SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.174 DEL 22/08/14

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SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.174 DEL 22/08/14

INDICE

–         Richiesta di manutenzione straordinaria di attrezzatura di lavoro – Prima parte

–         Area Gestione Recupero Ferro ILVA: Peacelink denuncia a Magistratura e Commissione europea

–         ILVAdemecum: il dossier aggiornato della situazione dell’ILVA di Taranto

–         Un fronte unico per la riduzione dell’orario di lavoro e l’abbassamento dell’età pensionabile

–         Grande distribuzione: progettazione ergonomica dei posti di lavoro

–         CD compilation “Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!” – FFD “Proletario”

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

Marco Spezia

SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS!

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

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RICHIESTA DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA DI ATTREZZATURA DI LAVORO – PRIMA PARTE

LE CONSULENZE DI SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS! – N.51

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto Sicurezza sul lavoro – Know your rights! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori.

Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.

Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.

Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.

In questo caso, vista la lunghezza e la complessità dell’argomento, dividerò il documento in due parti.

La prima (questa) è relativa a:

–         richiesta di manutenzione straordinaria di attrezzatura di lavoro – riferimenti normativi

la seconda (che pubblicherò nella prossima newsletter) sarà relativa a:

–         lettera da inviare al datore di lavoro per richiesta manutenzione straordinaria attrezzatura di lavoro

Marco Spezia

QUESITO

Ciao Marco,

ti espongo il mio problema, per il quale chiedo il tuo aiuto.

Lavoro in una ditta che si occupa di igiene ambientale, quindi raccolta rifiuti e pulizia strade.

Mi capita di utilizzare una spazzatrice stradale per la pulizia. Il problema è che la macchina non funziona bene, creando gravi rischi per la sicurezza dell’operatore e di terzi.

In pratica, a volte si blocca lo sterzo durante la guida, con tutti i rischi di incidente che puoi bene immaginare

L’officina aziendale di manutenzione ha già tentato di sistemare il problema, che però dopo pochi giorni si ripresenta uguale a prima.

Tieni conto che in azienda esiste un modulo per la segnalazioni di eventuali guasti e malfunzionamenti e di un vero e proprio libretto dei guasti, composto da un modulo in due copie di cui una viene consegnata all’officina aziendale e l’altro rimane sull’automezzo.

Però l’officina non ha l’obbligo di segnare su questo libretto se gli interventi sono stati eseguiti o meno e quindi nemmeno che tipo di intervento é stato eventualmente eseguito.

Inoltre la manutenzione dei mezzi non viene eseguita in maniera programmata, fatto salvo per i tagliandi di manutenzione e per i “ritocchini” in vista della revisione.

Secondo noi autisti il mezzo non sarebbe da utilizzare, ma l’azienda dopo ogni riparazione lo rimette in circolazione ritenendolo funzionante (e in effetti per qualche tempo funziona pure).

Cosa possiamo fare per non mettere a repentaglio la sicurezza nostra e altrui?

Se può servire ti informo che abbiamo eletto un RLS, disposto a darci una mano, ma che avrebbe bisogno delle “dritte” giuste.

Grazie

RISPOSTA

Ciao,

penso che tu sappia che gli obblighi per le aziende relativamente alla salute e alla sicurezza dei lavoratori sono fissati dal Decreto Legislativo 81/08 (il cosiddetto “Testo Unico per la sicurezza”, nel seguito Decreto).

Ti riporto pertanto a seguire i riferimenti normativi relativi al problema della spazzatrice da te lamentato e la lettera da inviare al datore di lavoro della tua azienda, da parte del vostro RLS, per richiedere un intervento di manutenzione straordinaria per la risoluzione dei problemi.

Marco

RICHIESTA DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA DI ATTREZZATURA DI LAVORO

RIFERIMENTI NORMATIVI

Secondo il Decreto, la spazzatrice stradale da te menzionata risulta essere un’attrezzatura di lavoro.

Infatti l’articolo 69, comma 1, lettera a) del Decreto definisce come attrezzatura:

qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro”.

Relativamente all’utilizzo delle attrezzature e quindi della spazzatrice, il Decreto impone come obblighi sanzionabili (cioè puniti penalmente se non vengono ottemperati) per il datore di lavoro quelli di:

–         fornire ai lavoratori attrezzature di lavoro a norma (cioè marcate CE, oppure rispondenti ai requisiti di sicurezza richiesti dal Decreto);

–         eseguire sulle attrezzature una manutenzione periodica in grado di mantenere costantemente le stesse in condizioni di sicurezza;

–         registrare tutti gli interventi di manutenzione su un registro che accompagni le attrezzature;

–         fornire ai lavoratori le istruzioni per l’uso e la manutenzione delle attrezzature.

Tali obblighi sono fissati all’interno del Titolo III, Capo I del Decreto, di cui riporto gli articoli di interesse.

Relativamente ai requisiti di sicurezza originari delle attrezzature, l’articolo 71, comma 1 del Decreto impone come obbligo al datore di lavoro il seguente:

Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie”.

I requisiti di sicurezza delle attrezzature richiesti da tale comma sono definiti all’articolo 70, commi 1 e 2:

1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.

2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all’Allegato V”.

Pertanto le attrezzature che il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori devono:

–         essere immesse sul mercato secondo le procedure fissate dalla Direttiva Macchine (recepita nel tempo in Italia dal D.P.R.459/96 prima e dal D.Lgs.17/10 poi) oppure;

–         essere conformi ai requisiti di sicurezza definiti dall’Allegato V del Decreto.

Relativamente alla necessità di eseguire sulle attrezzature una manutenzione periodica in grado di mantenere costantemente le stesse in condizioni di sicurezza, sulla base delle indicazioni fornite dal costruttore delle attrezzature stesse, l’articolo 71, comma 4, lettera a), numero 2) del Decreto impone come obbligo al datore di lavoro il seguente:

Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 70 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d’uso e libretto di manutenzione”.

