SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.189 DEL 17/12/14

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SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N.189 DEL 17/12/14

 

INDICE

  • Effettuazione della valutazione dei rischi e relative responsabilità
  • Report del convegno sulla repressione nei luoghi di lavoro
  • Rischio incendio: sorveglianza, controllo periodico e manutenzione
  • Grande distribuzione: misure di prevenzione tecniche e organizzative
  • Macchine: la manomissione dei dispositivi di sicurezza
  • Uso sicuro delle scale: buone prassi prima durante e dopo l’uso

 

Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.

La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.

L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.

 

Marco Spezia

ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro

Medicina Democratica

Progetto “Sicurezza sul lavoro – Know your rights!”

sp-mail@libero.it

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007166866156

http://www.medicinademocratica.org/wp/?cat=210

 

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EFFETTUAZIONE DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI E RELATIVE RESPONSABILITA’

LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.60

 

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori.

Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.

Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.

Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.

Marco Spezia

 

 

QUESITO

 

Ciao Marco,

ti rivolgo un quesito relativo all’attività di spazzamento interno del nostro stabilimento e alla relativa valutazione del rischio biologico.

A maggio 2013 è stato effettuato relativamente al servizio di spazzamento un aggiornamento della valutazione del rischio biologico (il servizio però era stato attivato alcuni mesi prima).

In esito a tale valutazione il rischio biologico è risultato alto.

Una prima domanda è se la valutazione doveva essere fatta prima dell’ inizio del servizio, ai sensi dell’articolo 223 del D.Lgs.81/08?

Il RSPP ha ritenuto responsabile di detti valori l’operaio che ha svolto la prova (contaminazione involontaria dei tamponi).

La prova è stata ripetuta nell’ottobre del 2014. I risultati di questa nuova prova risultano essere nuovamente alti.

Per risolvere il problema il RSPP ha intenzione di installare sulle spazzatrici dei nebulizzatori nelle prese d’aria in modo da attenuare la carica batterica.

A questo punto ti chiedo ancora se la suddetta installazione deve essere seguita da prova di efficacia e trascritta sul DVR.

Inoltre il RSPP che ha atteso un così lungo lasso di tempo prima di ripetere la prova biologica e che, in tal modo ha messo in pericolo la salute dei lavoratori, può avere conseguenze di tipo penale o civile?

 

 

RISPOSTA

 

Ciao,

rispondo con ordine alle tue domande, facendo riferimento agli obblighi sanciti dal D.Lgs.81/08 e successive modifiche e integrazioni (nel seguito Decreto).

 

 

TEMPISTICA DI EFFETTUAZIONE DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI

 

La valutazione dei rischi deve essere svolta contemporaneamente all’inizio di ogni attività lavorativa o a ogni modifica importante del ciclo produttivo e delle norme di riferimento.

 

A tale proposito, per nuove attività lavorative, trova applicazione l’articolo 28, comma 3-bis del Decreto, che impone che:

In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività. Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3 [indicazione delle misure di prevenzione e protezione, programma e procedure di attuazione di tali misure, ruoli aziendali incaricati di renderle operative, individuazione delle mansioni sottoposte a rischio specifico] e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.

Ciò significa che in caso di costituzione di nuova impresa il datore di lavoro deve immediatamente (all’atto della costituzione) valutare i rischi per la salute e la sicurezza e definire formalmente le relative misure di prevenzione e protezione, dandone evidenza al RLS. Entro novanta giorni poi il datore di lavoro dovrà redigere e formalizzare tutto il documento di valutazione dei rischi.

 

Per modifiche al processo produttivo trova invece applicazione l’articolo 29, comma 3 del Decreto, che impone:

La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata […] in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato […] nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali. Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.

Ciò significa che, in caso di modifiche significative del ciclo produttivo, il datore di lavoro deve immediatamente rielaborare la valutazione del rischio e definire formalmente le relative misure di prevenzione e protezione, dandone evidenza al RLS. Entro trenta giorni poi il datore di lavoro dovrà redigere nuovamente e formalizzare tutto il documento di valutazione dei rischi.

 

L’unica eccezione alle regole di cui sopra, in cui cioè il Decreto chiede di eseguire la valutazione prima dell’inizio delle attività lavorative e non contemporaneamente a esso, è quella relativa alla valutazione del rischio chimico, per la quale l’articolo 223, comma 1, da te citato, recita:

Nella valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro determina preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti

all’interno del quale l’avverbio “preliminarmente” indica proprio che la valutazione deve essere eseguita prima dell’inizio delle attività.

Tale articolo però non è applicabile alla valutazione del rischio biologico che viene regolamentato dall’articolo 271 del Decreto e che quindi rientra nel campo di applicazione degli articoli 28 e 29 del Decreto sopra citati.

 

 

RESPONSABILITA’ DELLA OMESSA O RITARDATA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

 

Metto in evidenza che il mancato adempimento degli obblighi citati relativamente alla omessa o ritardata valutazione del rischio (nel tuo caso del rischio biologico) costituisce reato penale, ma non per il RSPP, ma solo per il datore di lavoro che ha incaricato il RSPP di effettuare la valutazione del rischio.

