SCIENZA E VACCINAZIONI: ASPETTI CRITICI E PROBLEMI APERTI

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L’approfondito e aperto documento proposto dal Prof. Paolo Bellavite (Professore Associato di Patologia Generale, Università degli Studi di Verona) merita una lettura integrale e attenta sia per una visione di insieme che di dettaglio -raramente disponibili per il pubblico – sulla storia e il ruolo dei singoli vaccini sia per la presentazione del contesto sociale e “tecnico” correlati.

Lo riproponiamo integralmente nel file allegato e riportiamo sotto il capitolo delle conclusioni.

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6. CONCLUSIONI E PROPOSTE
In questo lavoro non si è effettuata una rassegna sistematica sulle vaccinazioni, cosa impossibile
data la vastità dell’argomento. Si è piuttosto cercato di mettere in luce gli aspetti scientifici e
giuridici più controversi e dibattuti con cui si confronta il medico quando deve consigliare il suo
paziente o la cittadinanza sulle varie problematiche che si pongono nella scelta se, quando e come
sottoporsi ad un vaccino.
La scienza ha fatto molti passi avanti e nel contempo nuovi problemi sono emersi. In generale, si
può sostenere che il rapporto tra benefici e rischi è ancora vantaggio della raccomandazione a
vaccinarsi, ma tale rapporto varia secondo il tipo di vaccino, le modalità di somministrazione e
ovviamente il soggetto da vaccinare. Da una parte non sarebbe accettabile una posizione
“ideologica” di rifiuto generalizzato dei vaccini, dall’altra le incertezze sull’effettività di alcuni vaccini
nel contesto epidemiologico attuale, sul ruolo dell’effetto “gregge” nella auspicabile eradicazione
delle malattie e sui sistemi di segnalazione degli effetti indesiderati consigliano di procedere senza
forzature. Tali forzature sarebbero rappresentate da un’estensione degli obblighi vaccinali in
assenza di reali pericoli o da un divieto ai medici di manifestare posizioni critiche su alcune
politiche vaccinali.
È certo che il medico, anche se non può essere definito uno “scienziato”, deve attenersi alle
evidenze scientifiche disponibili. Quanto è stato qui riportato è sufficiente per dimostrare che nel
campo della vaccinologia esistono molti problemi complessi che sono giustamente dibattuti.
Contrariamente a quanto si sente dire persino da alcune autorità sanitarie, le evidenze scientifiche
sicure di efficacia (nel senso precisamente sviluppato dalla farmacologia moderna, e.b.m.), sulle
quali puntare per dirimere le questioni, sono scarse. Il fatto che alcune tra le massime autorità
sanitarie diffondano notizie allarmistiche sui rischi di ritorno di malattie infettive (difterite, polio) e
troppo positive a riguardo dell’efficacia dei vaccini (influenza) non è giustificabile neppure come
tentativo di contrastare le notizie di senso opposto diffuse dai circoli antivaccinatori. Il caso
dell’autismo è stato preso ad esempio della disinformazione in questo settore, ma il modo con cui
è stato utilizzato e distorto (fino a far credere che il dr. Wakefield sia stato radiato per falsità
scientifiche, mentre in realtà è stato vittima di una errata interpretazione dei suoi dati e di una
campagna di stampa orchestrata dalle case produttrici dei vaccini) lascia intendere fino a che
punto l’informazione che arriva al pubblico e anche ai medici sia parziale e fuorviante. La presenza
di numerosi e facilmente identificabili conflitti di interesse nel campo delle produzione,
commercializzazione e propaganda dei vaccini invita ad una ulteriore cutela nel valutare le notizie
che si leggono o che si sentono.