Relativamente alla necessità di registrare tutti gli interventi di controllo e manutenzione delle attrezzature su un registro, l’articolo 71, comma 4, lettera b), del Decreto impone come obbligo al datore di lavoro il seguente:

Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché siano curati la tenuta e l’aggiornamento del registro di controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto”.

Relativamente ai controlli periodici a cui occorre sottoporre le attrezzature, l’articolo 71, comma 8 del Decreto impone ulteriormente che:

Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché:

[…]

b)   le attrezzature soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte:

  1. 1.   ad interventi di controllo periodici, secondo frequenze stabilite in base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona prassi;

[…]

c)    Gli interventi di controllo di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il buono stato di conservazione e l’efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente”.

Relativamente alla registrazione dei controlli periodici sulle attrezzature, l’articolo 71, comma 9 del Decreto chiarisce che:

I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza”.

Il mancato adempimento di ciascuno degli obblighi di cui sopra da parte del datore di lavoro è sanzionato dall’articolo 87, comma 2 lettera c) del Decreto con la pena dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.

Infine, relativamente alla necessità di fornire ai lavoratori le istruzioni per l’uso e la manutenzione delle attrezzature, l’articolo 73, comma 1, lettera a) del Decreto impone come obbligo al datore di lavoro il seguente:

Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 [informazione e formazione dei lavoratori] il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente alle condizioni di impiego delle attrezzature”.

Il mancato adempimento dell’obbligo di cui sopra da parte del datore di lavoro è sanzionato dall’articolo 55, comma 5, lettera c) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200 a 5.200 euro

Secondo il Decreto, i lavoratori, a loro volta, sono obbligati a:

–         utilizzare le attrezzature secondo quanto disposto dalle istruzioni d’uso del costruttore;

–         segnalare ai propri superiori ogni anomalia o condizione di pericolo rilevata sul’attrezzature.

Tali obblighi sono fissati all’interno del Titolo I, Capo III del Decreto, di cui riporto gli articoli di interesse.

Relativamente alla necessità di utilizzare le attrezzature secondo quanto disposto dalle istruzioni d’uso del costruttore, l’articolo 20, comma 2, lettera c), del Decreto impone come obbligo ai lavoratori il seguente:

I lavoratori devono utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza”.

Relativamente alla necessità di segnalare ai propri superiori ogni anomalia o condizione di pericolo rilevata sul’attrezzature l’articolo 20, comma 2, lettera e), del Decreto impone come obbligo ai lavoratori il seguente:

I lavoratori devono segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d) [attrezzature di lavoro e Dispositivi di Protezione Individuali], nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità […] per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.

Il mancato adempimento degli obblighi di cui sopra da parte dei lavoratori è sanzionato dall’articolo 59, comma 1 lettera a) del Decreto con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 600 euro.

Poiché evidentemente nel tuo caso l’azienda non assolve agli obblighi di una corretta manutenzione dei veicoli (e della spazzatrice in particolare), tanto che è necessario ripetere la manutenzione di continuo senza una risoluzione definitiva dei problemi, i lavoratori, oltre a dover segnalare gli inconvenienti rilevati al loro superiore (obbligo come sopra definito), possono richiedere all’azienda (diritto a loro riconosciuto), tramite il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), il rispetto di tali obblighi e quindi l’esecuzione di una manutenzione che risolva definitivamente i problemi rilevati.

Infatti tra le “attribuzioni”, cioè tra i diritti del RLS rientra anche quello di segnalare gli inconvenienti rilevati da egli stesso o segnalati dai lavoratori, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 50, comma 1, lettera n) del Decreto, secondo il quale:

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività”;

nonché quello di richiedere adeguati interventi per l’eliminazione dei rischi rilevati, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 50, comma 1, lettera m) del Decreto, secondo il quale:

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza fa proposte in merito alla attività di prevenzione”.

Il vostro RLS può quindi, su indicazione dei lavoratori, segnalare (preferibilmente formalmente, cioè per iscritto) al datore di lavoro la situazione di rischio rappresentata dal precario stato di manutenzione della spazzatrice.

Inoltre, l’articolo 50, comma 1, lettera e) del Decreto specifica che, nell’ambito del suo mandato:

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali”.

Il RLS può quindi, sempre su indicazione dei lavoratori, richiedere (sempre formalmente) al datore di lavoro quali misure intende adottare per la risoluzione definitiva dei problemi.

Il datore di lavoro ha peraltro anche l’obbligo di permettere ai lavoratori di verificare, per tramite del RLS, l’applicazione delle misure di protezione della sicurezza (in questo caso la manutenzione efficace dell’attrezzatura).

Tale obbligo è sancito dall’articolo 18, comma 1, lettera n) del Decreto che stabilisce che:

Il datore di lavoro […] e i dirigenti […] devono consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute”.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del datore di lavoro è sanzionato dall’articolo 55, comma 5 lettera e) del Decreto con l’ammenda da 2.000 a 4.000 euro.

Se l’azienda continua a non intervenire, cioè continua a non eseguire una manutenzione efficace dell’attrezzatura) il RLS può segnalare il fatto agli organi di vigilanza (USL Servizio di Prevenzione Salute e Sicurezza), chiedendo loro di intervenire.

Tale diritto è sancito dall’articolo 50, comma 1, lettera o) del Decreto, secondo il quale:

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro”.

Oltre a questo, il lavoratore, in caso di “pericolo grave e immediato” e che non può essere evitato (ad esempio blocco dello sterzo durante l’utilizzo con rischio di uscire di strada o di investire qualcuno) si può rifiutare di utilizzare l’attrezzatura.

Infatti un rischio di tale portata può configurarsi come situazione di “pericolo grave e immediato”, per la quale trova applicazione l’articolo 43, comma 4 del Decreto che stabilisce che:

Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato”.

