Uno scatto di dignità contro le “norme ad ILVAM”

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La querelle in atto con il ricorso al TAR contro il DPCM 29.09.2017 rappresenta solo l’ultimo passaggio di un gioco di rimandi di cui è impregnata tutta la vicenda ILVA perlomeno da quando l’intervento della Magistratura ha sollevato il velo anche a livello istituzionale.
Lo strumento per tentare il superamento degli insopportabili impatti ambientali della produzione ILVA di Taranto è conosciuto ma è stato stravolto dagli interventi governativi (decreti “ad ILVAM”) per favorire prima la gestione commissariale ed ora la cessione ad altra proprietà.
Dalla tardiva AIA (autorizzazione integrata ambientale) dell’agosto 2012 che prevedeva interventi da concludere comunque non oltre 5 anni si è passati a modifiche di AIA e poi direttamente a una serie di decreti governativi escludendo, peraltro, popolazioni ed enti locali nella definizione dei contenuti.
Di questo andazzo ne abbiamo parlato anche nella nostra rivista, da ultimo, in un articolo dell’Avv. Stefano Palmisano scaricabile qui
PAG 115 – 121 DOSSIER PALMISANO 227-230

Gli enti locali, Comune e Regione, di fronte all’ultima beffa (il DPCM 29.09.2017 che sposta in avanti la lancetta degli interventi fino al 2023), hanno avuto uno scatto di dignità . Con il ricorso al TAR hanno fatto presente la loro esistenza.

Non sappiamo come finirà, di fronte anche agli attacchi del governo e del sindacato (che pensa di difendere posti di lavoro e invece difende un “diritto all’inquinamento” inaccettabile), ma siamo convinti che anche una iniziativa di contrasto condotta con gli strumenti legali a disposizione (una sentenza del TAR non potrebbe, neppure volendolo, “chiudere” l’ILVA ma solo pretendere la revisione dell’atto impugnato) sia da sostenere perché è comunque nella direzione del sostegno alla affermazione della salute e dell’ambiente salubre (dentro e fuori le fabbriche) per i quali le popolazioni e i comitati sono attivi da decenni.

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