KNOW YOUR RIGHTS! 18/08/2014

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INDICE

 

Dante De Angelis dadante@tiscali.it

OGGI A FABRO, UN ALTRO FERROVIERE E’ MORTO SUL LAVORO

 

Marco Bazzoni marco.bazzoni01@libero.it

DENUNCIA ALLA COMMISSIONE EUROPEA

 

Franco Coppoli francoppoli@yahoo.it

COMUNICATO STAMPA COBAS THYSSENKRUPP TERNI

 

Gian Luca Garetti glucagaretti@gmail.com

DECRETO “COMPETITIVITÀ”: DEPUTATI E GOVERNO TUTELINO LA SALUTE DEI CITTADINI, NON CHI INQUINA

 

Gino Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it

PATERNO, LA TERRA DEI FUOCHI TOSCANA: VIDEO E TIMELINE

 

Giuseppe Zambon zambon@zambon.net

RECESSIONE FA RIMA CON AGGRESSIONE

 

F. Ferrari f.ferrari72@libero.it

DERAGLIAMENTO BRESSANONE, DEPUTATI A LUPI: “PITTALUGA DEVE ANDARE VIA”

 

Aldo Arpe arpe_aldo@yahoo.it

LE PRIME DIFFICOLTA’ DEL RENZISMO

 

Gino Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it

MORTI SUL LAVORO, LA LEVA DEL PM SULLE ASSICURAZIONI CHE INCENTIVA I CONTROLLI

 

Marco Crociati marcocrociati@fastwebnet.it

BUON FERRAGOSTO A TUTTE/I, SPECIALMENTE A CHI LAVORA!

 

Senzapatria News anarres56@tiscali.it

LA SICUREZZA NON E’ UN OPTIONAL!

 

Senzapatria News anarres56@tiscali.it

DI DOMENICA LAVORINO I PADRONI!

 

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From: Dante De Angelis dadante@tiscali.it

To:

Sent: Tuesday, August 05, 2014 5:43 PM

Subject: OGGI A FABRO, UN ALTRO FERROVIERE E’ MORTO SUL LAVORO

 

Stamattina un altro ferroviere è morto sul lavoro.

Alessio Corradini, ferroviere di 34 anni, dipendente da RFI SpA, è morto stamattina, 5 agosto 2014, folgorato alle 11.20 mentre stava lavorando sui fili dell’alta tensione della linea ferroviaria Firenze/Roma, nella stazione di Fabro-Ficulle, in provincia di Terni.

La tragedia è avvenuta durante la manutenzione programmata della linea elettrica di alimentazione dei treni.

In RFI le cautele e le procedure di sicurezza per la manutenzione (sulla carta pressoché perfette) si continuano a rivelare tragicamente inadeguate.

Solo pochi giorni fa in Sicilia tre colleghi sono morti sotto a un treno mentre lavoravano in linea.

Il tragico elenco dei morti sui binari continua ad allungati.

Ogni commento appare insufficiente ad esprimere i sentimenti di rabbia e di impotenza che si provano di fronte a infortuni così prevedibili e ripetitivi.

Ma qualcuno dovrà pure costringere RFI, a interrompere questa strage e a far rispettare le precauzioni necessarie.

Il governo si gingilla con “le riforme costituzionali” ignorando, colpevolmente, che la Costituzione deve essere ancora applicata.

L’ANSF (Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria) scrive Decreti senza preoccuparsi di controllare se vengono applicati.

Gli organi di vigilanza delle ASL e delle DPL vengono depotenziati e demotivati.

La magistratura apre le inchieste sempre dopo, anche se sarebbe meglio per tutti che si intervenisse prima.

Il ministro sta per fare un altro bel comunicato di cordoglio….

E così i sindacati.

E se siamo fortunati, anche il presidente della Repubblica ne farà uno solenne.

Tanto domani i giornali parleranno d’altro.

E noi assieme a madri, vedove e orfani continueremo a piangere quando un compagno di lavoro non torna a casa.

Ma non basta, occorre reagire e rimettere al centro della discussione, almeno tra i lavoratori, le iniziative e le azioni necessarie a salvarsi.

Una vera riforma sarebbe quella che…la sera tutti tornassero a casa dal lavoro!

 

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From: Marco Bazzoni marco.bazzoni01@libero.it

To:

Sent: Wednesday, August 06, 2014 9:33 PM

Subject: DENUNCIA ALLA COMMISSIONE EUROPEA

 

Le buone notizie non vengono mai da sole.

Con una lettera del 4 Agosto 2014, la Commissione Europea, Occupazione e Affari Sociali e inclusione, Unità Salute, sicurezza e igiene sul lavoro (riportata a seguire), è lieta di comunicarmi, che grazie alla mia denuncia e al successivo intervento con lettera amministrativa della Commissione Europea, le autorità italiane, con oltre 6 anni di ritardo dall’entrata in vigore (che vergogna…) hanno notificato alla banca dati del NIF, quale MNE (Misure Nazionali di Esecuzione) di attuazione della Direttiva europea quadro 89/391/CEE, il D.Lgs.81/08 (Testo Unico per la sicurezza sul lavoro) e successive modifiche.

Quindi il problema da me segnalato è stato risolto e la denuncia verrà archiviata.

VITTORIA!!!

Saluti.

Marco Buzzoni

Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

Firenze

 

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COMMISSIONE EUROPEA

Direzione Generale Occupazione, affari sociali e inclusione

Legislazione sociale e del lavoro, dialogo sociale

Salute, sicurezza e igiene del lavoro

Lussemburgo

EMPL/B/3/SO/ag(2014)

04/08/14

Marco Bazzoni

Oggetto: Sua denuncia CHAP (2014)00896 relative a una presunta violazione dell’articolo 18, paragrafo 2, della Direttiva 89/391/CEE del Consiglio da parte dell’Italia – pre-archiviazione

Egregio signor Bazzoni,

faccio riferimento alla sua denuncia del 5 marzo 2014, protocollata con il numero di riferimento CHAP (2014)00896, con la quale lei solleva la questione relativa alla mancata comunicazione ufficiale, da parte delle autorità italiane, del testo del Decreto Legislativo n.81/08 e successive modifiche quali disposizioni nazionali di attuazione della Direttiva 89/391/CEE in Italia, in conformità dell’articolo 18, paragrafo 2, della Direttiva stessa.