Se a tale costatazione si aggiunge il fatto che il medico ha a che fare con persone e non solo con
problemi scientifici generali, si deve concludere che l’intera professione è in una posizione
particolarmente difficile e delicata. Tutto ciò raccomanda dialogo e prudenza, evitando in questo
periodo rotture e demonizzazioni delle posizioni altrui. Decisioni rigide e drastiche, eventualmente
suggerite da opinioni “esperti” nel nome di un ”interesse collettivo” o di una semplice plausibilità
ma senza solide evidenze scientifiche, potrebbero rivelarsi controproducenti e nuocere al rapporto
di fiducia tra medici e cittadini. In nome dei vaccini non si può rinunziare ai capisaldi della nostra
Costituzione repubblicana, cioè ai diritti fondamentali a partire dall’autodeterminazione e dal diritto
alla salute, fino alla libertà di manifestazione del pensiero e alla liberta della scienza e dell’arte. Se
è democrazia, non può essere tecnocrazia. Famosi propugnatori dei vaccini (molti dei quali
detentori di brevetti) sostengono che “la scienza non è democratica” o che “il vaccino non è
un’opinione” e questi slogans si sentono ripetere spesso. Si tratta di slogans totalmente privi di
qualsiasi fondamento nella storia della medicina e della scienza, che nessuno scienziato “vero” si
sentirebbe di sottoscrivere. Il primo dei due, se non viene smascherata come una semplice idiozia
(visto che si paragona un sistema di conoscenza con un sistema politico). Deve essere
smascherata coma una pericolosissima idea che prelude al più bieco statalismo che usa non la
“scienza” ma il potere tecnocratico contro il popolo. Il secondo slogan è accattivante ma non ha
alcun fondamento logico, né scientifico. Non ha fondamento logico perché la frase stessa è una
opinione personale di un “esperto” e per quanto tale signore sia famoso non cambia la sua natura
di opinione; non ha alcuna validità scientifica perché qualsiasi scienziato sa che la ricerca fornisce
dei DATI (“results”) i quali SEMPRE meritano una interpretazione (“discussion”) la quale deve
essere critica e in quanto tale deve esprimere una opinione sugli stessi. Opinione non vuol dire
arbitrio o falsità, vuol dire interpretazione dei dati.
Il paziente non è oggetto ma è soggetto, alla pari del medico. Il medico è strumento di un’allenza
terapeutica in cui il paziente è pure decisivo nella stabilire cosa sia la sua salute, cosa sia la sua
malattia, cosa possa ammettersi come sua cura. Il dissenso motivato è costitutivo della
democrazia, non può essere eliminato dalle manifestazioni di pensiero e di scienza, né dalle
estrinsecazioni del diritto al salute, né dalla scienza medica in action, e quindi nemmeno
dall’alleanza terapeutica tra medico e paziente.
La scienza medica e la politica sanitaria sono chiamate anche alla sfida di saper
informare/persuadere correttamente in modo tale che i singoli e la collettività apprezzino
consapevolmente i vantaggi della vaccinazione e i suoi riflessi sulla salute individuale e sociale.
Tale opera di informazione presuppone che sia fugato il persistente e non infondato dubbio che in
materia di vaccini gravino dalla parte dei medici e delle istituzioni competenti in materia sanitaria
intensi e molteplici conflitti di interesse che, non essendo nemmeno dichiarati, pregiudicano da sé
l’attendibilità dell’informazione che viene data. Tanto più la pregiudicano quando, come nel caso
del Documento sui vaccini 2016 della FNOMCeO, che ha costituito in questo libro il caso-pilota da risolvere, l’infomazione è corredata da clamorosi, ingiustificati silenzi, notizie non corrispondenti
alla realtà, affermazioni distorsive di vario genere e natura.
I principali punti qui illustrati possono essere così riassunti schematicamente:
1. Le vaccinazioni hanno certamente contribuito alla lotta contro le malattie infettive, ma le mutate
condizioni storiche, sociali, epidemiologiche richiedono una continua revisione della loro utilità
in termini di rapporto rischio/beneficio. Il fatto che le malattie infettive per le quali esistono i
vaccini (e anche quelle per cui non esistono) fossero in forte calo prima che i vaccini stessi
venissero introdotti e che il calo si sia verificato grazie alle migliori condizioni igieniche ed
economiche generali è indubbio. Le malattie non dipendono solo dalla presenza dei microbi ma
da molte altre variabili individuali,sociali, ecoomiche. Né le malattie infettive si evitano solo con
i vaccini, esistendo anche varie misure di profilassi e di terapia. Ciò suggerisce che la
vaccinazione debba essere inserita in un’ampia e flessibile politica di prevenzione, che si
adatta alle reali patologie prevalenti e ai reali fattori di rischio.
