Decisioni UE sulle migliori tecnologie disponibili, servono ?

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A seguito della normativa europea sulla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento (1996) e sulle emissioni industriali (2010) la Unione Europea sta completando le decisioni sulle “migliori tecnologie disponibili”.
Non sono una questione oscura o da lasciare ai tecnici ma possono costituire, se ben utilizzate, un modo per rafforzare i diritti e le rivendicazioni delle popolazioni esposte ad attività ad elevato impatto ambientale sia in occasione di nuovi progetti che nell’ambito della attività degli impianti esistenti.
Un aspetto legato a queste decisioni (pubblicate sulla gazzetta ufficiale della comunità europea e disponibili sia sul sito del Ministero dell’Ambiente che sul sito europeo http://eippcb.jrc.ec.europa.eu/reference/ ) è proprio l’obbligo di revisione delle autorizzazioni in essere (parliamo delle autorizzazioni integrate ambientali ovvero per quelle tipologie di impianti con dimensione esplicitamente prevista in un all’allegato del dlgs 152/06 (il cosiddetto “testo unico dell’ambiente”). Categorie di attivita ippc

Le decisioni UE finora emesse e disponibili sono le seguenti :

2012 – produzione di acciaio; produzione di vetro
2013 – produzione cloro-alcali; cementifici; concerie;
2014 – produzione carta; raffinerie prodotti petroliferi
2015 – produzione pannelli di legno
2016 – trattamento acque di scarico industria chimica; metalli non ferrosi
2017 – grandi impianti di combustione; produzione sostanza chimiche organiche; allevamento pollame e suini
2018 – trattamento rifiuti

Per fare un esempio, dato che la decisione UE sui grandi impianti di combustione (centrali termoelettriche oltre i 50 MWt inclusi gli inceneritori oltre le 3 t/h, ma per questi ultimi si è ancora in attesa di una decisione “dedicata”) è stata pubblicata sulla gazzetta europea del 17.08.2017 per tutti gli impianti italiani corrispondenti deve venir attivata la revisione della AIA (a livello del ministero dell’ambiente – per gli impianti oltre i 300 MWt – o della regione/provincia in tutti gli altri casi) e l’adeguamento, ove necessario, alle indicazioni tecnologiche contenute (e alle relative prestazioni ambientali) entro 4 anni.
Nella procedura che necessariamente va attivata qualunque cittadino può intervenire e portare la sua opinione, il problema concreto è che, in Italia, non vi sono norme che obblighino i gestori degli impianti e gli enti pubblici a pubblicizzare le procedure in essere come nel caso delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale e quindi non è semplice conoscere in tempi idonei l’avvio di una procedura per un impianto di interesse (solo alcuni enti pubblici dispongono di siti web dedicati in cui viene anche messa a disposizione la documentazione).
I contenuti delle decisioni UE, ove utilizzati, facilitano i cittadini e le associazioni ad esaminare la documentazione del gestore sia perché costituiscono delle check list per verificare la completezza della documentazione e la valutazione degli aspetti specifici (dell’impianto e la loro correlazione con criticità/sensibilità ambientali), per individuare i principali punti critici che possono determinare impatti a anche ridurre la possibilità che gli “enti preposti” prendano in giro le popolazioni con informazioni errate, approssimative o anche palesemente false.
L’ambientalismo scientifico è (anche) fatto dalla necessità di essere “rossi ed esperti”, in un mondo sempre più complesso non basta essere solo l’uno o solo l’altro. Ovviamente, per i più giovani, con il termine “rossi” si intende essere sensibili al tema e pronti a mettere a disposizione le proprie capacità e il proprio tempo per lottare a favore delle popolazioni e contro le diseguaglianze. Essere “rossi ed esperti” significa essere pronti a lottare ma a farlo con piena cognizione di causa, solo conoscendo si può fondare una critica allo “stato di cose presenti” e formulare alternative.

Le decisioni UE sulle migliori tecnologie disponibili (MTD in italiano, BAT in inglese) derivano da documenti ben più “pesanti” ovvero dalle linee guida (BREF) definite da commissioni europee (disponibili sempre su http://eippcb.jrc.ec.europa.eu/reference/ . Per fare un esempio il documento dedicato ai grandi impianti di combustione da cui è stata tratta la corrispondente decisione UE è un documento di 940 pagine proprio perché la sua finalità è di fare il punto sullo “stato dell’arte” di quella filiera produttiva e di esaminarne anche il “futuro”.
Inoltre non va dimenticato che le linee guida sono sottoposte a continui aggiornamenti (in diversi casi siamo alla seconda edizione nel giro di 10 anni dalla prima) come pure le autorizzazioni (AIA) non vengono rilasciate “una volta per tutte” ma vanno aggiornate (ad esempio quando è disponibile una nuova decisione UE sulla tipologia impiantistica di interesse).
L’importanza di conoscere queste decisioni (e delle linee guida che le sottendono) è evidente per chi vuole continuare nel percorso dell’ambientalismo scientifico per fondare una critica “forte” e anche una capacità di proporre alternative a progetti impattanti o a singole scelte nell’ambito di impianti esistenti come pure per pretendere che quanto previsto dalle norme (anche se non sempre all’altezza delle necessità) deve essere linearmente attuato con le responsabilità connesse (sia del gestore che degli enti pubblici).
Si può fare un esempio connesso a una situazione sotto gli occhi di tutti : l’ILVA di Taranto.
Secondo la tempistica europea la autorizzazione nella forma di AIA per l’ILVA di Taranto avrebbe dovuto essere rilasciata entro l’ottobre 2007, entro la stessa data andavano realizzati gli adeguamenti necessari o definire una tempistica di rientro o la dismissione di impianti che non era possibile adeguare. Nessuna AIA di competenza del Ministero dell’Ambiente è stata rilasciata entro tali termini (e l’Italia è stata condannata per tale inadempimento delle norme europee), nel caso di ILVA la AIA è stata emanata nel 2011 (e poi “aggiornata” meno di un anno dopo per effetto del sequestro operato sulle aree a caldo, da qui la sequenza dei “decreti Salva Ilva”).
Le prescrizioni dell’AIA del 2011 (pur contenendo interventi non sempre all’altezza delle necessità di drastica riduzione degli impatti dovuti alle attività in essere) andavano realizzati entro il marzo del 2016, con l’ultimo “Salva Ilva” i termini sono passati al 2023 ….
In altri termini, se tutto fosse andato come richiesto dalla normativa, senza dilazioni, furbizie, forzature, oggi la discussione non sarebbe se chiudere in toto o in gran parte l’attività ma – dopo l’attuazione delle prescrizioni della prima AIA e dopo l’attuazione dei miglioramenti della decisione UE sull’acciaio (del 2012 quindi da adottare entro il 2016) – oggi saremmo a discutere – a fronte di una valutazione degli effetti ambientali di tali adeguamenti – se e quali siano le ulteriori iniziative necessarie per migliorare le prestazioni ambientali.
Nel caso di ILVA è documentale che le realtà territoriali ambientaliste, nell’ambito delle iniziative da decenni in atto, hanno sempre preteso per la corretta applicazione delle norme così come è altrettanto pacifico che chi non ha garantito tale applicazione ha la responsabilità (penale, politica, morale a seconda dei casi) della situazione attuale di marasma.

Marco Caldiroli

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