Ho il piacere di informarla che, a seguito di un intervento della Commissione presso le autorità italiane competenti mediante lettera amministrativa, l’Italia si è conformata al diritto dell’Unione dando comunicazione ufficiale della normative nazionale di attuazione della Direttiva 89/391/CEE, ossia del testo del “Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n.81” e delle sue disposizioni di modifica – MNE (2014)53639.

Il problema da lei sollevato è pertanto risolto.

La informo pertanto che è nostra intenzione procedere all’archiviazione della denuncia.

Tuttavia, nel caso in cui lei disponesse di nuovi elementi atti a dimostrare l’esistenza di un’infrazione o del persistere di un’infrazione del diritto dell’Unione, le saremmo grati di comunicarceli nel più breve tempo possibile e comunque entro quattro settimane a decorrere dalla data della presente. Dopo tale termine, la Commissione ha la facoltà di archiviare il caso.

MariaTesa Moitinho de Almeida

Capo unità

 

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From: Franco Coppoli francoppoli@yahoo.it

To:

Sent: Thursday, August 07, 2014 1:09 PM

Subject: COMUNICATO STAMPA COBAS THYSSENKRUPP TERNI

 

Si inoltra comunicato stampa dei Cobas dell’Acciai Speciali Terni ThyssenKrupp (AST) sul lavoro ai pensionati, mentre non si rinnovano i contratti a tempo determinato ai lavoratori AST e più in generale sulla vertenza che riguarda mobilità e licenziamenti, con richiesta di pubblicazione e di massima diffusione.

Si ringrazia in anticipo

per i Cobas

Franco Coppoli

 

COMUNICATO STAMPA

SI MINACCIA LA MOBILITA’, NON SI RINNOVANO I CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO MENTRE SI FANNO LAVORARE IN AST I PENSIONATI

Sembra giunta ai capitoli finali la lunga storia dell’acciaieria di Terni.

Dagli anni ‘90, dopo le privatizzazioni che hanno successivamente permesso lo spacchettamento della fabbrica, con la svendita “ai saldi” dell’impianto produttivo alla ThyssenKrupp, si è arrivati dieci anni fa, con l’avallo dei sindacati concertativi, al “furto” del “magnetico”, vero cuore della produzione di fabbrica, portato in Germania e ora siamo all’inizio della fine con l’annuncio di un migliaio di tagli ai posti di lavoro.

Sia nel 2004 che oggi i momenti più alti, che hanno rilanciato le lotte e prospettato un diverso finale sono stati determinati dalla radicalità e dallo spontaneismo operaio: nel 2004 quando i vertici della ThyssenKrupp furono assediati all’Hotel Garden in via Bramante e oggi dopo il blocco dell’Amministratore Delegato Lucia Morselli, nota “tagliatrice di teste”, nominata all’inizio di luglio, dopo pubbliche dichiarazioni della dirigenza sulle prospettive di sviluppo dell’acciaieria di Terni, per procedere alla dismissione della produzione a caldo e alla mobilità (cioè di fatto al licenziamento) per i lavoratori delle società controllate (SDF, Tubificio, Aspasiel, Arasco, ex Ilserv…).

Infatti nel pomeriggio del 31 luglio, dopo un breve ed improduttivo blocco dell’A1 realizzato la mattina che avrebbe dovuto portare alla ribalta nazionale la vertenza dell’acciaieria di Terni e che non aveva neanche avuto l’onore della notizia sui TG, gli operai, alla notizia che nella palazzina dirigenziale di viale Brin era in corso la firma per la messa in mobilità di 586 operai delle società controllate, sono scesi immediatamente in sciopero circondando la palazzina ed entrando dentro lo stabile.

L’Amministratore Delegato è stata sotto il controllo degli operai per 14 ore, sino alle 5:30 del mattino quando è stata fatta uscire dalla palazzina dalla Polizia. Il giorno dopo le procedure di mobilità sono state bloccate. La radicalità e la rabbia operaia per un futuro senza salario è stata poi controllata dai sindacalisti di mestiere arrivando alla fine dello sciopero la sera del 3 agosto per garantire ulteriori profitti alla proprietà, permettendo proprio quello che era stato disatteso dalla dirigenza: il rispetto delle commesse che il 31 luglio era diventato secondario riguardo alla premura padronale di iniziare la mobilità, lo smantellamento produttivo, i licenziamenti.

Se tutto è “sospeso” sino al 4 settembre l’offensiva contro gli operai non va in vacanza: infatti non vengono rinnovati i contratti a tempo determinato dei dipendenti AST, mentre si continuano a far lavorare i pensionati. Questo succederà dall’11 agosto all’officina meccanica con l’avallo, o almeno il silenzio complice, dei sindacati concertativi che continuano a fare il loro lavoro di pompieri rispetto alla rabbia operaia, garantendo la produzione e i profitti aziendali.

I Cobas denunciano questa deriva e chiedono di bloccare, da anni, il lavoro dei pensionati all’interno della fabbrica: che senso ha lasciare operai cinquantenni con famiglie senza stipendio per far lavorare chi già percepisce una pensione ogni mese, se non quello dello spremere chi lavora come un limone fregandosene della vita di chi rimane senza salario?

NO ALLA MOBILITA’ PER I LAVORATORI DELLE CONTROLLATE

NO AL LAVORO DEI PENSIONATI IN AST,NO AI LICENZIAMENTI,

SI AL RINNOVO DEI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

LOTTA PER LA DIFESA DEL SALARIO

COBAS AST THYSSENKRUPP

 

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From: Gian Luca Garetti glucagaretti@gmail.com

To:

Sent: Thursday, August 07, 2014 2:31 PM

Subject: DECRETO “COMPETITIVITÀ”: DEPUTATI E GOVERNO TUTELINO LA SALUTE DEI CITTADINI, NON CHI INQUINA

 

Da ISDE (International Society of Doctors for the Environment)www.isde.it

COMUNICATO STAMPA

Per cancerogeni e tossici arrivano i limiti “variabili”: nel Decreto Competitività sulle bonifiche siamo alla vera follia “consapevole”.