Il mancato adempimento di tale obbligo da parte del datore di lavoro è sanzionato dall’articolo 55, comma 5 lettera a) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 750 a 4.000 euro.

Inoltre in tale situazione di pericolo grave e immediato trova applicazione anche l’articolo 44 comma 1 del Decreto che stabilisce, come diritti dei lavoratori coinvolti, che:

Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa”.

Quest’ultima soluzione (il rifiuto di utilizzare l’attrezzature in situazioni di rischio grave e immediato) la consiglio solo come ultima spiaggia. L’azienda ne potrebbe approfittare per sanzioni disciplinari per mancato esecuzione della mansione (il lavoratore dovrebbe dimostrare con i fatti la presenza del “pericolo grave e immediato”).

Pertanto il rifiuto di utilizzare l’attrezzatura non in sicurezza da parte dei lavoratori dovrebbe essere preannunciato (sempre formalmente) dal RLS nell’ambito della sua richiesta di rispetto degli obblighi di manutenzione, in modo da evitare, se attuato, di fare incorrere in sanzioni i lavoratori.

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AREA GESTIONE RECUPERO FERRO ILVA: PEACELINK DENUNCIA A MAGISTRATURA E COMMISSIONE EUROPEA

Da: Peacelink

http://www.peacelink.it

GESTIONE RECUPERO FERRO ILVA SOTTO SEQUESTRO. PEACELINK: “PERCHÉ LASCIARE LA FACOLTÀ D’USO A REPARTI CHE NON APPLICANO L’AIA E DA CUI FUORIESCONO ANCORA EMISSIONI NON CONVOGLIATE?”

Sono avvenute e sono state documentate evidenti emissioni non convogliate dell’area Gestione Recupero Ferro (GRF) dell’ILVA di Taranto avvenute nella notte del 10 agosto scorso, alle ore 22.30 circa.

E’ la prova della gravità della situazione nella quale lo stabilimento ILVA di Taranto continua a operare. Le emissioni non convogliate si alzano in aria dal reparto GRF, posto sotto sequestro dalla magistratura. E’ un reparto situato di fronte all’ altoforno 5 (AFO5).

Ricordiamo a tutti che il reparto GRF è ancora sotto sequestro e che la sua facoltà d’uso era ed è vincolata all’applicazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che ne prevedeva la copertura. La Corte Costituzionale ha specificato che la produzione dell’ILVA “può divenire illecita solo in caso di inosservanza delle norme e delle prescrizioni dettate a salvaguardia della salute e dell’ambiente”.

Ai sensi della Legge 231 del 2012 (la cosiddetta “Salva ILVA” che incorporava e cristallizzava l’AIA dandole forza di legge), occorreva quindi coprire il reparto GRF da cui si sollevano quelle emissioni non convogliate.

La Legge 231 del 2012 avrebbe dovuto garantire la ferrea applicazione di tutte le norme di adeguamento degli impianti a garanzia dell’ambiente e la salute sia dei lavoratori sia dei cittadini. Cosa che non è stata fatta.

Sulla base della Legge 231 del 2012 tutti gli interventi di messa a norma degli impianti di produzione dell’ILVA dovevano avvenire entro il 1° luglio 2014. Solo la scadenza della copertura del parco minerali (area di stoccaggio) faceva eccezione e aveva un termine all’ottobre 2015.

La copertura dell’area GRF doveva avvenire entro il 31 dicembre 2013, applicando la prescrizione numero 70 che specifica:

“Copertura area GRF e area di svuotamento scoria liquida dalle paiole e ripresa scoria raffreddata (Best Available Technology 11), con avvio entro 3 mesi dei lavori di costruzione di edifici chiusi, con aree adeguatamente pavimentate e dotati di sistemi di captazione e trattamento di aria filtrata, in accordo con la BAT 11, punto III. La conclusione della realizzazione del suddetto intervento deve avvenire entro il 31 dicembre 2013”.

PeaceLink ritiene inammissibile che le lavorazioni continuino senza l’applicazione di questa prescrizione in un impianto posto sotto sequestro perché considerato pericoloso in quanto, secondo il GIP Patrizia Todisco, “chi gestiva e gestisce l’ILVA ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”.

PeaceLink vuole ritornare a fare chiarezza sulla questione della facoltà d’uso degli impianti sequestrati.

La stessa Corte Costituzionale aveva chiarito che il sequestro preventivo “deve consentire la facoltà d’uso, salvo che, nel futuro, vengano trasgredite le prescrizioni dell’AIA riesaminata”.

Ma se vengono trasgredite le prescrizioni dell’AIA riesaminata, come mai tutto prosegue come se quell’impianto non fosse sotto sequestro la cui facoltà d’uso è subordinata al rigoroso rispetto dell’AIA riesaminata?

Quando nel 2013, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale, il GIP del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, ha formalizzato la facoltà d’uso degli impianti dell’area a caldo sequestrati all’Ilva il 25 luglio 2012 perché inquinanti, nel farlo, ha voluto sottolineare: “Solo il rispetto rigoroso del cronoprogramma degli interventi stabilito nell’AIA assicura la tutela della salute e dell’ambiente e giustifica la prosecuzione dell’attività produttiva”.

Per il GIP Patrizia Todisco il non rispetto degli obblighi da parte dell’ILVA, vale a dire il mancato o ritardato adeguamento delle misure disinquinanti, era “da ritenere illecito e tale da innescare conseguenze giuridiche previste in generale dalle leggi vigenti per i comportamenti illecitamente lesivi della salute e dell’ambiente”.

In tal caso poteva scattare un nuovo decreto di sequestro degli stessi impianti, questa volta senza facoltà d’uso e quindi senza produzione. Facendo suo il parere espresso dalla Corte Costituzionale, il GIP di Taranto specificava con chiarezza lo scorso anno che la prosecuzione dell’attività produttiva dell’ILVA “non prevede né dispone la revoca dei sequestri disposti dall’autorità giudiziaria, ma autorizza la prosecuzione dell’attività per un periodo determinato e a condizione dell’osservanza delle prescrizioni dell’AIA riesaminata”.

