INCIDENTE MORTALE DI AREZZO: A PROPOSITO DEGLI IMPIANTI DI SPEGNIMENTO A GAS INERTI

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ATTENZIONE!

QUESTO ANNUNCIO E’ DEDICATO AI LAVORATORI CHE HANNO RUOLI DI MANUTENTORI, ADDETTI AL SERVIZIO ANTINCENDIO E DI GESTIONE DELLE EMERGENZE E AGLI ADDETTI ALLA SORVEGLIANZA.

IN CASO DI ATTIVAZIONE DI SPEGNIMENTO AUTOMATICO TRAMITE GAS INERTI (ANIDRIDE CARBONICA, ARGON, ECC.) NON ENTRATE MAI NEI LOCALI INTERESSATI, CAUSA RISCHIO DI ASFISSIA E MORTE!

CHIAMATE SEMPRE I VIGILI DEL FUOCO INFORMANDOLI DELLA SITUAZIONE!

IN CASI DI USO MASSICCIO DI ESTINTORI AD ANIDRIDE CARBONICA IN LOCALI CON SCARSA VENTILAZIONE, ALLONTANATEVI IMMEDIATAMENTE E AVVERTITE I VIGILI DEL FUOCO!

TUTTI GLI ALTRI LAVORATORI CHE NON SIANO MANUTENTORI, ADDETTI AL SERVIZI ANTINCENDIO E DI GESTIONE DELLE EMERGENZE O ADDETTI ALLA SORVEGLIANZA, IN CASO DI ATTIVAZIONE DI ALLARME INCENDIO NON POSSONO ENTRARE IN NESSUNO DEI LOCALI TECNICI, NE’ USARE ESTINTORI, MA DEVONO EVACUARE IMMEDIATAMENTE I LUOGHI DI LAVORO, RAGGIUNGERE IL PUNTO DI RACCOLTA E ATTENDERE ISTRUZIONI.

QUESTE SONO SEMPLICI PROCEDURE CHE POSSONO EVITARE INCIDENTI MORTALI COME QUELLO DI AREZZO.

SE IL VOSTRO DATORE DI LAVORO NON VI HA INFORMATO, FORMATO E ADDESTRATO IN MERITO LE POTETE SEGUIRE, VISTO CHE LA LEGGE LO PREVEDE.

 

A seguire un approfondimento tecnico più dettagliato sull’argomento

CON PREGHIERA DI DIFFUSIONE

Marco Spezia

 

INCIDENTE MORTALE DI AREZZO: A PROPOSITO DEGLI IMPIANTI DI SPEGNIMENTO A GAS INERTI

Come al solito, quando si tratta di infortuni mortali “spettacolari” e “multipli”, i media hanno dedicato ampio spazio all’ennesima tragedia sul lavoro avvenuta il 21/09/18 agli Archivi di Stato di Arezzo, sparando, tra l’altro un sacco di cazzate da un punto di vista tecnico.

Mancando notizie affidabili in merito all’accaduto e all’impianto di spegnimento a gas inerte causa ultima dell’infortunio, non posso dare un giudizio attendibile sulle responsabilità di quanto accaduto.

Mi preme piuttosto spiegare come deve essere fatto un impianto di spegnimento a gas inerte (di solito argon) e quali cautele (tecniche e procedurali) devono essere adottate per eliminare il rischio di infortunio.

Come mio solito, il post è lungo, ma vale la pena leggerlo tutto per capire.

Innanzitutto l’argon è un gas inerte (fa parte della categoria dei gas “nobili”), cioè un gas che non è in grado di dare origine a reazioni chimiche con nessun altro elemento chimico.

L’argon (a differenza di quello che molti credono) non è un gas tossico (cioè non provoca “intossicazione” o “avvelenamento”, come riportato falsamente da molti media), in quanto non potendo reagire chimicamente, se inalato non causa danni da reazione chimica agli organi con cui viene a contatto.

Di conseguenza inalare piccole quantità di argon non produce alcun effetto negativo sull’organismo.

L’enorme pericolosità dell’argon, quella che ha causato il duplice infortunio mortale, è che iniettato ad alta pressione in un ambiente senza o con poca ventilazione, si sostituisce completamente all’ossigeno presente nell’ambiente, per cui chi dovesse essere presente non respira più ossigeno e muore per “asfissia” (come se avesse la testa infilata in un sacchetto di plastica.

Proprio per la sua proprietà di sostituirsi completamente all’ossigeno in ambienti chiusi, l’argon viene diffusamente impegnato in impianto di spegnimento automatico, in quei locali in cui non si può usare impianti a pioggia automatica di acqua (“sprinkler”), come ad esempio locali in cui sono presenti impianti elettrici o impianti di memorizzazione ed elaborazione dati elettronici (sale server). La mancanza di ossigeno, sostituito integralmente e istantaneamente dall’argon interrompe immediatamente la combustione, togliendo il comburente (l’ossigeno appunto) necessario alla combustione stessa, ma senza danneggiare gli impianti

In tali locali l’argon è contenuto in serbatoi ad alta pressione dotati di elettrovalvola che consente la fuoriuscita del gas, solo a seguito della ricezione di un impulso elettrico. Tale impulso viene dato in automatico da un sensore di fumo e/o calore, che rileva il principio di incendio e comanda la scarica del gas. Il tutto viene gestito da una centralina antincendio elettronica opportunamente programmata, che, per evitare che sia coinvolta nell’incendio, è ubicata in altro attiguo locale, a prova di incendio e ad accesso controllato (vedi dopo).

Va osservato che se il sensore di fumo e/o calore segnala un falso allarme per guasto o altro, la scarica di argon viene attivata in ogni caso.

