di daniela patrucco
Il Sostituto Procuratore di Torino Raffaele Guariniello – che si è occupato del caso Eternit di Casale Monferrato – è intervenuto al convegno di Savona “Inquinamento e reati ambientali – Le battaglie a tutela della salute nei posti di lavoro e nella vita quotidiana dei cittadini”.
Il convegno è stato un importante momento di conoscenza e riflessione sull’impatto ambientale e sanitario degli impianti industriali inquinanti, con riferimento particolare alle centrali a carbone. A partire dalla diffusa e incontrollata propensione delle imprese a compiere reati ambientali, grazie anche all’insufficiente azione di controllo e sanzione da parte delle autorità preposte, il cuore dell’intervento del dott. Guariniello ha riguardato la proposta di costituzione di una Procura nazionale per i reati ambientali. “Un’organizzazione altamente specializzata – ha precisato il Procuratore – non condizionata da realtà locali, che non guardi in faccia nessuno. In Italia ci sono oltre 120 Procure della Repubblica, alcune con meno di cinque magistrati da cui non si può pretendere una specializzazione, senza la quale i processi non possono essere fatti. E’ necessaria l’esperienza sul campo, per sapere come muoversi e cosa fare. Quattro o cinque anni fa a Taranto – continua – non avevano ancora cominciato a occuparsi dei mesoteliomi. Se l’intervento è tardivo il problema diventa difficile da affrontare”.
Il Procuratore non nasconde le difficoltà. “La sfida è che questa procura nazionale poi funzioni realmente perché le situazioni vanno affrontate e non nascoste”. Come prevede la nostra Costituzione (Art. 32), per tutelare la salute come diritto dell’individuo e interesse della collettività affinchè l’iniziativa economica non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, la libertà e la dignità umana (Art. 41).
Il dott. Guariniello ha fatto una ricognizione delle cause che al momento rendono difficile il rispetto della Costituzione e la tutela della salute e della dignità dei cittadini.
Conflitto lavoro/salute. “La salute e la dignità sono messi a dura prova da più parti, lavoratori che reclamano la conservazione del posto di lavoro anche a costo di perdere salute e dignità. Un conflitto tra diritti che si ripropone continuamente. I processi e le esperienze in corso ci hanno insegnato che non possiamo limitare la nostra attenzione ai luoghi di lavoro. Occorre occuparsi anche degli ambienti di vita dei cittadini”.
Cosa si è imparato dai processi. “Alcuni importanti processi ci hanno fatto capire che i rischi ambientali non possono essere ghettizzati all’interno della fabbrica, perché si espandono e danneggiare chiunque di noi. Esperienze drammatiche, come a Casale Monferrato, dove ogni anno muoiono 50 persone di mesotelioma pleurico. 50 persone che non sono più i lavoratori dell’Eternit ma cittadini che non hanno mai varcato la soglia della fabbrica. E’ un problema che riguarda anche le scuole, luoghi altamente insicuri: controsoffitti che cadono, a volte ancora amianto o lana di vetro come coibentante. Lasciamo lì i ragazzi o chiudiamo la scuola? A Torino 1800 ragazzi sono stati evacuati lo scorso dicembre.
Leggi efficaci ma non applicate. “Tanto inquinamento, tanti infortuni, tante malattie professionali. Insufficiente prevenzione in ambiente di vita e di lavoro. Non è un problema di leggi. Noi abbiamo le leggi migliori al mondo, di facciata, ma che non sono applicate. Quando l’atrazina aveva valori superiori a quelli stabiliti, il ministro Donat Cattin alzò i valori limiti e tornò tutto in regola. Quando le industrie ad alto rischio dovevano fare il piano della sicurezza entro una certa data, 50 processi in corso furono annullati grazie ad un decreto di proroga del termine. Le leggi sembrano andare bene fino al momento in cui sono applicate”.
Vigilanza e controlli insufficienti. “Gli organi di vigilanza – ASL, ARPA, Ispettorati lavoro – operano in condizioni di forte scoordinamento, anche in ragione di carenze di organico e scarsa professionalità di chi va a fare i sopralluoghi e le ispezioni. Gli ispettori che fanno attività di vigilanza vanno promossi, non puniti, e le ispezioni non devono essere preannunciate. E’ necessario un codice etico dell’attività di vigilanza. Occorre evitare confusione tra attività di vigilanza e consulenza a favore delle aziende: le stesse persone non possono interpretare entrambi i ruoli. Infine i sopralluoghi non devono essere numericamente significativi ma devono permettere l’approfondimento di ogni questione.”
Autorità giudiziaria. “Anche l’intervento dell’autorità giudiziaria è stato finora insoddisfacente. In tante regioni i lavoratori e i cittadini lamentano l’assenza di qualcuno che si occupi dei casi anche importanti. In alcune parti del nostro paese i processi penali in materia di tutela dell’ambiente e della salute non si fanno, in altre zone si fanno con una tale lentezza che alla fine si arriva alla prescrizione del reato. Si sviluppa un’idea devastante: abbiamo le regole ma queste regole si possono violare impunemente, senza incorrere in effettive responsabilità”.
La dignità di chi muore a causa di un’esposizione a qualche fattore cancerogeno. “Le persone muoiono senza sapere, e neppure i loro congiunti, che la morte è stata causata da un fattore cancerogeno. Cittadini italiani che hanno lavorato in stabilimenti dell’amianto, una volta tornati in Italia sono morti di mesotelioma. Ce ne sono molti in Veneto e in Puglia, nel Salento. Durante le indagini i parenti si stupiscono per la richiesta di informazioni: non si sono mai chiesti se la malattia sia stata determinata dall’attività lavorativa”.