Nel passaggio al senato il decreto rinominato “inquinatore protetto” peggiora ulteriormente.

Appello ai deputati: tutelate la salute dei cittadini, non chi contamina.

I limiti di legge per cancerogeni e tossici nei suoli potranno variare da zona a zona in Italia. Per fare l’ennesimo regalo agli inquinatori si escogitano soluzioni di ogni tipo che ormai rasentano la follia.

Nel paese dell’ILVA, delle discariche di Bussi e Brindisi, del PCB di Brescia, con migliaia di persone che muoiono o nascono deformate per l’inquinamento come evidenziano le ricerche dell’Istituto Superiore di sanità, invece di introdurre normative stringenti e pretendere dai grandi gruppi responsabili dell’inquinamento nazioni di bonifica reali come si fa nei paesi civili da decenni, si preferisce alzare i limiti per gli inquinanti.

Il Decreto 91/2014 “Competitività”, da noi soprannominato “Inquinatore protetto”, conteneva diversi regali agli inquinatori: dall’innalzamento dei limiti per gli scarichi a mare dei solidi sospesi per poli chimici e piattaforme all’incredibile procedura di “autocertificazione” del grado di contaminazione da parte degli inquinatori, con procedure di bonifiche “semplificate” del tutto opache e facilmente utilizzabili per nascondere la polvere tossica sotto al tappeto. Vi era anche l’innalzamento dei limiti per le aree militari, considerate tutte aree industriali nonostante migliaia di ettari dei poligoni siano aree a pascolo o a macchia mediterranea.

Nel passaggio al Senato il testo è stato ulteriormente peggiorato!

Infatti è stato concepito un durissimo colpo alla certezza dei limiti di legge per gli inquinanti, oggi validi uniformemente in tutto il paese, introducendo soglie variabili sulla base dei cosiddetti “valori di fondo” delle varie sostanze. Peccato che la maggioranza abbia dimenticato di aggiungere la parola “naturale” e così bisognerà tener conto non solo dei valori “naturali” di base di una certa sostanza, ad esempio il Cadmio, ma anche dell’apporto di fonti di inquinamento diffuse. Di conseguenza in un’area inquinata come la Val padana ci saranno limiti di legge per un inquinante diversi da quelli di aree poco abitate, che saranno più bassi.

Valori a geometria variabile in cui a guadagnarci saranno gli inquinatori che così avranno limiti più larghi in molte aree del paese, con cittadini di serie a e di serie b a seconda del contesto territoriale.

Non basta! Nel Decreto hanno aggiunto anche procedure per il riutilizzo dei materiali da dragaggio che permetteranno di scaricarli nelle lagune tenendo conto dei limiti per le sostanze pericolose per i suoli e non quelli molto più stringenti per i sedimenti delle aree marino-costiere dettati peraltro da norme comunitarie. Il tutto per sostanze pericolose come il mercurio (stiamo parlando di una differenza di quasi venti volte) o cancerogene come il benzo(a)pirene (in questo caso per migliaia di volte!).

Invitiamo il Governo e i deputati a stralciare norme inemendabili e a modificare radicalmente quelle che in teoria possono essere utili a far partire le bonifiche senza che diventino l’escamotage per fare risanamenti solo sulla carta con vantaggi miliardari per i soliti noti.

I cittadini possono scrivere ai deputati e ai ministri coinvolti per chiedere di varare norme volte veramente a disinquinare il territorio del Belpaese (www.acquabenecomune.org).

31 Luglio 2014.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

Rete Stop Biocidio Lazio e Abruzzo

Coordinamento Nazionale Siti Contaminati

Ufficio Stampa Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

via di Sant’Ambrogio, 4

00186 Roma

telefono: 06 6832638

fax: 06 68136225

cellulare: 333 6876990

mail: ufficiostampa@acquabenecomune.org &segreteria@acquabenecomune.org

web: www.acquabenecomune.org & www.obbedienzacivile.it

 

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From: Gino Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it

To:

Sent: Friday, August 08, 2014 11:21 PM

Subject: PATERNO, LA TERRA DEI FUOCHI TOSCANA: VIDEO E TIMELINE

 

AGGHIACCIANTE!

Non c’è altro termine per commentare il documento e il video di PerUnaltracittà, Laboratorio politico, Comunità delle Piagge, L’Altracittà.

Ringrazio Ornella De Zordo che me lo ha girato. Ornella pur fuori dal Consiglio Comunale di Firenze dopo 10 anni di opposizione dura, coerente e piena di passione, prosegue la sua azione con il laboratorio e il giornale on line che spazia sull’ambiente, ma anche su altre tematiche (vedi la morte violenta di Magherini ).

Volevo aggiungere che nel febbraio di questo anno a margine di un Convegno all’Università organizzato dal professor Annibale Biggeri fui avvicinato da Girolamo Dell’Olio di IDRA che mi presentò una ragazza cui erano morti i genitori di tumore (ristoratori per anni a Paterno). Non ricordo se fosse Francesca (quella del video). Se così non fosse sarebbero già 4 le persone (i genitori di due ragazze) che avrebbero perso la vita per tumore nell’area della Cava.

Medicina Democratica potrà (dovrà) sicuramente fare qualcosa anche considerando che fra non molto partirà il Bando della Borsa di Studio in ricordo di Michelangiolo Bolognini.

La tematica sarà proprio l’uso distorto dell’informazione e della comunicazione ai cittadini da parte delle Istituzioni.

Sulla questione esce malissimo il PD, con l’eccezione del Sindaco (l’ultimo) di Vaglia che si è battuto per la Verità.