2. Oggi le disparità di giudizio tra favorevoli ai vaccini (la maggioranza degli operatori del Sistema
Sanitario e le istituzioni) e contrari (larghe fasce della popolazione, con alla testa coloro che – a
torto o a ragione – si ritengono danneggiati) si sono acuite e il medico si trova spesso
interpellato per le preoccupazioni espresse dai cittadini e soprattutto dai suoi assistiti. Le
vaccinazioni non sono obbligatorie in Veneto e le malattie infettive sono comunque sotto stretto
controllo. Obbligare i cittadini a vaccinarsi e sanzionare i medici che esprimono dubbi e
preoccupazioni potrebbe essere una scelta non solo eticamente discutibile ma anche
controproducente. In particolare, se il medico che deve consigliare il paziente a vaccinarsi
rischia di essere giudicato inadempiente se il suo assistito non si vuole vaccinare per ragioni
personali o sanitarie, nell’incertezza sarà spinto a vaccinare comunque, trascurando eventuali
rischi per il paziente stesso. Questi aspetti hanno rilevanza sul consenso informato che il
medico consegue dopo aver dato tutte le informazioni possibili al malato: è plausibile che un
medico “tranquillizzi” il malato a riguardo dei reali pericoli delle malattie infettive, che sono oggi
molto ridotti rispetto ad un tempo. La libertà informata del medico, che non è né scienziato né
stregone, ma un professionista al servizio della persona e della società, è fondata sulla ricerca
scientifica, sulla sua esperienza personale e sulle esigenze dei pazienti, più che su linee guida,
obblighi e divieti. Contrariamente a quanto popolarmente si crede, la scienza – nella migliore
delle sue accezioni e quando è libera da condizionamenti spuri – non offre certezze ma dati da
interpretare e ipotesi di lavoro. Questo è un dato di fatto e sottostà alle disparità di opinioni già
rilevate sull’argomento.
3. Per quanto il principio della vaccinazione dal punto di vista immunologico sia plausibile e facile
da comprendere al limite dell’ovvietà, ciò non significa che ciascun vaccino somministrato sia
efficace e sicuro. Pur essendo farmaci, i vaccini per lo più non sono provati come i farmaci né
per la farmacocinetica né per i trials clinici. Di conseguenza, le prove di efficacia dei singoli vaccini in commercio, in riferimento alla popolazione italiana odierna, non sono sempre
sufficientemente rigorose da superare ogni dubbio. La questione si intreccia con le discussioni
che esistono in ambito tecnico-scientifico sul cosiddetto effetto gregge. Si è visto però che per
alcuni vaccini come vaiolo, difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, rosolia,
papillomavirus non esistono prove sicure di tale effetto (o almeno che tale effetto sia tanto forte
da attribuire solo alla mancata vaccinazione di alcuni la eventuale ricomparsa di piccole
epidemie).
4. Gli esperti tendono a valutare la convenienza del vaccino (rapporto rischio-beneficio) in modo
che siano considerate non solo l’efficacia ma anche la frequenza e il rischio della malattia. In
Paesi poveri dove, per le condizioni igieniche e nutrizionali, le malattie sono molto frequenti e
la mortalità infettiva è alta, non vi può essere alcun dubbio sul fatto che i vaccini siano
raccomandabili. Ma in Paesi dove le malattie infettive sono rarissime (indipendentemente dal
fatto che sia stato merito dei vaccini o di altri fattori) e quelle cronico-degenerative
rappresentano le 10 cause più importanti di morbilità e mortalità, è lecito chiedersi se il rischio,
benché piccolo, a cui si espone l’intera popolazione sia compensato da reali benefici per
alcuni. Una risposta a tale importante domanda non può essere data sulla base di slogan o di
“credenze” (né da una parte né dall’altra), ma va sottoposta al massimo sforzo di ricerca
indipendente e indagine epidemiologica sul territorio. Una presunzione” di efficacia magica del
vaccino accompagnata a denigrazione sistematica dei dubbiosi non rappresenterebbe
atteggiamento né razionale né scientifico.