E sottolineava: “Se l’adeguamento della struttura produttiva non dovesse procedere secondo le puntuali previsioni del nuovo provvedimento autorizzativo sarebbe cura delle autorità amministrative proposte al controllo e della stessa autorità giudiziaria, nell’ambito delle proprie competenze, di adottare tutte le misure idonee e necessarie a sanzionare anche in itinere le relative inadempienze”.

Il chiaro “avvertimento” del GIP Patrizia Todisco all’ILVA avveniva a metà del 2013 quando i lavori di “adeguamento” dell’area GRF dovevano ancora essere effettuati in quanto il termine ultimo era il 31 dicembre 2013. Dal 2014 in poi ILVA avrebbe dovuto dimostrare di avere ultimato la copertura del GRF in maniera tale da non provocare più l’emissione dei fumi non convogliati.

Quelle emissioni non convogliate rappresentano, a nostro avviso, in maniera evidente la mancata applicazione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) e il venir meno alla lettera e allo spirito della sentenza della Corte Costituzionale che non forniva disco verde alla produzione, ma che la condizionava al rispetto dell’AIA.

Sono state ad oggi sanzionate in qualche modo le inadempienza?

La cancellazione del garante dell’AIA è la dimostrazione che non solo non è stato sanzionato nulla, ma che è stato eliminato persino il controllore.

Tutto questo pone gravi interrogativi per la salute degli operai e dei cittadini. Quei fumi non sono monitorati dai sistemi di controllo sui camini perché non sono convogliati, come l’AIA richiedeva. Nell’area GRF avvengono lavorazioni “a cielo aperto” provocando oggi gli stessi fenomeni emissivi incontrollati per cui il reparto fu posto sotto sequestro senza facoltà d’uso.

Quanto sopra è un’anticipazione di quanto sarà prossimamente consegnato alla Procura di Taranto e al Nucleo Operativo Ecologico da parte dell’associazione PeaceLink, un poderoso dossier che cataloga tutte le emissioni documentate nell’anno 2014 sino ai giorni recenti.

I contenuti sono supportati da materiale fotografico, da video e da documenti che attestano l’attività dello stabilimento ILVA di Taranto in relazione alle prescrizioni non rispettate.

Questo archivio assume una particolare rilevanza in quanto a oggi (12 agosto 2014) tutti gli interventi dell’AIA su impianti di produzione e lavorazione dovevano essere già stati completati sulla base dell’AIA riesaminata nel 2012. Tutte le proroghe e le deroghe effettuate con Decreti successivi costituiscono una violazione dell’articolo 29 decies il quale prevede che si proceda non all’ammorbidimento delle prescrizioni ma “alla revoca dell’Autorizzazione Integrata Ambientale e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente”.

PeaceLink constata con grande rammarico che lo stabilimento ILVA di Taranto continui ad operare violando le norme europee (Direttiva 2010/75/UE) in materia di tutela dell’ambiente e della salute.

Di tutto ciò PeaceLink ha già informato in data 11 agosto 2014 la Commissione Europea ed il Presidente del Parlamento Europeo.

12 agosto 2014

Per PeaceLink

Alessandro Marescotti

Antonia Battaglia

Luciano Manna

http://www.peacelink.it

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ILVADEMECUM: IL DOSSIER AGGIORNATO DELLA SITUAZIONE DELL’ILVA DI TARANTO

Qual è la storia dell’ILVA? Qual è adesso la situazione? Cosa accadrà? Che aria respira le gente? In quanti si ammalano? Quali sono le alternative possibili? A che punto è la procedura di infrazione europea? E il processo quando inizierà? Che cosa possono fare i lavoratori per difendere la salute e il lavoro?

QUAL E’ LA STORIA DELL’ILVA?

In questa tesi di laurea di Gabriele Caforio è ben delineata la storia dell’ILVA. Contiene una panoramica generale dalla nascita dello stabilimento Italsider all’inizio degli anni Sessanta fino all’inchiesta della magistratura, passando per le vicende della privatizzazione della metà degli anni Novanta che hanno visto la famiglia Riva acquistare e dirigere l’ILVA che conosciamo adesso.

QUAL E’ ADESSO LA SITUAZIONE?

Vi sono stati circa cinquanta richieste di rinvio a giudizio. Forte impressione ha generato la messa sotto accusa di uomini politici ed istituzionali.

COSA ACCADRA’?

Il processo non è ancora cominciato. Si è svolta solo l’udienza preliminare di fronte al Giudice della Udienza Preliminare. I legali degli indagati chiedono il trasferimento del processo in altra sede. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 16 novembre, in attesa che si esprima la Corte di Cassazione.

CHE ARIA RESPIRA LE GENTE?

La situazione a Taranto è kafkiana in quanto in base ai dati ufficiali la cokeria non inquinerebbe più e addirittura dentro ILVA si respirerebbe aria da località turistica. Questi dati hanno suscitato scalpore e PeaceLink ha fatto le proprie misurazioni sulla qualità dell’aria riscontrando valori molto critici quando il vento viene dall’ILVA e va verso la città. I dati rilevati da PeaceLink sono stati inviati alla Commissione Europea.

A TARANTO IN QUANTI SI AMMALANO?

La storia del piccolo Lorenzo, morto di tumore al cervello subito dopo la pubblicazione dei drammatici dati dell’aggiornamento dello Studio Sentieri, ha suscitato una profonda commozione e anche una rinnovata riflessione di quale sia la reale situazione sanitaria, al di là degli annunci propagandistici che vorrebbero Taranto “fuori pericolo”. La Commissione Europea ha invece evidenziato una lettera di messa in mora al Governo italiano che riguarda la questione sanitaria (si parla di “pericolo immediato per la salute umana”), e PeaceLink ha fornito nuovi dati a tal proposito. Dati che sono stati presentati da PeaceLink al Presidente del Parlamento Europeo.

