PRESCRIZIONE, UN ESEMPIO DA MANUALE : LA CLINICA DEGLI ORRORI (EX SANTA RITA DI MILANO)

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Milano 6 dicembre 2019

COMUNICATO STAMPA

Quanto dovranno ancora attendere i 4 pazienti morti nella già denominata “clinica degli orrori”, cioè la ex clinica Santa Rita di Milano? Oggi, 6 dicembre, infatti, avrebbe dovuto esserci l’udienza in Cassazione a Roma, la seconda, dopo il secondo passaggio in Corte d’Assise d’Appello a Milano, ma l’udienza è slittata a data da stabilirsi, per lo sciopero degli avvocati penalisti, impegnati in una maratona di arringhe proprio davanti alla Cassazione, in Piazza Cavour a Roma.
Una vicenda drammatica e intricata, in cui Medicina Democratica si è costituita parte civile, cominciata nel 2008 con l’arresto del primario di chirurgia toracica Pier Paolo Braga Massone e di due suoi aiuti: dalla condanna all’ergastolo in primo grado, nel 2014, per i 4 pazienti deceduti e per 45 casi di lesioni, in seguito agli interventi “inutili”, e a 24 anni e 4 mesi per l’aiuto Fabio Presicci, si era passati a una riduzione a 15 anni per Brega Massone e a 7 anni e 8 mesi per Presicci. Due passaggi in Corte D’Assise d’Appello e due passaggi in Cassazione, di cui quello odierno sarebbe stato il secondo, e ci si augurava, l’ultimo e definitivo..
“Questo processo dovrebbe proseguire il suo iter secondo la normativa ancora in vigore – ha detto Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di Medicina Democratica, e di AIEA- per cui attendiamo la riconvocazione dell’udienza in Cassazione, in tempi legittimamente brevi, affinchè venga assicurata giustizia per tutti quei morti innocenti e per i tanti che hanno subito lesioni, con un grave danno per la salute, con la conferma delle pene di legge. Tuttavia esprimiamo preoccupazione per la contestazione in corso contro la legge 3 gennaio 2019 n. 3, in vigore il 1 gennaio 2020, che ” interrompe” la prescrizione al primo grado di giudizio, così come accade in numerosi Paesi europei, senza dimenticare che, ad esempio, in Inghilterra la prescrizione non esiste.
Medicina Democratica si è battuta da tempo contro l’uso e l’abuso della prescrizione, insieme al magistrato Felice Casson, fin dall’epoca del processo per il Petrolchimico di Marghera, per formulare una proposta adeguata.
Troppe le vicende giudiziarie per morti causate dal lavoro, finite senza condanne e senza colpevoli, “grazie” alla prescrizione. Un esempio per tutti: la ferita insanabile del processo Eternit di Casale Monferrato, sentenza della Corte di Cassazione del 19.11.2014 (n. 7941/2015), in cui MD era parte civile, che ha dichiarato la prescrizione dei reati contestati al responsabile di tale multinazionale, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny. Nessuna condanna per il responsabile di 1.800 morti per amianto e per il danno nei confronti di un totale di 2.897 parti offese, non perchè “non colpevole” ma per prescrizione del reato!
“Abbiamo quindi espresso il nostro apprezzamento- ha aggiunto Aurora- per la legge 3 gennaio 2019 n. 3. Ma non ci ha stupito la reazione di una parte degli avvocati penalisti, essendo parte civile in diversi processi riguardanti la sicurezza nei luoghi di lavoro, con specifico riferimento al tema dell’esposizione all’amianto: abbiamo ben visto in molte occasioni come gli avvocati della difesa operino per allungare i tempi dei processi, arrivando così alla dichiarazione di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, pur in presenza di responsabilità evidenti.
Non comprendiamo come vi sia chi sostiene che il blocco della prescrizione possa allungare i tempi dei procedimenti. E’ certamente vero che la durata dei processi è, in molti casi, eccessiva, ma non certo per “colpa” della prescrizione. Sono altri i provvedimenti che il Ministero di Grazia e Giustizia dovrebbe prendere per implementare il personale e per ottenere una migliore e più efficiente organizzazione della macchina giudiziaria. Del resto nel processo civile, l’istituto della prescrizione opera già con gli effetti voluti dalla nuova legge in campo penale e nessuno si è mai sognato di criticare tale scelta. Se dopo il primo grado, non ci fosse più la prescrizione, l’imputato (oltre che le vittime del reato) sarebbe ben contento di arrivare al più presto ad una sentenza definitiva, al di là della sofferenza per il reato commesso (se la sentenza fosse di condanna). E’ vero che la prescrizione non è l’assoluzione, ma nel senso comune ad essa equivale”.

Per info.
Carmina Conte, cell 393 1377616
Fulvio Aurora, cell. 3392516050

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