Visto la pericolosità dell’argon, per garantire la completa sicurezza del sistema occorre adottare alcuni accorgimenti tecnici e procedurali.

Il locale (che ovviamente deve essere a prova di trasmissione di fuoco e calore verso l’esterno) deve essere dotato di porta tagliafiamma chiusa con serratura, ma dotata di maniglione antipanico per l’uscita rapida verso l’esterno

La presenza in tali locali deve essere possibilmente saltuaria (ad esempio per manutenzione o aggiornamento dei server).

L’accesso deve essere possibile solo a personale autorizzato e adeguatamente informato, formato e addestrato. L’accesso autorizzato deve avvenire in maniera “certificata”, ad esempio con badge elettronico codificato in possesso solo delle persone autorizzate (manutentori, operatori informatici, addetti alla sicurezza, addetti al servizio antincendio).

L’apertura della porta tagliafiamma dall’esterno con i badge, tramite specifico sensore collegato alla centralina antincendio, inibisce la scarica di argon e abilita un cicalino di allarme sulla centralina, fino a che la porta tagliafiamma non viene richiusa. Pertanto se l’operatore che accede al locale lascia la porta aperta, non è possibile la scarica di argon.

Ci sono delle situazioni in cui però è necessario dovere lavorare a porta chiusa (le sale quadri o le sale server sono di solito condizionate e per interventi lunghi non si vuole fare entrare calore).

Per tale evenienza immediatamente di fianco alla porta di accesso è presente un interruttore a chiave tramite il quale si disinibisce la scarica dell’argon, anche se la porta a chiusa. Ovviamente in tal caso l’operatore che accede deve, dopo aver disinibito la scarico, tenere la chiave con se per tutto il tempo di permanenza nel locale.

Come ulteriore sicurezza sulla centralina antincendio è poi presente un ulteriore un interruttore a chiave che inibisce la scarica (ad esempio in caso di interventi di manutenzione molto lunghi) anche a porte chiusa.

Se nel caso fortuito o necessario in cui la porta si dovesse chiudere con l’operatore all’interno senza che sia stata inibita la scarica dell’argon tramite l’interruttore a chiave, è previsto un ulteriore sistema di sicurezza. In tal caso infatti se il sensore di fumo e/o calore rileva un principio di incendio, la centralina non abilita subito la scarica dell’argon, ma attiva un preallarme ottico-acustico all’interno del locale che segnala la necessità di abbandonare immediatamente il locale stesso. Solo dopo un certo tempo (variabile in funzione delle dimensioni del locale, tra i 15 e i 30 secondi) la centralina abilita la scarica dell’argon.

La scarica dell’argon attiva, sempre mediante la centralina, l’attivazione di un allarme ottico-acustico, questa volta all’esterno del locale, che segnala che è in corso la scarica del gas e segnala il divieto di accedere al locale stesso.

Entrambi i segnali ottico-acustici rimangono attivi, fino a che non vengano tacitati su centralina antincendio da personale abilitato (come sopra descritto).

La chiusura della porta dopo l’uscita di tutto il personale presente abilita nuovamente la elettroserratura che la mantiene chiusa e apribile solo con il badge magnetico codificato in possesso solo delle persone autorizzate, sopra indicate.

Esiste comunque una possibile situazione di rischio grave (quella che probabilmente è stata la causa dell’infortunio di Arezzo).

A seguito di incendio e di intervento della scarica di argon, il locale (con areazione ridotta per motivi di resistenza antincendio) rimane saturo di argon e senza ossigeno a lungo.

Se un operatore abilitato apre la porta e entra nel locale subito, si troverà in un’atmosfera satura di gas inerte e carente di ossigeno, rimanendo asfissiato.

Per evitare tale rischio residuo, ma gravissimo devono essere redatte (a cura del datore di lavoro) specifiche e inequivocabili procedure di cui gli operatori autorizzati all’accesso devono essere informati, formati e addestrati.

Tali procedure devono prevedere i seguenti passi.

In prossimità della sala, in caso di scarica, devono rimanere solo gli addetti al servizio antincendio, che senza entrare nella sala controllino che nessuno lo faccia.

Con allarmi attivi (scarica in corso o appena avvenuta) deve essere assolutamente vietato l’ingresso nella stanza interessata, anche perché non ve ne è alcun bisogno (se la scarica è avvenuta l’incendio è stato spento).

Occorre mantenere gli allarmi attivi e chiamare i Vigili del Fuoco (che in caso di allarme incendio devono comunque essere chiamati), avvisandoli della situazione (presenza di gas asfissiante) in modo da permetterne l’accesso con autorespiratore.

Tali procedure devono essere oggetto di addestramento specifico da eseguirsi, secondo legge, almeno una volta all’anno (è consigliabile una frequenza maggiore).

Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche dell’impianto, esso deve essere progettato da progettista abilitato e iscritto a ordine professionale, secondo specifiche norme tecniche redatte dall’ente normativo europeo (EN) e recepite da quello italiano (UNI).

L’impianto deve essere poi realizzato, secondo legge, da ditta abilitata alla realizzazione di tale tipologia di impianti, che, al termine della realizzazione e a seguito di collaudo da parte del progettista, deve realizzare, secondo legge, dichiarazione di conformità al progetto e alle regole dell’arte (norme del Comitato Elettrotecnico Italiano).

Infine, trattandosi di impianto per la sicurezza antincendio, esso, secondo legge, deve essere mantenuto in efficienza mediante manutenzione eseguita su indicazione dei costruttori dei componenti da ditte abilitate ed essere sottoposto ogni sei mesi a prove di funzionalità e di simulazione di intervento.

 

ing. Marco Spezia

Tecnico della sicurezza

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