QUALI SONO LE ALTERNATIVE POSSIBILI ALL’ILVA?

A Taranto, in collaborazione con l’università, è stato da tempo avviato un percorso di ricerca e di studio che ha portato alla presentazione di tesi di laurea, libri e ricerche che sono state raccolte in una sezione del sito di PeaceLink dedicata alla eco-riconversione. In particolare è stata sviluppata una ricerca sulle bonifiche ambientali (disponibile anche in formato ebook) che punta ad applicare il principio europeo “chi inquina paga” e a favorire a Taranto bonifiche come quella della Ruhr.

A CHE PUNTO E’ LA PROCEDURA DI INFRAZIONE EUROPEA?

Nel 2013 la Commissione Europea aveva avviato una procedura di infrazione sull’ILVA di Taranto che è stata “aggravata” con nuove contestazioni (la Commissione rileva “pericolo immediato per la salute umana”) dopo che PeaceLink ha incontrato il Commissario europeo all’Ambiente Potocnik. La permanente situazione di gravità della situazione sanitaria e la mancata applicazione dell’AIA da parte dell’ILVA (molte prescrizioni rimangono inattuate e l’ILVA corre rischi sia sul versante europeo sia su quello giudiziario) rende altamente probabile un ulteriore passo della Commissione Europea se il governo italiano non dimostrerà di aver cambiato rotta. L’infrazione potrebbe puntare sulla questione del fermo degli impianti non a norma con la autorizzazione AIA, che è l’autorizzazione di esecuzione della Direttiva Europea IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) 2010/75/UE.

IL PROCESSO ALL’ILVA QUANDO INIZIERA’?

Il GUP del tribunale di Taranto, Vilma Gilli, dopo una camera di consiglio per decidere su alcune eccezioni sollevate dalla difesa di alcuni imputati nel processo sul disastro ambientale ILVA, ha aggiornato l’udienza preliminare al prossimo 16 settembre. La Cassazione dovrà decidere se trasferire il processo ad altra sede, come chiedono i legali di alcuni indagati.

CHE COSA POSSONO FARE I LAVORATORI PER DIFENDERE LA SALUTE E IL LAVORO?

Da tempo diverse associazioni hanno presentato un “piano B” per Taranto. Il piano è stato presentato alla Camera dei Deputati nel 2012. I lavoratori dovrebbero attivarsi per chiedere di partecipare alla realizzazione di un piano di bonifica (occorre la messa in sicurezza di emergenza della falda sotto l’ILVA) e riconversione. Occorre intercettare, con una seria progettazione, i fondi europei, nell’ambito della dichiarazione di Taranto quale area di “crisi industriale complessa” (per l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 27 del Decreto Legge 83/12). Esistono fondi europei per la riconversione delle regioni industriali in declino.

I lavoratori a Taranto sono ostaggio di una politica che non predispone un piano B nonostante ILVA perda 80 milioni di euro al mese per assenza di prospettive economiche di fronte alla recessione e alla sovrapproduzione mondiale in ambito siderurgico. Di fronte all’attuale situazione di dissesto economico dell’azienda, gravata da notevolissimi debiti, e di mancanza di un piano industriale, la politica del governo è quella di un accompagnamento della fabbrica verso il “coma farmacologico assistito”, perpetuando un’agonia anestetizzata dalla politica e dall’illusionismo di Renzi che di ILVA ne sa quanto ne basta per riempire un messaggio su Twitter.

Nel frattempo si stanno verificando tra i lavoratori di alcuni reparti dell’ILVA situazioni gravi dal punto di vista sanitario, e PeaceLink ha chiesto che vengano fatto sui lavoratori dei biomonitoraggi per verificare i livelli di esposizioni alle sostanze neurotossiche (come il piombo) e cancerogene (come gli IPA).

Il “dossier ILVA”, i materiali utili e la documentazione integrale sono scaricabili al link:

http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/i/3571.html

Il “dossier ILVA”, per Amnesty International (in inglese) è scaricabile al link:

http://www.peacelink.it/ecologia/a/40358.html

Il documento “ILVA negli ultimi dieci anni: La cronologia fondamentale delle lotte dei cittadini” è scaricabile al link: http://www.peacelink.it/ecologia/a/40487.html

12 agosto 2014

Associazione PeaceLink

Luciano Manna

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UN FRONTE UNICO PER LA RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO E L’ABBASSAMENTO DELL’ETA’ PENSIONABILE

Da: Cobas Pisa

http://www.cobaspisa.it/

18 agosto 2014

Intervista ai Cobas Pubblico Impiego

SONO PARTITE LE ASSEMBLEE DI CGIL CISL UIL PER APPROVARE LA PIATTAFORMA SU FISCO E PREVIDENZA. QUAL E’ LA VOSTRA POSIZIONE?

Innanzitutto le piattaforme si costruiscono non a tavolino ma a partire dai luoghi di lavoro e dalla società, l’esatto contrario di quanto sta accadendo. Le assemblee in agosto poi la dicono lunga sull’obiettivo della campagna che non vuole un coinvolgimento diretto e attivo della forza lavoro, dei giovani e disoccupati, ma una sorta di via libera a una trattativa al ribasso, visto che il Governo Renzi non sta trovando opposizione da parte di CGIL, CISL e UIL, nonostante vada devastando la pubblica amministrazione e il welfare.

Dall’interno della CGIL si fanno sentire voci critiche verso la propria segreteria generale, per essersi trovata d’accordo con CISL e UIL su quella piattaforma e senza una decisione democratica nei vari settori della CGIL stessa. Noi vorremmo partire da queste considerazioni con una domanda: ve la sentite di costruire iniziative comuni sui contenuti e sulle pratiche di opposizione, oppure la stessa Rete 28 aprile si limita ad un dissenso formale che non va oltre le parole?