I tumori perduti. “Occorre andare alla ricerca dei tumori perduti, negli archivi degli ospedali e dei comuni. In alcune zone del paese ci sono i Registri Tumori (http://www.ispesl.it/renam/Index.asp) e poi c’è il Renam (http://www.ispesl.it/renam/Index.asp). Questi registri sono uno strumento prezioso di studio ma operativamente servono strumenti molto più efficaci. Le procure devono essere messe a conoscenza di un caso di mesotelioma all’indomani della sua diagnosi: dati anagrafici, storia di vita e di lavoro del cittadino, le aziende in cui ha lavorato, le situazioni ambientali cui è stato esposto. Se passano 4/5 anni prima che diventi un caso, è troppo tardi. Alcune procure lamentano che benchè i registri segnalino eccedenze di mesoteliomi o tumori i casi non siano segnalati. A volte, dicono, i medici hanno paura a fare i referti. Si tratta di una realtà di cui noi dobbiamo prendere consapevolezza.”
La procura di Torino. “A Torino, dagli anni ’90, c’è un osservatorio sui tumori. Sapevamo di tanti tumori di origine ambientale ma non ricevevamo segnalazioni. Allora siamo andati a cercarli. Abbiamo avuto la collaborazione dei medici, penalmente obbligatoria ma a volte violata con la sostanziale acquiescenza dell’autorità giudiziaria che non si preoccupa di far osservare quest’obbligo. Tutti i medici, anche quelli aziendali, ora ci comunicano i casi di tumore, ne abbiamo trattati ad oltre 27.000. Abbiamo considerato le patologie tumorali che con maggiore probabilità possono essere dovute a un’esposizione, professionale o ambientale (mesoteliomi, tumori della vescica, del naso, …). Ogni caso è analizzato per capire se il soggetto portatore era stato esposto a un fattore cancerogeno in luogo di lavoro o ambiente di vita. Questo lavoro consente di mettere insieme i casi per azienda e per situazione ambientale: un conto è fare un processo su un caso, un conto su decine e centinaia di casi. Per fare ciò occorre la completezza e la tempestività dell’informazione. Di qui nasce l’Eternit: dai casi di lavoratori e cittadini”
I casi che non ti aspetti e che fanno salvare altre vite. “Per un calcatore della Fiorentina, ammalato di mesotelioma, le indagini hanno portato a scoprire che da ragazzo giocava a Casale Monferrato nel campetto dell’oratorio. Le buche del campetto erano riempite con i residui della lavorazione dell’amianto. La storia lavorativa di un macellaio morto di mesotelioma ci ha portato a un grande centro commerciale, a Torino, dove lui lavorava. Grazie a un sopralluogo rilevammo batuffoli bianchi nelle fioriere. Era fibra di amianto che cadeva dal soffitto di cui era coibentato, che pioveva letteralmente mettendo a rischio lavoratori e avventori. Fu quattro o cinque anni fa. 4/5 anni fa. Il palazzo fu sgomberato e ora si può andare alla Rinascente di Torino, e non c’è più l’amianto.
Condividiamo un sogno. “L’osservatorio presso la Procura di Torino è un po’ anomalo. La struttura dovrebbe stare presso l’autorità sanitaria. Inoltre solo la provincia di Torino ha una simile struttura, che invece dovrebbe essere in ogni città d’Italia. E’ una proposta che da anni avanziamo ai ministri della Salute che si sono succeduti: la creazione di un osservatorio che mandi questi casi alle procure della repubblica. Affinchè non ci siano più città dove “non ci sono casi”. Non è necessario fare nuove leggi, l’obbligo di referto del medico all’autorità giudiziaria è stato previsto dal codice Rocco nel 1930. Bisogna prendere atto delle situazioni e capire che possiamo andare più avanti, non limitarci a ragionare sul caso singolo. Elaborare dei dati, con una visione globale e immediata. La procura nazionale può essere un sogno”.
Il caso di Savona e la centrale a carbone Tirreno Power
D’inquinamento e reati ambientali a Savona si sta occupando anche la locale Procura della Repubblica. Due i filoni d’indagine: eventuali ipotesi d’inquinamento ambientale di aria e acqua e i conseguenti impatti sulla salute pubblica. Ad essere indagata è la centrale a carbone Tirreno Power, ubicata tra i comuni di Vado e Quiliano.
A Savona è in discussione anche l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata nel Dicembre scorso dal Ministero dell’Ambiente per i due gruppi a carbone della centrale. I sindaci di Vado e Quiliano hanno recentemente presentato un ricorso al TAR della Liguria. Oggetto del ricorso, le modalità di accensione delle caldaie – per le quali non è stato esplicitamente prescritto l’uso esclusivo del metano; l’effettiva riduzione delle emissioni – in luogo della prescrizione, per l’azienda, di presentare entro 18 mesi lo studio dei possibili interventi proposti – e prescrizioni chiare che non lascino spazi per proroghe concesse a posteriori; l’analisi puntuale di ciascun carico di carbone e delle ceneri derivanti dalla combustione; la costruzione del nuovo gruppo di produzione. Secondo il progetto (precedentemente autorizzato) infatti, Tirreno Power potrà costruire subito il nuovo gruppo a carbone da 460 Mw e solo dopo demolire e ricostruire il primo dei due attuali, da 330 Mw cadauno. In un secondo tempo, l’azienda dovrà demolire il secondo, per il quale tuttavia il decreto di AIA lascia aperta una possibilità di ricostruzione. In tal modo si passerebbe dagli attuali 2 gruppi per 660 Mw di potenza ai futuri 3 da 1120 Mw.
Sul tema dei Crimini d’impresa, segnalo l’intervista alla dott.ssa Rosalba Altopiedi, collaboratrice del Procuratore Guariniello nel caso citato dell’Eternit http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/crimini-di-impresa-razionalita-e-percezione
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