Saluti a tutti voi

Gino Carpentiero

Sezione Pietro Mirabelli di Medicina Democratica

 

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Da: Ornella De Zordo ornella.dezordo@gmail.com

ciao Gino, se lo vuoi diffondere nella rete di Medicina democratica! un abbraccio, Ornella

COMUNICATO STAMPA

ONLINE IL VIDEO “PATERNO. LA TERRA DEI FUOCHI TOSCANA”

TRA I CONTENUTI IL VERBALE SEGRETO DEL PD E GLI INTRECCI SOCIETARI DIETRO LA PROPRIETÀ

LO SCANDALO DELLA DISCARICA NEL MUGELLO RACCONTATO PER IMMAGINI E CON UNA TIMELINE

Un video e una timeline multimediale per raccontare nel modo più semplice possibile la scandalosa vicenda della ex cava di Paterno, frazione del comune mugellano di Vaglia, trasformata in una discarica di rifiuti pericolosi nell’indifferenza delle istituzioni preposte al controllo. Lo hanno prodotto La Città invisibile e l’Altracittà come anticipazione dei numeri di settembre.

A parlare nel video a nome del Comitato ambientale di Vaglia sono Francesca Chemeri e David Kessler. Abitano a Paterno e seguono da sempre i traffici intorno alla cava. Le loro denunce sono rimaste per anni inascoltate nonostante le tante ricadute negative sulla salute dei cittadini. Francesca ha perso i genitori per patologie oncologiche. Nel febbraio scorso la Procura di Firenze ha finalmente sequestrato la discarica e indagato 11 persone per stabilire di chi è la responsabilità del deposito di 1.300 tonnellate di sabbia finissima contenente metalli pesanti (cromo, rame, ferro, piombo, nichel) che per la legge deve essere invece trattata e smaltita come rifiuto speciale e non lasciata a se stessa, libera di inquinare l’ambiente, falde d’acqua e torrenti inclusi.

“La paura” – dice Francesca Che meri – “è che la pubblica amministrazione abbia tentato di fare una sanatoria. E questa è la cosa peggiore in assoluto perché quando si fa una sanatoria si fa un piacere a qualcuno. Oggi vorrei capire chi è questo qualcuno e perché gli si fa un piacere visto che da anni gli abitanti di Paterno denunciano una quantità di cose strane intorno alla cava”.

Sua mamma negli anni Novanta fece un lungo e dettagliato esposto sull’allora cementificio in cui ipotizzava che le presunte omissioni dei soggetti deputati al controllo avessero origine negli interessi di gruppi societari, pubblici e privati, legati al Partito Democratico di Sinistra. Tra queste anche Produrre Pulito SpA che solo dallo scorso anno con l’acquisto della cava appare ufficialmente sulla scena.

E il video approfondisce proprio l’intreccio proprietario della cava: tra le società più note che posseggono un numero più o meno alto di quote della “Industriale Vaglia”, troviamo Lanciotto Ottaviani (condannato nel processo per l’Alta Velocità e indagato per rapporti con la camorra), Produrre Pulito SpA (citata 20 anni fa dalla madre di Francesca) e a cascata, tra le altre, Consiag, Cna, Quadrifoglio, Infrastrutture Leggere, Cooplat, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca Mps, Iren Ambiente. E’ quindi evidente l’interesse che questa cava ha saputo sollevare in tanti soggetti diversi tra loro ma legati da un comune interesse e come oggi serva la massima trasparenza su tutta la vicenda.

Il Comitato nel video cita inoltre un verbale del direttivo del Partito Democratico di Vaglia, datato 4 ottobre 2010 e poi secretato, in cui il sindaco di allora, Fabio Pieri, afferma la necessità di trasformare la cava in discarica. Si discute anche sull’opportunità o meno di utilizzare i rifiuti dell’industria conciaria per riempire la discarica. Da allora passano quattro anni e oggi, grazie alle notizie riportate dalla stampa dopo i sopralluoghi dell’Arpat voluti dalla Procura di Firenze, si legge che molto probabilmente tra i rifiuti della cava ci sono proprio i fanghi conciari. Strana coincidenza, tenuto conto che solo recentemente i cittadini di Vaglia e di Paterno hanno scoperto la volontà della vecchia amministrazione comunale di “arricchire” il territorio con una discarica del genere.

Oltre al video la timeline raccoglie le notizie emerse nelle ultime settimane grazie alle denunce dei cittadini organizzati in Comitato, alla rinnovata amministrazione comunale di Vaglia e alla stampa. Il video è stato realizzato da Ginger, 5, Francesca Conti e Riccardo Capucci e prodotto da perUnaltracittà, il laboratorio politico fiorentino, e da l’Altracittà, il giornale della Comunità delle Piagge.

PerUnaltracittà

Laboratorio politico

Comunità delle Piagge

L’Altracittà

Il video al link:

www.perunaltracitta.org/2014/08/08/paterno-la-terra-dei-fuochi-toscana-video

La timeline al link:

www.perunaltracitta.org/2014/08/08/il-caso-paterno-timeline

 

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From: Giuseppe Zambon zambon@zambon.net

To:

Sent: Saturday, August 09, 2014 9:16 AM

Subject: RECESSIONE FA RIMA CON AGGRESSIONE

 

In Italia la crisi economica non si arresta. E’ di nuovo “recessione”. La sua particolarità sta nel fatto che è cominciata non dopo un periodo di ripresa, ma dopo una lunga stagnazione.

La situazione peggiorerà perché i padroni non fanno investimenti, gli 80 euro hanno un effetto minimo sui consumi e l’export diminuirà, visto che anche i paesi capitalisti “emergenti” rallentano e non possono fungere da assorbitori di merci e ammortizzatori della crisi come prima.

Le precedenti ondate recessive che hanno colpito l’Italia tra il 2008 e il 2013 hanno causato la perdita di circa 9 punti di PIL e di un quarto del prodotto industriale, reso drammatico il problema della disoccupazione (specie quella giovanile) e della povertà.

Con la nuova recessione le conseguenze saranno ancora più gravi.

