INFORTUNIO MORTALE ALLA M4 DI MILANO, I LAVORATORI CONTESTANO IL SERVIZIO DI PREVENZIONE PUBBLICO

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LA SOLITUDINE DEI LAVORATORI E DEGLI OPERATORI DELLA PREVENZIONE

L’infortunio mortale occorso a Raffaele Ielpo nel cantiere M4 di Milano (13.01.2020) ha fatto arrivare ai media le proteste dei lavoratori tra cui questa : “i dirigenti (e quindi poi gli operai) sanno quando arriverà un controllo sulla sicurezza nei vari cantieri da parte dei funzionari di Ats, l’agenzia per la tutela della salute. «I capi ce lo dicono al mattino, o prima del turno, così trovano tutto sistemato e perfetto»”.
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Una situazione analoga a quella vissuta e denunciata dai lavoratori della Thyssen Krupp.

Due solitudini da superare : il ruolo dei tecnici della prevenzione e i lavoratori

L’ATS di Milano (La Repubblica del 18.01.2020) https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2020/01/18/sicurezza-nei-cantieri-m4-in-tre-anni-340-irregolaritaMilano03.html?ref=search ha replicato presentando dati sulle attività svolte in quei cantieri : 60 violazioni riscontrate, 340 “controlli” dal 2017 al 2019, 59 infortuni di cui 7 con violazioni correlate. Inoltre si sottolinea che si tratta di cantieri complessi, con ben 350 imprese e “in certi casi, diamo il preavviso e in altri no”. Che vi siano situazioni complesse in questo campo (come nei controlli ambientali) ove necessiti preavvisare per poter disporre di tutti i soggetti necessari e svolgere accertamenti non contestabili, è indubitabile. Nella risposta di ATS manca un chiarimento : che il preavviso non è una prassi e, in caso contrario, viene perseguita quale responsabilità individuale (del dirigente e/o dell’operatore). Viceversa il dubbio permarrà. Vi sono ulteriori aspetti, indirettamente sollevati dai lavoratori, che merita segnalare. Il primo riguarda i “controlli”. Questa parola, nel gergo delle ATS lombarde, include ma non corrisponde al numero dei sopralluoghi (accessi in cantiere in questo caso). I controlli includono anche verifiche solo documentali (in ufficio), verifiche necessarie ma che dovrebbero essere tenute ben distinte dai sopralluoghi nei cantieri e nei luoghi di lavoro, ben più impegnativi.
Sono i “controlli” quelli che “contano” nell’ambito della rendicontazione che i singoli servizi e poi le ATS devono fornire annualmente alla regione affinché sia verificato il raggiungimento dell’obiettivo stabilito dalla “cabina di regia” (con i diversi soggetti sociali, sindacati inclusi), una modalità che considera principalmente la quantità e non la qualità dell’intervento. A conferma, ogni anno, a parte qualche “programma mirato” che infiocchetta il resto, gli obiettivi non sono altro che il numero dei controlli dell’anno precedente aumentato da una certa percentuale (del tutto svincolata, tra l’altro, dal decremento degli operatori che si trovano a dover “produrre” individualmente più controlli), una logica da “cottimo” che rende gli operatori dei “produttori di numeri” a qualunque costo (un controllo senza problemi è più “produttivo” di un controllo con approfondimenti e anche atti di contestazione, il “numero” è lo stesso ma il tempo dedicato al singolo “controllo” è assai più elevato ma anche la qualità migliora).
La scelta della quantità sulla qualità inficia l’efficacia dell’intervento degli operatori e butta fumo negli occhi delle parti sociali che ad ogni infortunio chiedono più “controlli”, controlli, appunto, che per la regione Lombardia significano anche (soprattutto e preferibilmente) mettere un “visto” in un applicativo software anziché sporcarsi le scarpe in un cantiere.
Inutile dire che è il numero dei controlli che permette benefit salariali, la contrattazione sindacale non sfugge a questa logica e, involontariamente ?, affossa il ruolo e, alla fine, anche la credibilità degli operatori e del “sistema” nel suo insieme.
Gli operatori che preferiscono la qualità finiscono in fondo alla “classifica” della produttività, o si ritagliano in qualche modo una “nicchia” specialistica di intervento oppure rischiano penalizzazioni in termini di carriera e/o salariali.
Che dire poi dei (pochi) operatori nuovi (quasi tutti a tempo determinato) che entrano in un ambito in cui gli viene insegnato che quello che conta è fare “numeri” e non rispondere alle funzioni di prevenzione concreta, nei luoghi di lavoro ?
Quale capacità, e quale approccio con la complessità di un intervento in un luogo di lavoro, potranno acquisire con tali premesse ?

