Prescrizione, un “diritto” per chi ?

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Facciamo riferimento all’articolo de il Manifesto pubblicato il 24 novembre 2019, a firma di Sergio Moccia, dal titolo: “Giustizia – la prescrizione un istituto a garanzia dei diritti”, per manifestare la nostra contrarietà e ci chiediamo subito: dei diritti di chi? Eravamo presenti, come associazione (costituita parte civile) alla sentenza che è stata pronunciata dalla Corte di Cassazione il 19.11.2014 (n. 7941/2015) nel processo contro ETERNIT di Casale Monferrato che ha dichiarato la prescrizione dei reati contestati al responsabile di tale multinazionale, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny. C’erano in campo 2897 parti offese, di cui i deceduti per esposizione all’amianto erano 1800. Difficile dire che senza condanna e senza risarcimento i loro diritti siano stati garantiti. E per quanto siano passati anni, la ferita è tutt’altro che prossima alla sua chiusura.
Da allora ci siamo battuti perché la prescrizione dei reati, e segnatamente quelli ambientali e quelli sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, potesse cessare, e, con il senatore Felice Casson, da noi conosciuto negli anni passati, come PM nel processo contro il Petrolchimico di Marghera, avevamo visto l’opportunità di richiedere al legislatore di sospendere e/o bloccare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Siamo quindi stati contenti quando è stata approvata la legge 3 gennaio 2019 n. 3. Abbiamo poi visto che vi è stata una certa opposizione, addirittura uno sciopero degli avvocati penalisti contro i suoi contenuti. Per la verità, questa reazione non ci ha stupito, essendo stati parte civile in diversi processi riguardanti la sicurezza nei luoghi di lavoro, con specifico riferimento al tema dell’esposizione all’amianto: abbiamo ben visto come gli avvocati della difesa operino per allungare i tempi dei processi, arrivando così alla dichiarazione di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, pur in presenza di responsabilità evidenti.
Non comprendiamo come il blocco della prescrizione possa allungare i tempi dei procedimenti. E’ certamente vero che la durata dei processi è, in molti casi, eccessiva, ma che c’entra la prescrizione? Per ridurla occorrerebbe che il Ministro della Giustizia, il Governo ed il Parlamento prendessero concreti provvedimenti, che sono già stati da molti indicati, al fine di implementare il personale per ottenere una migliore e più efficiente organizzazione della macchina giudiziaria. Del resto nel processo civile, l’istituto della prescrizione opera già con gli effetti voluti dalla nuova legge in campo penale e nessuno si è mai sognato di criticare tale scelta. Se dopo il primo grado, non ci fosse più la prescrizione, l’imputato (oltre che le vittime del reato) sarebbe ben contento di arrivare al più presto ad una sentenza definitiva, al di là della sofferenza per il reato commesso (se la sentenza fosse di condanna). E’ vero che la prescrizione non è l’assoluzione, ma nel senso comune ad essa equivale.
Indipendentemente dall’ideologia politica sposata, il coraggio della verità sta proprio nel non rincorrere arcaici istituti processuali, non più compatibili con i tempi della nostra giustizia che vanificherebbero la pretesa punitiva della Stato a discapito delle vittime di questi odiosi reati posti in essere nei luoghi di lavoro.
Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di Medicina Democratica, Movimento di Lotta per la Salute
Milano, 25 novembre 2019

Di seguito riportiamo il testo dell’articolo citato da Il Manifesto
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