MA LA CRITICA SI ESTENDE ANCHE AL CONTENUTO DELLA PIATTAFORMA?

E ci mancherebbe altro. Del resto la posizione di Bellavita su Alitalia è pienamente condivisibile anche laddove critica USB per avere sottoscritto una parte di questo infame accordo.

Sul tema del fisco, la richiesta di ridurre il peso del fisco su stipendi e pensioni, di per sé condivisibile, non affronta il tema della lotta all’ingiustizia fiscale, per colpire come si dovrebbe patrimoni alti e medio-alti, rendite e profitti. Questo punto è dirimente, non è una questione di principio, ma il solo strumento per far arrivare risorse nelle casse statali per impedire la demolizione dello stato sociale (sanità, istruzione, assistenza ai cittadini senza lavoro perché colpiti dalla crisi in atto).

Sul tema delle pensioni, continua ancora la critica interna alla CGIL, non si chiede la cancellazione della legge Fornero, ma soltanto parziali correzioni degli elementi di maggiore ingiustizia, tra cui la questione dei cosiddetti “esodati” (lavoratori licenziati e spediti in mobilità in attesa di una pensione, poi mai arrivata). All’indomani della sortita governativa che minaccia un ulteriore aumento dell’età necessaria per andare in pensione, la piattaforma CGIL, CISL, UIL nulla dice a questo proposito.

Come pensiamo di costruire nuovi posti di lavoro se si va in pensione alle soglie dei 70 anni, vuoi per le riforme previdenziali, vuoi perchè dopo anni di precariato hai assegni previdenziali da fame, calcolati con il sistema contributivo che andrebbe seriamente rimesso in discussione, al pari del meccanismo che ha eliminato ogni automatico adeguamento del potere di acquisto di salari e pensioni al costo della vita.

Pensiamo ad un lavoratore dipendente da quasi sei anni senza contratto: quanto ha perso il potere di acquisto in termini reali? Centinaia di euro all’anno, migliaia, soldi che non saranno più restituiti, neppure in infima parte.

HANNO FUSO NEL FRATTEMPO ALCUNI FONDI PREVIDENZIALI INTEGRATIVI (SIRIO E PERSEO)…

Non c’è un euro e i lavoratori non si fanno più abbindolare dalla sirena dei fondi previdenziali. Nell’ultimo anno non abbiamo più visto i sindacalisti distaccati se non per promuovere i fondi previdenziali, la conseguenza è che tutti plaudono ai tagli dei permessi sindacali non capendo la posta in gioco.

Un impiegato che sta per andare in pensione in un Comune a 64 anni di età e oltre 41 di contributi ci diceva: “Basta con i sindacalisti di mestiere che vengono a fare i piazzisti dei fondi previdenziali, se poi li levano i permessi non vengano a piangere da noi”. Come dargli torto?

Chi andrà a spiegare a questo lavoratore con quasi 40 anni di tessera CGIL che la Riforma della Pubblica Amministrazione lo colpisce direttamente come lavoratore e cittadino attaccando il lavoro e il welfare?

Pericoloso, per tornare alla piattaforma, che sia riproposto il meccanismo del silenzio/assenso per destinare il proprio TFR ai fondi pensionistici della previdenza complementare. Il che vuol dire che, per non volere aderire a questa fregatura (dal 2007, anno di lancio in grande stile di questi fondi, l’investimento fatto da non pochi lavoratori che vi hanno aderito ha causato loro perdite notevoli di interessi rispetto a quelli maturati dal TFR lasciato in azienda), occorre che tu lo dichiari formalmente per iscritto, perché il silenzio, magari dovuto a dimenticanza, viene considerato adesione!

QUALI SONO ALLORA LE VOSTRE PROPOSTE?

Come Cobas, mentre diciamo che siamo d’accordo con queste critiche provenienti dal seno della CGIL, vorremmo aggiungere che nella piattaforma non c’è alcun riferimento al peggioramento, introdotto dal Decreto Legge del ministro del lavoro Poletti, ai contratti a termine e all’apprendistato; neppure si dice qualcosa contro il nuovo attacco al Contratto Nazionale da parte dell’Associazione principale dei padroni, la Confindustria; non si dice niente nemmeno rispetto a dichiarazioni forcaiole provenienti dall’interno del Governo, tese ad abolire totalmente l’articolo 18, quello che conserva una tutela, anche se minima, rispetto ai licenziamenti illegittimi. Insomma, ogni rivendicazione contro il padronato resta tabù.

E meno che mai si affronta la questione del sostegno economico per disoccupati e precari. Quindi andiamo a proporre a chi è critico dentro la CGIL di costruire insieme nei luoghi di lavoro posizioni condivise e una pratica conseguente. Allo stato attuale manca proprio a una vertenza che risponda adeguatamente ai bisogni dei lavoratori, dei disoccupati, degli inoccupati, dei pensionati, dei precari, degli apprendisti. Una vertenza che apra seriamente una stagione di riconquista dei diritti.

Quindi ripartiamo dalle posizioni comuni e soprattutto non lasciamo che attorno a queste assemblee si costruisca un consenso a posizioni, quelle di CGIL, CISL e UIL, che sono ormai la stampella su cui si sorregge il Governo.

In vista del prossimo autunno dovremmo costruire una piattaforma alternativa sugli stessi temi, non limitarci ad un mero dissenso.

Ma chi se la sente di andare oltre gli steccati e ragionare a tutto campo?

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GRANDE DISTRIBUZIONE: PROGETTAZIONE ERGONOMICA DEI POSTI DI LAVORO

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

28 luglio 2014

di Tiziano Menduto

Nella grande distribuzione organizzata è possibile una progettazione o riprogettazione ergonomica di ambienti e posti di lavoro per eliminare o almeno ridurre i rischi ergonomici? Focus sul lavoro alle casse, sui reparti, magazzini e vie di transito.