Dopo sette anni di crisi la borghesia non ha più grandi margini di manovra. Questo significa che inasprirà la sua offensiva e con ciò la lotta di classe.

Recessione fa rima con aggressione per il capitale monopolistico finanziario e i suoi governi, come quello neoliberista di Renzi.

Il “rottamatore” ha esaurito la luna di miele e deve dimostrare ai poteri forti che lo hanno messo a Palazzo Chigi che è capace di affrontare la situazione con una maggiore aggressività antioperaia e antipopolare.

Deve perciò andare avanti concretamente e a ritmi più rapidi nel suo programma di controriforme costituzionali e politiche, di austerità e privatizzazioni, di flessibilità e precarietà, di maggiore presenza militare all’estero e altri tagli alla spesa sociale.

Draghi chiama e Renzi risponde: “faremo di più e meglio”. Il capitale finanziario e il suo governo vanno all’attacco, mentre collaborazionisti e opportunisti si dibattono nell’equivoco e nell’impotenza.

Dobbiamo prepararci allo scontro sin da ora compattando le nostre forze, compiendo uno sforzo per liberarsi da posizioni erronee e arretrate.

L’unità e la lotta rivoluzionaria delle forze classiste è la condizione per la ripresa proletaria.

Costruiamo dal basso il Fronte unico proletario ed i suoi organismi di lotta (Comitati operai di agitazione, di sciopero, ecc.) per difendere in modo intransigente gli interessi operai e aprire la strada a una vera alternativa.

Realizziamo un ampio Fronte popolare, con alla sua testa la classe operaia, che unisca le realtà che resistono all’offensiva del grande capitale e conducono la lotta di classe nei posti di lavoro e sul territorio.

Che la ripresa degli scioperi e delle lotte nelle fabbriche e nelle piazze faccia saltare i piani reazionari del grande capitale e del suo governo Renzi.

Solo un Governo degli operai e degli altri lavoratori sfruttati, che sorga dalla lotta stessa delle masse, potrà soddisfare le loro rivendicazioni politiche ed economiche, ponendo fine allo sfruttamento e ai privilegi borghesi.

Lavorare e lottare per questa prospettiva rivoluzionaria significa rompere nettamente e definitivamente con l’opportunismo in tutte le sue forme, realizzare l’unità dei sinceri comunisti e degli elementi migliori del proletariato sui principi del marxismo-leninismo per costruire un solo, combattivo Partito comunista!

Piattaforma Comunista

08/08/14

e mail: teoriaeprassi@yahoo.it

web: http://www.piattaformacomunista.com/

 

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From: F. Ferrari f.ferrari72@libero.it

To:

Sent: Saturday, August 09, 2014 10:26 AM

Subject: DERAGLIAMENTO BRESSANONE, DEPUTATI A LUPI: “PITTALUGA DEVE ANDARE VIA”

 

Incidente ferroviario di Bressanone e censura sulle indagini.

M5S: “Via il dirigente ministero che ha censurato la relazione.

SEL: “Lupi rimuova le righe nere di censura dalla relazione”.

Dopo l’articolo di ilfattoquotidiano.it sulla relazione oscurata da Marco Pittaluga del Ministero dei Trasporti, un gruppo di parlamentari del M5S (Spessotto e altri) ha presentato un’interrogazione al ministro Lupi.

Anche SEL (Kronbichler e Scotto) ha presentato un’interrogazione per chiedere al Ministro di rimuovere la censura dalla relazione pubblicata sui sito del ministero dei trasporti.

 

Da: Il Fatto Quotidiano

http://www.ilfattoquotidiano.it

INCIDENTE FERROVIARIO, M5S: “VIA IL DIRIGENTE DEL MINISTERO CHE HA CENSURATO LA RELAZIONE”

Dopo l’articolo di ilfattoquotidiano.it sulla relazione oscurata da Marco Pittaluga del Ministero dei Trasporti, un gruppo di parlamentari ha presentato un’interrogazione al ministro Lupi che prende le difese del direttore per le investigazioni ferroviarie. Il deragliamento è avvenuto a Bressanone nel 2012

Un gruppo di deputati del Movimento 5 Stelle, guidati dall’onorevole Arianna Spessotto, ha chiesto le dimissioni di Marco Pittaluga, il dirigente del Ministero dei Trasporti che ha censurato, prima di pubblicarla sul sito del ministero, la relazione della Commissione d’inchiesta sul deragliamento del treno merci a Bressanone del 6 giugno 2012, che metteva in luce gravi responsabilità da parte delle aziende responsabili della manutenzione degli assi e in cui gli autori accusavano lo stesso Pittaluga di aver ostacolato le indagini.

L’interrogazione è stata presentata al Ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi. “Due sono le cose: o Pittalunga ha agito al di fuori delle proprie competenze, e di questo dovrebbe rispondere, oppure ha operato dietro indicazione del Ministro, che in tal caso dovrebbe uscire allo scoperto” hanno dichiarato i deputati in Commissione trasporti.

Immediata la risposta del Ministero, che prende le difese di Pittaluga: ha fatto il suo dovere, la relazione tecnica non poteva entrare nel merito delle responsabilità, né elaborare modelli di analisi o pubblicare testimonianze sull’incidente prima della fine del procedimento giudiziario.

 

Da: Il Fatto Quotidiano

http://www.ilfattoquotidiano.it

“DERAGLIAMENTO PER SCARSA MANUTENZIONE”. MA IL MINISTERO CENSURA LA SUA RELAZIONE

Per un deragliamento avvenuto a Bressanone nel 2012 la commissione investigativa accusa le aziende che hanno controllato gli assili indicando cause analoghe a quelle della strage di Viareggio. E punta il dito contro un dirigente delle Infrastrutture: “Ci ha ostacolato”.

Così lui oscura tutte le parti che non condivide.

Ora gli ingegneri scrivono al Ministro Lupi e l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria ordina il blocco di tutti i componenti provenienti dalla stessa officina.

