noto la legge ingessa le indicazioni tecniche, la norma fornisce una presunzione di conformità ma lascia spazio a soluzioni alternative di pari o maggiore efficacia. Queste parti sono certamente da riconsiderare attentamente.
  • QUARTO LIVELLO Non mi interessa qui la questione, ma naturalmente non posso omettere di dire che nel D.Lgs. 81/08 ci sono anche le sanzioni per il mancato rispetto delle prescrizioni previste al suo interno.

Se provassimo a catalogare gli articoli e i commi del D.Lgs. 81/08, vedremmo che le parti che afferiscono a quello che ho chiamato terzo livello sono maggioritarie, specie se prendiamo in considerazione anche gli allegati. Quindi la possibilità di una notevolissima semplificazione esisterebbe, spostando una parte considerevole di contenuti su un livello diverso da quello legislativo, e armonizzando meglio tutto il resto. I famosi numeri dati dal senatore Sacconi (quanti articoli e quanti allegati) mi sembrano un po’ bassini, ma poi dipende come quanto vengono “riempiti”.

DELINEARE MEGLIO I REQUISITI ORGANIZZATIVI

Se un lavoratore subisce un infortunio a seguito di un errore da lui stesso commesso, pur a fronte di procedure, istruzioni, addestramento che tutti indicavano un diverso modo di procedere, di chi è la colpa? Le risposte che mi aspetto da questa domandina (banale ma tanto frequente) sono svariate e diverse fra loro; ovviamente quelle che esemplifico ora sarebbero delle ipotesi di lavoro che poi andrebbero confermate o smentite tramite una seria indagine:

  • potrebbe esserci un problema nella valutazione dei rischi (rischio non valutato), ovviamente con colpa del datore di lavoro;
  • potrebbe essere colpa del lavoratore che, pur cosciente dei rischi, ha violato le regole di controllo degli stessi per ragioni sue (fare meno fatica, fare prima…);
  • potrebbe esserci colpa del preposto che non ha vigilato sufficientemente;
  • potrebbe nascere tutto da un difetto di formazione;

Il fatto che voglio evidenziare è che un evento negativo mette comunque in discussione la organizzazione aziendale, o almeno alcune parti della stessa. Se il lavoratore commette una violazione pericolosa ci sono poche alternative: o ignora il rischio (in senso proprio, ovvero non ne è a conoscenza) o è avventato (anche qui c’è un elemento conoscitivo carente) oppure non è lì con la testa (totale incapacità di riconoscere i rischi, distrazione e altro ancora). Qualche pezzettino di organizzazione che non ha funzionato si potrebbe sempre ipotizzare, salvo poi eventualmente scartare tale ipotesi a fronte di un approfondimento dei fatti.

Sarebbe quindi utile che là dove si voglia mettere mano seriamente al Testo Unico, si facesse prima di tutto un bel lavoro sui requisiti organizzativi che ci si aspetta di trovare almeno nelle aziende virtuose (io ho già detto che una buona organizzazione della sicurezza dovrebbe essere un obbligo). Altrimenti una iniziativa potenzialmente utilissima ci riporterebbe ad una condizione di incertezza di cui ben conosciamo le conseguenze nefaste sulla effettività della prevenzione e della protezione.

DARE POCHE REGOLE ALLE AZIENDE ITALIANE…

Con tutto quello che segue: se le regole sono poche nessuno farà uno sforzo per andare oltre; gli imprenditori italiani sui temi della salute e della sicurezza tendono a fare il meno possibile; ci dovrebbe essere un controllo molto più capillare!

Se crediamo che le aziende italiane siano roba da scantinato, quasi da terzo mondo, commettiamo un errore fondamentale. Gli imprenditori vogliono fortemente fare il loro lavoro, gli imprenditori sono forse i soggetti meno preoccupati dalle responsabilità, perché prendere buone decisioni è il loro mestiere (altrimenti fallirebbero); più facile che siano altri i “soggetti della prevenzione” che cercano in ogni modo di svicolare di fronte a responsabilità anche solo potenziali. Poi in tutti i cesti ci sono le eccezioni, ovviamente.

Due articoli del D.Lgs. 81/08 che mi piacciono davvero poco sono il 18 e il 19, questi insieme alla definizione di preposto data dall’articolo 2. Non rappresentano la realtà (il preposto non è l’esecutore stupido che si legge all’articolo 2 e che si conferma all’articolo 19), inoltre l’articolo 18 scegliendo di inserire molti dettagli alla fine risulta incompleto.