Ci siamo soffermati nei mesi scorsi più volte sui rischi di sovraccarico biomeccanico dell’apparato muscolo scheletrico per i lavoratori della grande distribuzione organizzata (GDO), anche con riferimento agli atti del convegno “Piano regionale della prevenzione. Grande distribuzione organizzata e prevenzione delle malattie muscoloscheletriche. Linee operative per la vigilanza” che si è tenuto a Bologna il 26 settembre 2013.

Presentando il convegno abbiamo affrontato i principali riferimenti normativi, abbiamo parlato di valutazione dei rischi, dei problemi rilevati nelle aziende della GDO e della rilevanza delle malattie muscolo scheletriche.

Ora dobbiamo rispondere a una semplice domanda: è possibile una progettazione o riprogettazione ergonomica di ambienti e posti di lavoro che possa eliminare o almeno ridurre i rischi ergonomici?

Per rispondere possiamo riprendere quanto indicato nel documento “Linee operative per la vigilanza sui rischi da sovraccarico biomeccanico nella grande distribuzione organizzata (GDO). Documento di omogeneità dei comportamenti in vigilanza dei Servizi PSAL” presentato durante il convegno e realizzato dai Servizi di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’Emilia Romagna per migliorare l’azione preventiva sul territorio regionale.

Nel capitolo relativo alle “Indicazioni di progettazione o riprogettazione ergonomica di ambienti e posti di lavoro” si forniscono indicazioni specifiche (non esaustive) per indirizzare e promuovere la progettazione ergonomica dei posti di lavoro in occasione di apertura e ristrutturazione di punto vendita e/o magazzini della GDO. E si precisa che, per verificare l’adeguatezza dei necessari requisiti ergonomici, anche in fase di “risposta a notifica” ex articolo 67 del D.Lgs.81/08, è necessario il lay-out e la documentazione tecnica specifica che riassuma e descriva nel dettaglio almeno i principali arredi e le attrezzature che possono influire sul rischio di sovraccarico biomeccanico.

POSTAZIONI DI LAVORO ALLA CASSA E BARRIERA CASSE

E’ possibile progettare o riprogettare la postazione ai fini della riduzione del sovraccarico biomeccanico, con particolare riferimento all’arto dominante sinistro o a quello “più debole” per i soggetti con giudizio di idoneità con limitazioni.

I principali elementi su cui intervenire sono:

–         nei punto vendita con superficie da 400 a 1.000 mq: almeno una cassa che consenta la doppia direzione di alimentazione;

–         punto vendita con superficie maggiore di 1.000 mq: almeno il 10% delle casse che consenta la doppia direzione di alimentazione;

–         installazione di un sistema di self-scanning eseguito dal cliente con riduzione dell’attività di cassa potenzialmente a rischio di sovraccarico biomeccanico arti superiori (SBAS) in quanto la movimentazione della merce posta sui nastri trasportatori del piano cassa viene eseguita sporadicamente su base random (ad esempio il 10% dei clienti con self-scanning) e la postazione diventa per lo più un punto di pagamento: l’adozione di tale modalità non rende necessaria l’adozione di casse a doppia direzione di alimentazione;

–         dimensioni e spazi della postazione cassa, definiti nel rispetto dell’articolo 71, comma 6 del D.Lgs.81/08 (il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l’uso delle attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi dell’ergonomia): la collocazione delle attrezzature in postazione cassa (tappeto, scanner, emettitore scontrino, ecc.) deve rispettare i principi ergonomici secondo la UNI EN 147385 e utili riferimenti per dimensioni, spazi e collocazione attrezzature possono essere tratti anche da altre Linee Guida pubblicate in passato dalla Regione Veneto;

–         spazio dal bordo cassa pari o superiore a 100 cm in cui collocare il sedile e permettere di alternare posizione seduta ed eretta secondo la UNI EN 14738.

Segnaliamo che la norma UNI EN ISO 14738:2009 (Sicurezza del macchinario. Requisiti antropometrici per la progettazione di postazioni di lavoro sul macchinario) stabilisce i principi per la derivazione delle dimensioni, da misurazioni antropometriche e per la loro applicazione alla progettazione di postazioni di lavoro per macchinario basandosi sulle attuali nozioni di ergonomia. Può essere un utile riferimento per la progettazione di tutti i posti di lavoro.

E’ bene poi sottolineare che tutte le indicazioni presenti nel capitolo sono accompagnate da riferimenti a precise immagini esplicative contenute nell’allegato 12 delle linee operative.

REPARTI, AREE “RETRO”, MAGAZZINI, CELLE FRIGORIFERE, AREA VENDITA E VIE DI TRANSITO

Anche in questo caso è possibile progettare o riprogettare gli spazi e fornire, banchi di lavoro, tavoli, arredi e attrezzature al fine di evitare il sovraccarico biomeccanico da posture incongrue e da movimentazione manuale carichi (MMC).

Utili riferimenti per ottimizzare l’ergonomia dei posti di lavoro possono essere le “condizioni ideali” della norma ISO 11228-1 o la “zona migliore” e la “zona preferita” riportate nelle specifiche linee guida per la GDO di OSHA, entrambe riportate in una allegato del documento.