Hanno accusato le società che, secondo loro, avevano fatto scarsa manutenzione. Hanno messo nero su bianco il calcolo del possibile ritorno economico che quelle aziende avrebbero avuto da questo risparmio. Hanno puntato il dito, infine, contro un dirigente del Ministero dei Trasporti che (dicono) ha ostacolato le indagini.

I componenti della commissione ministeriale investigativa che hanno indagato sull’incidente ferroviario di Bressanone (era il 6 giugno 2012) avevano usato parole chiare per spiegare perché secondo loro quel treno merci deragliò nella stazione altoatesina.

Ma chi voleva leggere quelle parole sul sito del Ministero dei Trasporti non ha potuto: lo stesso dirigente accusato, cioè il direttore per le investigazioni ferroviarie del Ministero dei Trasporti Marco Pittaluga, ha censurato la relazione della commissione investigativa perché “non condivisa”.

Tanto che ora il presidente della commissione Roberto Focherini ha scritto al ministro Maurizio Lupi: “Si ricordi che la nomina del direttore per le investigazioni è competenza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e quindi anche la responsabilità del suo operato”.

E pensare che la prima causa dell’incidente di Bressanone, secondo i tecnici della commissione, è analoga della strage di Viareggio, avvenuta il 29 giugno 2009, quando morirono 32 persone e per la quale è in corso un processo dove sono imputati tutti i vertici delle Ferrovie dello Stato.

Nella stazione di Bressanone a deragliare non fu un treno carico di GPL come in Versilia, ma un treno merci carico di rottami. Ma in entrambi i casi si è trattato di un deragliamento causato da un problema a un assile di uno dei vagoni. In sostanza per scarsa manutenzione. A Bressanone non morì nessuno, si fecero male senza gravi conseguenze solo i due macchinisti. Ma forse fu un caso. Era mezzogiorno: un’oretta dopo la stazione si sarebbe riempita di studenti al ritorno da scuola.

Dopo quasi due anni di indagini, a maggio di quest’anno, la Commissione ministeriale investigativa ha presentato la sua relazione.

Ma sul sito del Ministero dei Trasporti è stata pubblicata il 18 luglio, oscurata in più parti da grosse righe nere. L’autore è proprio Pittaluga: lo dichiara lui stesso nella prefazione: “Alcune parti della allegata relazione non vengono dal sottoscritto condivise” – scrive – “Ho ritenuto di mondare la Relazione tecnica predisposta dagli investigatori incaricati, nelle parti che ho sopra descritto”.

Il direttore delle investigazioni cancella tra l’altro anche l’accusa a lui rivolta di aver ostacolato le indagini.

“Non si ringrazia” – avevano scritto gli autori della relazione, Focherini e Scagliarini – “il Direttore Generale Marco Pittaluga che ha ostacolato, abusando della propria autorità, lo svolgimento delle indagini, procrastinando la consegna della relazione”.

A risultare illeggibili parti delle accuse rivolte alle aziende addette alla manutenzione degli assili che si sono scomposti: la OBB TS, l’impresa austriaca responsabile della manutenzione del carro, e la ZOS, l’officina slovacca che aveva in subappalto la manutenzione.

Circostanze anche in questo caso sovrapponibili a quelle della strage di Viareggio. Gli assili, cioè le coppie di ruote infilate in un asse sotto ogni carro, presentavano un’eccessiva rugosità, secondo gli esperti. E questa, se da un lato provoca un “aumento del rischio nella formazione di cricche”, cioè le fratture alla base dei deragliamenti, dall’altro consente di assicurarsi assili che nel tempo si consumano molto meno: un risparmio per chi deve fare la manutenzione.

E completamente oscurata sul sito del Ministero è la parte in cui la Commissione investigativa prova a fare un calcolo su questo punto: “E’ possibile che in tutto ciò ci sia un ritorno economico e cioè quello di avere degli assili a vita ‘infinita”.

Gli ingegneri calcolano: “Considerando che solitamente in un carro ci sono 4 assili, che il costo di un assile dell’ordine di 1.250 euro e ipotizzando un parco di carri dell’ordine di 20.000 carri, il vantaggio nel non sostituire un assile nuovo su tutti i carri genera un utile U pari a: U=4*1.250*20.000=100.000.000 euro, cioè un utile di 100 milioni di euro”.

Illeggibili sono anche i calcoli elaborati dagli ingegneri della Commissione per definire parametri più rigidi che evitino la fuoriuscita delle ruote dagli assi.

“Un fatto inaudito e gravissimo” commentano i ferrovieri di Ancora in marcia!, storica rivista delle organizzazioni sindacali di base dei macchinisti italiani, che non esitano a parlare di censura e di “un quadro inquietante sulla trasparenza delle investigazioni svolte dal ministero”.

Proprio a loro i componenti della commissione Focherini e Scagliarini hanno spedito il testo autentico perché fosse diffuso.

C’è di più. Il lavoro della commissione evidentemente è stata tenuto in considerazione dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria (un organo indipendente), che ha diramato una comunicazione urgente in cui ordina con effetto immediato a tutte le imprese ferroviarie italiane di non accettare le sale montate (cioè l’insieme di ruote e assili) gemelle di quelle lavorate dall’officina slovacca ZOS sul treno deragliato a Bressanone. Negli ultimi due anni però quei pezzi sono circolati.

 

Da: Alto Adige

http://altoadige.gelocal.it

DERAGLIAMENTO DI BRESSANONE: “CENSURATE” LE INVESTIGAZIONI

Scoppia la polemica a Roma sulle indagini relative al deragliamento di Bressanone, avvenuto nel 2012. La commissione investigativa nominata dal Ministero, infatti, ha accusato un funzionario dello stesso dicastero di aver censurato alcune risultanze delle indagini e di averle, scientemente oscurate con il pennarello nero perché non condivise. Il presidente della commissione, Roberto Focherini, ha scritto direttamente al Ministro Lupi perché si occupi della questione, ritenuta di estrema gravità.

Nello specifico, la relazione sarebbe stata oscurata nei passaggi che individuano come cause del deragliamento di Bressanone gravi carenze dal punto di vista della manutenzione degli assili, manutenzione effettuate da un’officina slovacca.