5. Per quanto riguarda la sicurezza, i vaccini sono certamente “sicuri” perché preparati secondo
le buone norme di fabbricazione e sottoposti a vari controlli, salvo isolati casi che il sistema di
controllo normalmente riesce ad identificare ed eliminare. Tuttavia, il fatto che i vaccini siano
farmaceuticamente sicuri non significa che siano innocui. I vaccini danno sicuramente delle
reazioni infiammatorie locali, febbrili e di sintomi associati molto frequenti, che sono
normalmente ritenute di poca importanza. In casi più rari possono dare, secondo il tipo, delle
reazioni gravi. Purtroppo non esiste ancora un sistema efficace per prevedere le reazioni
avverse, se non le anamnesi pre-vaccinali che possono rivelare solo i casi più semplici di
incompatibilità. Maggiore ricerca sarebbe necessaria per individuare i soggetti a rischio, anche
mediante studi longitudinali di apposite banche-dati.
6. Il sistema di segnalazione e sorveglianza degli effetti avversi dei vaccini è in progressivo
miglioramento ed infatti negli ultimi anni le segnalazioni sono molto aumentate. Gli esperti
ritengono però che tale sistema non sia ancora ottimale e molti casi restino non segnalati.
Inoltre, le segnalazioni di effetti avversi si riferiscono normalmente a reazioni che hanno uno
stretto rapporto temporale con la vaccinazione stessa, mentre è molto facile che una malattia
infiammatoria cronica o autoimmune insorga a distanza di tempo tale da non poter più stabilire,
allo stato attuale delle possibilità di conoscenze, se essa sia stata innescata dal vaccino o da
altri fattori ambientali o infettivi. I dati pubblicati dall’AIFA, ente preposto alla registrazione dei casi, sono fermi al 2013. Esistono disparità tra Regioni nei sistemi di registrazione e
informazione al pubblico.
7. Quanto gli effetti “spiacevoli” dei vaccini siano gravi può essere discusso, sia per la soggettività
di chi tali reazioni subisce, sia per ragioni tecnico-scientifiche che sono state qui illustrate. In
particolare, è plausibile che ripetute e numerose sollecitazioni immunitarie-infiammatorie
agiscano come campi di disturbo dei sistemi di difesa e di riparazione, potendo concorrere
all’aumento generale delle malattie reumatiche e autoimmuni, assieme a molti altri fattori. Per
tali malattie il sistema di sorveglianza degli effetti nocivi non funziona. Non è ancora escluso
che i vaccini possano provocare raramente malattie cronico-degenerative, anche di ordine
neurologico e persino psichiatrico (nella patogenesi delle quali vi è spesso una reazione
infiammatoria cronica più o meno larvata).
8. I calendari secondo i quali i vaccini sono somministrati sono oggetto di discussioni in ambito
tecnico-scientifico ed esistono forti indizi che non sia necessario né opportuno vaccinare in età
troppo precoci per tutti i vaccini. In realtà, non è chiaro il motivo (se non di tipo organizzativo)
per cui si debba per forza vaccinare precocemente e obbligatoriamente verso malattie che il
neonato non può contrarre in alcun modo (come …). Inoltre, non è chiaro il motivo (se non di
tipo organizzativo) per cui si debba per forza somministrare più vaccini contemporaneamente,
fino ad arrivare alla “esavalente”, caso estremo che pare sia stato introdotto per ragioni
organizzative o di costi più che per reali motivi scientifici.
9. Non vi è alcuna urgenza per inasprire il confronto e per introdurre nuovi obblighi per i cittadini o
sanzioni per i medici che manifestassero preoccupazioni, obblighi e sanzioni che oltretutto
sarebbero contrarie al Diritto, a partire dai dettati costituzionali. Il fatto che alcune autorità
sanitarie sperino di ottenere un aumento di vaccinazioni con obblighi e sanzioni rivela piuttosto
l’incapacità di convincere la popolazione e i medici.
Alcune proposte
Qui si abbozzano alcune idee e proposte per quello che a chi scrive potrebbe sembrare un
miglioramento delle strategie vaccinali, idee emerse dallo studio qui riportato. Ovviamente tali idee,
in parte già presenti e discusse tra coloro che si occupano professionalmente dell’argomento,
vanno considerate delle pure ipotesi e piste di riflessione.