Noi che ci occupiamo di organizzazione aziendale abbiamo bisogno di qualcosa di molto più chiaro; vi assicuro che cercare di spiegare a un dirigente le sue responsabilità, assegnate o di fatto, non è proprio semplice e divertente; si combatte con un pensiero sgradevole: “qui qualcuno cerca di fregarmi rifilandomi responsabilità che non mi spetterebbero”.

Un buon lavoro per delineare la organizzazione della sicurezza in una generica organizzazione sarebbe davvero un passo importante; sono certo che la Commissione ha preso sotto esame questo aspetto, che poi è una delle richieste implicite, ma fondamentali, delle aziende.

UNA PICCOLA CONCLUSIONE: OVVERO LE CAUTELE DA ADOTTARE

Non ostante le perplessità espresse io credo che quanto fatto sia un passo avanti importante, nella giusta direttiva. Diciamo che punta nella direzione giusta, ora si tratta di mirare bene.

Ci sono però alcune trappole sul cammino, che bisognerebbe evitare:

  • prima di tutto evitare di violare le regole europee sul recepimento delle Direttive.
  • evitare di sviluppare in eccesso quelle parti tecniche della legge che potrebbero apparire più importanti per la lotta alle malattie professionali e agli infortuni (i cantieri?)
  • non inserire nella legge contenuti tecnici non strettamente indispensabili, ma piuttosto partire subito con una opera di normazione tecnica per i settori che si possono ritenere scoperti (per esempio le macchine antecedenti alla marcatura CE).

Coordinare e armonizzare tutte le iniziative necessarie per ridisegnare in forma più semplice e fruibile la legislazione e la normativa sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro non sarà un compito semplice. Ma è necessario; quindi davvero grazie a tutti coloro che si stanno impegnando in questo sforzo.

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DISEGNO DI LEGGE DI SEMPLIFICAZIONE SICUREZZA LAVORO

Da Portale Consulenti

http://www.portaleconsulenti.it

2 agosto 2016

Depositato in Commissione Lavoro del Senato un Disegno di Legge per la semplificazione della disciplina sulla sicurezza sul lavoro.

Il 19 luglio 2016, insieme alla senatrice Serenella Fucksia, medico del lavoro, il Presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi ha depositato un Disegno di Legge di radicale riforma di tutta la disciplina rivolta a garantire la salute e sicurezza dei lavoratori.

Secondo Sacconi “dal 2013, ovvero dall’inizio di questa legislatura, sono maturati comuni convinzioni attraverso il dialogo diretto e la partecipazione a numerosi incontri di elaborazione promossi da ambienti tecnici e scientifici sull’argomento”.

Il Disegno di Legge prevede che l’attività di supporto sia garantita dai medici del lavoro o da altri professionisti esperti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che sotto la propria responsabilità potranno certificare la correttezza delle misure di prevenzione e protezione in azienda. La platea è composta da professionisti con un ordine di riferimento o esperti che svolgono professioni relative alla salute e sicurezza, iscritti a un elenco presso il Ministero del Lavoro previa verifica del possesso di determinati requisiti professionali e di esperienza.

La semplificazione della disciplina ridurrebbe gli attuali 306 articoli e 51 allegati previsti dal D.Lgs. 81/08 a soli 22 articoli e 5 allegati.

Contestualmente cambia anche la responsabilità del datore di lavoro, rielaborata dal Disegno di Legge come “colpa da organizzazione”, che non sussiste qualora il datore dimostri di aver adottato tutte le misure organizzative idonee rispetto alle esigenze di tutela dei lavoratori.

Il Disegno di Legge prevede un mutamento della logica sottesa alla normativa sulla sicurezza sul lavoro, che oggi è concettualmente fondata sul modello della produzione industriale meccanizzata e sulla standardizzazione delle mansioni lavorative.

Secondo la Commissione, questo modello prevede (erroneamente) un’applicazione omogenea delle norme a tutti gli insediamenti produttivi indipendentemente dalle dimensioni dei luoghi di lavoro e dai dati infortunistici di riferimento.

Dal punto di vista repressivo e sanzionatorio, il Disegno di Legge dispone, la “razionalizzazione” delle sanzioni. Si dispone infatti che (in sede di vigilanza) gli Ispettori potranno dettare disposizioni esecutive ai datori di lavoro, comunque impugnabili ma il mancato rispetto delle quali comporterà l’arresto fino a 12 mesi e una sanzione di € 10.000 per ciascuna disposizione non attuata.

 

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