La commissione si era spinta oltre, sostenendo che con questo sistema i risparmi per le aziende di manutenzione sono enormi e di conseguenza anche i guadagni. Accuse pesanti, ma motivate dallo studio dei tecnici della commissione ministeriale che hanno trovato diverse analogie con l’incidente ferroviario di Viareggio. Anche lì un treno merci era uscito dai binari in corsa: trasportava GPL e fu una strage, con 32 morti. A Bressanone invece la sorte diede una mano: il treno trasportava rottami e ci furono “solo” due feriti, i macchinisti.

La relazione su quest’ultimo incidente è stata depositata a maggio, ma la pubblicazione sul sito del Ministero è avvenuta con i tagli, motivati dal direttore Pittaluga come “non condivisi”.

Per la commissione si tratta di una censura inquietante, non fatta dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria (un organo indipendente) che in effetti ha ordinato alle imprese ferroviarie italiane di non montare i prodotti lavorati dall’officina slovacca.

Secondo la commissione, nel deragliamento di Bressanone è stata riscontrata una eccessiva rugosità degli assili (cioè nelle coppie di ruote sotto i carri) e questo aumenta la possibilità di fratture nel ferro. Un’analogia preoccupante con le ipotesi del deragliamento di Viareggio.

 

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From: Aldo Arpe arpe_aldo@yahoo.it

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Sent: Sunday, August 10, 2014 4:27 PM

Subject: LE PRIME DIFFICOLTA’ DEL RENZISMO

 

LE PRIME DIFFICOLTA’ DEL RENZISMO. LA PROVA SOCIALE DI AUTUNNO. PER UNA SOLUZIONE ANTICAPITALISTICA DELLA CRISI.

La recessione italiana presenta il conto a Renzi. Non si può fare il populismo di governo coi fichi secchi. La truffa degli 80 euro può servire una volta per prendere voti e mascherare le misure di ulteriore precarizzazione del lavoro. Ma non serve a “rilanciare l’economia”, né può essere più replicata.

Il renzismo non ha certo consumato le proprie risorse politiche. Si nutre ancora, in larga misura, di un relativo affidamento popolare. Presidia un PD “conquistato” e plasmato in funzione del Capo. E’ sostenuto dalla Presidenza della Repubblica. Gode della complicità berlusconiana. Prosegue la marcia del proprio disegno istituzionale, districandosi fra le contraddizioni parlamentari. Si fa forte dell’assenza di alternative politiche, e soprattutto di un’opposizione sociale di massa.

Eppure il fenomeno sembra aver esaurito, bruscamente, la fase della propria ascesa travolgente. Il disincanto apre le prime brecce nel suo blocco di consenso. Ampi settori del mondo del lavoro e della piccola borghesia non vedono “il cambiamento” annunciato. La grande stampa borghese, a maggio osannante, chiede “risultati” e “meno propaganda”.

Capitalisti emergenti sostenitori di Renzi della prima ora dichiarano la propria insoddisfazione (Della Valle). Confindustria e Confcommercio dichiarano scetticismo e chiedono udienza. La materialità della crisi capitalista richiama tutti alla realtà.

L’ “uomo solo al comando” è ancora saldamente in sella, ma non riscuote più il plauso incantato che la borghesia tributava al “vincitore” del 25 maggio.

Si profila un passaggio classico. O la spinta bonapartista supera le proprie difficoltà, rafforzando il quel caso una tendenza di “regime” (che cerca magari un’incoronazione popolare anticipata nelle urne e un Parlamento a propria immagine e somiglianza); o inciampa in esse, si sfrangia e regredisce, avviando la parabola del proprio logoramento e della propria crisi.

L’autunno può essere una prima cartina di tornasole di questo bivio.

LA DISFATTA DELLE SINISTRE RIFORMISTE

Le sinistre riformiste, politiche e sindacali, sono di fronte alla disfatta di tutta la propria politica.

Aver avallato, agli occhi dei lavoratori, la recita renzista del “cambiamento” (Landini); aver inseguito l’impossibile concertazione con un Bonaparte in pectore (Camusso); aver chiesto invano il rilancio del vecchio centrosinistra (borghese) al suo becchino populista (Vendola); aver rinunciato tutti, in nome di queste ambizioni illusorie, a ogni opposizione reale e di massa al governo Renzi, persino sulla inaudita precarizzazione del lavoro (decreto Poletti), persino su un progetto istituzionale reazionario, non hanno solo confermato la congenita subalternità delle sinistre riformiste al quadro borghese: hanno anche condotto i suoi gruppi dirigenti in un vicolo cieco.

Chi sperava di essere chiamato, in varie vesti, alla corte del principe, o è rimasto in anticamera (FIOM), o è stato umiliato (CGIL), o è stato scisso (SEL). Mentre a pagare sono stati e sono i lavoratori, abbandonati senza difese a una crisi sociale ancora più acuta e alla minaccia di una Terza Repubblica ancor più reazionaria.

Tanto più oggi, le prime serie difficoltà del renzismo ripropongono l’urgenza di una svolta di fondo.

Non ci si può affidare a qualche denuncia epistolare delle politiche del lavoro presso la Corte Europea di Giustizia se si rinuncia a ogni azione reale di mobilitazione contro quelle politiche, come fa la CGIL.

Né si può realisticamente sperare di usare le difficoltà del renzismo per provare a rilanciare uno schema concertativo di “interlocuzione e confronto” che resta estraneo alla sua natura bonapartista e che per di più non dispone, tanto più oggi, di una base materiale di appoggio, con buona pace di Landini.

Né infine si può mercanteggiare il livello di “opposizione” parlamentare a un governo antioperaio in base alle contropartite su soglie elettorali e assessori regionali, come fa SEL.