– La prevenzione delle malattie infettive mediante vaccinazioni andrebbe meglio collocata
all’interno di una visione complessa dell’epidemiologia, considerando tutti i mezzi a
disposizione. Ad esempio, la raccomandazione della vaccinazione per HPV andrebbe di regola
accompagnata da adeguate corrette informazioni sulle vie di contagio (ivi compresa la
informazione che sarebbe un errore considerare il vaccino come protezione assoluta) e di
prevenzione dei tumori mediante screening; la prevenzione dell’influenza dovrebbe essere
implementata da raccomandazioni su come evitare il contagio in luoghi affollati e come
prevenire le complicazioni broncopolmonari nei soggetti a rischio; la prevenzione del morbillo va fatta mediante la raccomandazione di osservare bene i primi sintomi ed isolare il soggetto
colpito, i famigliari e i compagni di classe, anche se vaccinati; ecc. Si deve potenziare la ricerca
di medicinali antivirali.
– In assenza di reali pericoli di gravi epidemie (a parte l’influenza) bisogna formare e
responsabilizzare la popolazione, evitando obblighi e sanzioni. Spiegare meglio cosa si
propone in positivo, prendendo esempio dal successo delel strategie vaccinali in Veneto.
Inogni caso evitare di “colpevolizzare” chi ritarda la vaccinazione o non si vaccina per validi
motivi, perché costui non danneggia altri ma (eventualmente) rischia solo per se stesso.
Prevedere uno studio sistematico dei casi in cui si verifica un ritardo nella vaccinazione (o
persino la assenza di vaccinazione), utilizzando tali casi come risorsa sperimentale e non
come “minaccia” al sistema.
– Implementare lo screening dei casi a rischio. Ad esempio migliorare l’anamnesi non
cisiderando solo la presenza di altre malattie infettive ma anche storia di allergie e salute
dell’intestino. Avviare una ricerca più sistematica della suscettibilità ad effetti avversi mediante
un database immunologico e genomico. Migliorare il sistema di segnalazione degli effetti
avversi cercando anche di includere le malattie croniche e autoimmuni come possibilità da
considerare (abolire il criterio della consequenzialità temporale come criterio assoluto)-
– Rendere più semplice la scelta dei vaccini da somministrare a seconda delle necessità di ogni
singolo individuo; rendere più flessibile la scelta vaccinale senza dover per forza ricorrere
all’”esavalente”. Rivedere il calendario spostando eventualmente l’antiepatite B alle età in cui
c’è un vero rischio.
– Ipotizzare una ricerca su una possibile strategia di uscita da alcuni vaccini probabilmente non
più indispensabili (es. Difterite, Polio) mediante lo studio accurato di persone che non si
vaccinano considerandole una risorsa e non una minaccia. Preparare un sistema di
contenimento di eventuali focolai mediante vaccinazione ad anello e terapie.
– Non introdurre nuovi vaccini sulla base di pure ipotesi teoriche o di una presunta efficienza del
sistema, senza che vi sia una vera e propria evidenza clinica di efficacia, fatta nelle condizioni
di sperimentazione corrette. Sarebbe scorretto sottoporre la popolazione italiana ad un
“esperimento sul campo” sull’effettività di un nuovo vaccino, cosa che sta avvenendo in pratica
per l’epatite B e in parte l’HPV, senza che chi viene vaccinato sappia che si tratta di un
esperimento. Sarebbe scorretto aumentare la copertura vaccinale solo per seguire direttive di
Enti internazionali che scegliessero l’Italia come Paese-pilota senza una approfondita
discussione pubblica e democratica di tale scelta.
Per queste ragioni, alla luce di quanto qui esposto, il dibattito sulle vaccinazioni può e deve restare
aperto ed è necessario incentivare la ricerca indipendente ed esente da conflitti di interesse. Non
c’è niente di male nell’ammettere che la scienza e, quindi, la medicina hanno grandi margini di incertezza e perciò sia necessario confrontare ipotesi alternative. Si devono trovare assieme le
modalità giuste per comunicare al pubblico e alla società civile il grande ideale di servizio che ci
accomuna e cui tutti vogliamo contribuire.

 

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