Seguendo questa “logica”, nel caso del cantiere M4, potremmo dire che 50 verbali sanzionatori su 340 “controlli” sono pochi, indice di un cantiere in buona “salute”; anche la individuazione di violazioni solo in 7 casi su 59 di infortuni è un indicatore (se veritiero) di condizioni di sicurezza (l’ATS non dice se tutti gli infortuni sono stati effettivamente indagati). Il tema del controllo vs sopralluogo è il risultato delle “cabine di regia” regionali in cui tutti i soggetti sociali (sindacati e aziende incluse) si “confrontano” per concordare una programmazione e degli obiettivi in tema di tutela della sicurezza sul lavoro, definire assunzioni (quasi tutte a tempo determinato, quando ci vogliono almeno tre anni di affiancamento per formare come si deve un operatore) e stabilire degli obiettivi numerici (una certa percentuale in più rispetto all’anno prima), “numeri” che hanno poco significato se non si considera l’aspetto qualitativo delle attività. Il resto è “filosofia” sul dilemma se sia meglio un approccio “repressivo” (gli operatori ATS sono ufficiali di polizia giudiziaria) oppure “collaborativo” (e, alla fine, “consultivo”) nei confronti delle aziende. Aspetto su cui si sprecano convegni ed esperti mentre i lavoratori muoiono. Va ricordato che la parte di riforma sanitaria (del 1978) dedicata alla sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro è stata il risultato dell’iniziativa dei lavoratori assieme ai tecnici della prevenzione. L’Italia, unica in Europa, ha un sistema di vigilanza territoriale (regioni/ATS) e non centrale (ministero) riferita alle competenze della sanità anziché del lavoro. Fondato, almeno nei principi dichiarati, sulla prevenzione e non (solo) sull’intervento a fronte di eventi negativi (infortuni, malattie professionali). La realtà europea è diversificata, sistemi vicini a quello dell’ispettorato del lavoro italiano ante riforma (Francia), sistemi territoriali ma più di consulenza che di sorveglianza (Gran Bretagna e Germania), in Svizzera il sistema di controllo corrisponde all’ente assicurativo (come se in Italia l’INAIL fosse depositaria anche di tali funzioni). Ad ogni infortunio si scrive che non vi sono sufficienti controlli perché non vi è sufficiente personale (risultato della falcidia indifferenziata del personale pubblico per ridurre i costi) ma il loro incremento non può essere sufficiente se l’approccio è burocratico ovvero se il rapporto tra servizi e lavoratori è quello di “offrire” una attività (“controlli”) da rendicontare all’ente e alla regione per dimostrare con dei numeri che “si lavora”. I servizi di prevenzione finiranno per essere i terminali di esposti di lavoratori che non ce la fanno più a sopportare (o sono stati licenziati e cercano di rivalersi in questo modo) o per problemi di carattere individuale (es. i ricorsi avverso il giudizio di idoneità del medico competente per ottenere o sventare un cambio di mansione). Altro rischio è divenire un semplice terminale delle Procure per indagini e accertamenti. Così i servizi ATS potranno essere sostituiti con qualcosa di diverso, ad autonomia di intervento ridotta e comunque centralizzata. Se non si ricostruisce uno “scambio” tra lavoratori e loro rappresentanze (l’art 9 dello Statuto dei diritti dei lavoratori esiste ancora) attualizzando e riallacciando i rapporti degli anni ’70 non ci sarà scampo per entrambi. Lavoratori e operatori della prevenzione costituiranno due solitudini che non si incontrano e il livello dell’intervento nelle fabbriche – di entrambi i soggetti – non potrà che peggiorare (anche in costanza di “numeri” di attività ovvero “controlli”) incrementando disagi, nocività, infortuni e malattie professionali.

Marco Caldiroli – Presidente Medicina Democratica – Tecnico della Prevenzione

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