E’ necessario davvero voltare pagina. E’ necessario e urgente, per tutte le sinistre, rompere definitivamente col renzismo e col suo partito, a livello nazionale e locale, contrapponendosi apertamente al governo Renzi sul terreno dell’azione di massa. E’ necessario che il movimento operaio definisca un proprio programma autonomo e alternativo per l’uscita dalla crisi; un piano d’azione unitaria, radicale e di massa, capace di porlo al centro dello scontro; una propria alternativa politica capace di realizzare quel programma.

L’alternativa a questa prospettiva è o la stabilizzazione reazionaria del renzismo, o una capitalizzazione a destra della sua crisi per opera del progetto (ancor più reazionario) della Repubblica plebiscitaria, senza partiti e sindacati, di Casaleggio e Grillo.

L’alternativa fra rivoluzione o reazione è e sarà riproposta, in forme diverse, da tutta la dinamica della crisi italiana.

LA BANCAROTTA DELLE CLASSI DIRIGENTI

La lotta contro il governo Renzi è inseparabile dalla lotta più generale contro le classi dirigenti del Paese e la loro bancarotta.

Il capitalismo e la sua crisi internazionale hanno trascinato l’economia italiana in una depressione profonda, senza pari fra i grandi paesi capitalistici europei. La nuova recessione è solo un capitolo di questa condizione. Non hanno fallito le “politiche dominanti”. Hanno fallito le classi dominanti e tutti i loro partiti.

Capitalisti e banchieri, manager e faccendieri, hanno saccheggiato per 20 anni lavoro e protezioni sociali attraverso comitati d’affari (di ogni colore) chiamati “Governi del Paese”. Prima hanno predicato le virtù dell’”austerità” (per i lavoratori) come condizione della “crescita” (dei propri profitti). Ora invocano la priorità della “crescita” (mancata) come condizione dell’”austerità” (il famoso “rispetto dei patti europei e del rigore dei conti”). Ma dietro le porte girevoli di parole vuote, si cela ieri come oggi il solo interesse dei capitalisti. Dove per “crescita” si intende nuova detassazione dei padroni (Irap) nuova precarietà del lavoro (Poletti), nuovo smantellamento dei contratti nazionali pubblici e privati, nuova giostra di privatizzazioni e commesse pubbliche a vantaggio di business e profitti (tipo Mose, Expo, TAV e via dicendo). E per “necessario rigore dei conti” si intende tutto ciò che serve per ingrassare la crescita dei profitti e onorare i patti col capitale finanziario italiano ed europeo: nuovo taglio traumatico sulle spese sociali (32 miliardi in 3 anni), a partire da ammortizzatori, istruzione, sanità, per finanziare detassazioni e commesse per i padroni, per continuare a pagare 90 miliardi annui di interesse sul debito alle banche (prevalentemente italiane), per contribuire al fondo salva banche europeo, per cercare di rispettare il Fiscal Compact liberamente stipulato con gli altri governi capitalistici dell’Unione (in cambio del loro impegno, se necessario, a soccorrere le banche italiane).

Qual è la sostanza di tutto questo? Che un’intera società, in Italia e in Europa, è chiamata a pagare il parassitismo dei capitalisti e del capitalismo. Non è il fallimento di una “politica economica”, come vorrebbero Camusso, Landini, Vendola e Tsipras. E’ il fallimento di una economia. Non è il fallimento di “una certa concezione dell’ Europa”, come balbetta la liberal progressista Barbara Spinelli. E’ il fallimento della Unione Europea dei capitalisti e dei banchieri. Incapace di liberare qualsiasi spazio di progresso sociale. Al punto che anche dove la cosiddetta “crescita” (timidamente e provvisoriamente) avviene, avviene sulla pelle dei salariati (liberalizzazione dei licenziamenti in Spagna, contratti a zero ore in Gran Bretagna, ecc.).

La verità è che l’unica alternativa alla crisi italiana (ed europea) è anticapitalistica. Richiede un programma di emergenza che rovesci la logica di classe dei capitalisti, partendo dalla logica opposta dei salariati. Che è poi la logica di un’ organizzazione finalmente razionale della società.

UN PIANO OPERAIO PER USCIRE DALLA CRISI

L’EMERGENZA DAL PUNTO DI VISTA DEI LAVORATORI

Un piano operaio per uscire dalla crisi deve prevedere un insieme combinato di misure e assi di intervento.

1)    Blocco dei licenziamenti. Le aziende che licenziano, che inquinano, che ignorano diritti e sicurezza del lavoro, siano nazionalizzate, senza indennizzo per i grandi azionisti, e poste sotto il controllo dei lavoratori. A partire da Ilva, ThissenKrupp, Lucchini, Alitalia.

2)    Il lavoro che c’è sia distribuito fra tutti, attraverso una riduzione generale dell’orario di lavoro a parità di paga (30 ore settimanali). Tutte le leggi di precarizzazione del lavoro siano abolite. Gli attuali precari vengano assunti e regolarizzati. Il rapporto normale di lavoro sia a tempo pieno e indeterminato. I disoccupati e i giovani in cerca di prima occupazione abbiano diritto a un salario di almeno 1.200 euro netti fino a che non trovino lavoro, finanziato dalla soppressione dei trasferimenti pubblici alle imprese private.

3)    Si promuova un grande piano di nuovo lavoro in opere sociali di pubblica utilità sull’intero territorio nazionale: asili nido, riparazione e sviluppo dell’edilizia scolastica e ospedaliera, bonifiche e riassetto idrogeologico del territorio, riparazione della rete idrica, sviluppo e riqualificazione del sistema ferroviario e dei trasporti, estensione nazionale della sicurezza antisismica, ecc. Si accompagni questo piano con la nazionalizzazione della grande industria edilizia e del cemento (oggi regno della peggiore criminalità), sotto il controllo dei lavoratori.

4)    Venga ripristinato il sistema previdenziale a ripartizione, si estenda e riqualifichi l’assistenza sanitaria e ospedaliera, si realizzi un piano concentrato di investimento nell’istruzione pubblica, ad ogni livello. Abolendo innanzitutto tutte le misure di austerità e di tagli a servizi pubblici e prestazioni sociali degli ultimi decenni.

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