Vediamo in breve alcuni interventi possibili:

–         spazi e arredi adeguati in ogni area vendita, area “retro”, magazzini e celle frigo che garantiscano il corretto ed ergonomico utilizzo di ausili e attrezzature (ad esempio carrelli su ruote, carrelli elevabili, transpallet manuali/elettrici elevabili e non, carrelli elevatori, manipolatori fissi e mobili);

–         spazi adeguati alla installazione di attrezzature fisse per ausiliare la movimentazione di carichi particolari, di difficile presa e/o di peso anche superiore ai “pesi limite raccomandati” pari a 25, 20 o 15 kg, secondo il genere e l’età, quali: in tutti i punto vendita, apparecchio di sollevamento esterno per quarti o mezzene di bovini o suini e apparecchio di sollevamento interno; nei punti vendita con superficie di vendita superiore a 1.000 mq, manipolatore, fisso o su ruote, per la movimentazione di forme intere di Parmigiano-Reggiano, grana e formaggi simili e di angurie di grandi dimensioni;

–         spazi e banchi di lavoro o tavoli adeguati alla dotazione di sedili ergonomici con schienale o di sedili del tipo “assiso-eretto” ai sensi dell’articolo 71, comma 6 del D.Lgs.81/08 e secondo la UNI EN ISO 14738, al fine di garantire la possibilità di alternare la posizione seduta con quella eretta ogni volta ciò è possibile (punto 1.11.1.5 dell’allegato IV del D.Lgs. 81/08);

–         spazi adeguati di manovra e buona percorribilità delle vie di transito al fine di facilitare il trasporto di carichi, manuale o ausiliato.

Rimandando alla visione delle varie foto esplicative, riprendiamo quanto contenuto nell’allegato 8 delle linee operative relativo alle Linee guida OSHA 3192-05N 2004 “Guidelines for retail grocery storse. Storewide Ergonomic Solutions Best and Preferred Work Zones” (Linee guida per i negozi di alimentari al dettaglio. Zone di lavoro preferito e migliori soluzioni ergonomiche nei grandi magazzini): eseguire lavori all’interno delle zone di lavoro “migliore e preferita” facilita la produttività e comfort. Il lavoro è sicuro quando il sollevamento viene eseguito in queste zone. Lavorare fuori di queste zone di lavoro risulta in postura non neutrale che può aumentare il rischio di lesioni. E’ particolarmente importante eseguire attività di sollevamento di carichi pesanti all’interno della zona di lavoro migliore.

Concludiamo questa breve rassegna sulle indicazioni di progettazione e riprogettazione con altri aspetti rilevanti:

–         pavimentazione dei luoghi di lavoro (vedi allegato 1 delle linee operative): evitare, in fase di progettazione ergonomica, asperità, dislivelli o gradini tali da costringere ad una movimentazione manuale dei carichi che, viceversa, andrà effettuata privilegiando l’uso di mezzi/ausili (preferibilmente semoventi);

–         piano elevabile interrato nel pavimento: adottare tale soluzione nel caso in cui l’altezza di presa delle merci in arrivo (ortofrutta, macelleria, generi vari, ecc.) sia prevalentemente superiore a 175 cm

–         in alternativa adottare adeguate attrezzature (vedi punto 5.3.4 delle linee operative) e prevedere spazi adeguati all’uso di tali attrezzature (vedi punto 7.1.1 delle linee operative);

–         ridurre l’eccessivo soleggiamento e tutte le condizioni di elevato stress calorico, per esempio, durante lo scarico manuale di merci (vedere allegato XXXIII e allegato IV punto 1.9 del D.Lgs.81/08): in particolare andranno verificate situazioni che prevedano la permanenza e la MMC in container o da camion senza pedana elevabile;

–         sicurezza di macchine, attrezzature e impianti: rispetto della normativa antinfortunistica e dei principi ergonomici/antropometrici di progettazione secondo la “Direttiva Macchine” (vedi allegato 5), garantendo il mantenimento di un buono stato di efficienza onde evitare, o ridurre il più possibile, il rischio di sovraccarico biomeccanico.

Il documento dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’Emilia Romagna “Linee operative per la vigilanza sui rischi da sovraccarico biomeccanico nella grande distribuzione organizzata (GDO). Documento di omogeneità dei comportamenti in vigilanza dei Servizi PSAL”, revisione del luglio 2013 è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140612_SPSAL_GDO_sovraccarico_biomeccanico.pdf

Gli allegati da 1 a 10 delle Linee operative sono scaricabili all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140612_SPSAL_GDO_sovraccarico_biomeccanico_all_1.pdf

L’allegato 12 delle Linee operative è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140612_SPSAL_GDO_sovraccarico_biomeccanico_all_2.pdf

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CD COMPILATION “SICUREZZA SUL LAVORO – KNOW YOUR RIGHTS!”

FFD “PROLETARIO”

Si alzan presto ogni mattina,

per andare a lavorare.

8 ore di officina,

puzza polvere sudore.

Dire sempre sì al padrone

lavorare a testa bassa,

tu ti devi ribellare,

non seguire più la massa!

No non credere al partito,

fotti pure il sindacato.

Se il proletariato é unito

non ti serve più subire.

Proletari nelle strade,

sarà sempre una gran botta,

forse un giorno li vedremo

tutti uniti per lottare!

PROLETARIO
8 ore nel cantiere…

PROLETARIO

non lasciarti intrappolare…

PROLETARIO

questa è l’ora di lottare…

PROLETARIO

viva la rivoluzione!!!

Quando poi arriva sera,

tutti in fila verso casa,

per andare in un quartiere

che sarà la tua prigione.

Non arrenderti stasera,

spegni la televisione,

questa è l’ora di lottare

viva la rivoluzione!

PROLETARIO
8 ore nel cantiere…

PROLETARIO

non lasciarti intrappolare…

PROLETARIO

questa è l’ora di lottare…

PROLETARIO

viva la rivoluzione!!!

La canzone degli FFD “Proletario” è contenuta nel CD compilation “Sicurezza sul lavoro – Know Your Rights”, prodotto dal sottoscritto.

Il progetto della compilation è del tutto autofinanziato e no profit: il ricavato delle vendite sarà devoluto all’Associazione Nazionale per la Sicurezza sul Lavoro “Ruggero Toffolutti” di Piombino (LI).

Il costo della compilation è di 13 euro comprensivo di spese di spedizione.

Per l’acquisto del CD è sufficiente scrivere al sottoscritto, indicando l’indirizzo a cui spedirlo. Vi comunicherò come effettuare il pagamento.

Marco Spezia

 

 

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