Infatti cardine fondamentale del Decreto (e delle Direttive comunitarie da cui esso deriva) è che la valutazione del rischio è un obbligo di piena e unica responsabilità del datore di lavoro, obbligo quindi che non può essere delegato.

 

Vale a tale proposito quanto stabilito dall’articolo 17, comma 1, lettera a) del Decreto:

Il datore di lavoro non può delegare la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’ articolo 28”.

In generale occorre ricordare che il RSPP non ha nessun obbligo legale ai sensi di quanto disposto dal Decreto, ma ha solo un ruolo di “consulente” del datore di lavoro e dei dirigenti, i quali sono le sole figure del management aziendale a essere investite dal Decreto di precisi obblighi sanzionabili.

Il RSPP può avere responsabilità penali secondo il Decreto, solo nel caso che sia anche datore di lavoro oppure dirigente dell’azienda, formalmente eletto o delegato.

 

Per quanto riguarda l’apparato sanzionatorio previsto dal Decreto, l’omessa valutazione del rischio da parte del datore di lavoro (l’unico responsabile) è punita dall’articolo 55, comma 1, lettera a) del Decreto con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro.

 

Invece la omessa rielaborazione da parte del datore di lavoro della valutazione del rischio a seguito di modifiche del ciclo produttivo (insieme alla mancata consultazione preventiva del RLS, all’omessa indicazione all’interno del documento di valutazione del rischio delle misure di prevenzione e protezione, del programma di attuazione delle stesse e delle procedure per l’implementazione delle stesse) è punita dall’articolo 55, comma 3 con l’ammenda 2.000 a 4.000 euro.

 

 

RESPONSABILITA’ PENALI E CIVILI DERIVANTI DALLA OMESSA O RITARDATA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

 

Quanto sopra è relativo ai solo reati relativi a omessa o ritardata elaborazione della valutazione del rischio biologico (così come di qualunque altro rischio), secondo quanto disposto dal Decreto.

Se da tali reati derivano poi dei danni alla salute dei lavoratori, per mancata adozione delle misure di prevenzione e protezione che avrebbero dovuto derivare dalla valutazione, si può applicare anche, a secondo dei casi, quanto stabilito dal Codice Penale in merito ai reati di lesioni colpose o di omicidio colposo.

 

In particolare, in caso di omicidio colposo, derivante da omessa applicazione delle misure di eliminazione dei rischi, si applica l’articolo 589 del Codice Penale:

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni. Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici”.

 

In caso invece di lesioni colpose derivanti da omessa applicazione delle misure di eliminazione dei rischi, si applica l’articolo 590 del Codice Penale:

Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque”.

 

Inoltre, in caso di dimostrata responsabilità per i reati di lesioni o di omicidio di cui sopra, si applica quanto stabilito dall’articolo 185 del Codice Penale:

Ogni reato obbliga alle restituzioni a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui”;

e quanto stabilito dall’articolo 2043 del Codice Civile:

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno (Codice Penale 185)”;

relativamente al risarcimento dei danni patiti dalla parte lesa.

 

Dei reati sopra richiamati è sempre chiamato a rispondere il datore di lavoro, in quanto avendo l’obbligo di redigere il documento di valutazione del rischio, ha la piena responsabilità di ogni danno che può derivare da omessa o ritardata valutazione.

Di tali reati (ma, ripeto, non di quelli sanciti dal Decreto) può essere chiamato a rispondere anche il RSPP che non abbia informato o abbia informato solo in parte il datore di lavoro dei rischi presenti nelle attività lavorative e delle misure da adottare per eliminarle o ridurle, se da tale omessa o parziale informazione siano derivati danni ai lavoratori.

 

 

OBBLIGO DELLA VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DELLE MISURE DI PROVENZIONE E PROTEZIONE

 

La soluzione tecnica proposta dal RSPP rientra tra le misure di prevenzione e protezione richieste obbligatoriamente dal Decreto, nel caso che la valutazione del rischio abbia evidenziato rischi significativi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

 

L’articolo 28, comma 2, lettera b) del Decreto impone infatti che all’interno del documento di valutazione del rischio sia contenuta “l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate”.

Inoltre l’articolo 28, comma 2, lettera b) del Decreto impone anche che all’interno del documento di valutazione del rischio sia riportato “il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza”.

Come sopra detto, l’omessa indicazione delle misure di prevenzione e protezione e del programma della loro implementazione da parte del datore di lavoro è punita dall’articolo 55, comma 3 del Decreto con l’ammenda 2.000 a 4.000 euro.

 

Ovviamente l’implementazione delle misure di prevenzione e protezione comporta una modifica sostanziale “del processo produttivo” e pertanto, ai sensi dell’articolo 29, comma 3 del Decreto sopra citato, essa comporta la necessità di una immediata rielaborazione della valutazione dei rischi per verificare il livello di rischio raggiunto a seguito dell’applicazione delle misure previste.

Se il livello di rischio raggiunto non è ancora soddisfacente, è necessario definire ulteriori misure di prevenzione e protezione, fintanto che il rischio residuo sia ritenuto accettabile.

 

 

CONCLUSIONI

 

Relativamente alle tue domande e con riferimento a quanto disposto dal Decreto e sopra riportato, risulta quanto segue.

 

La valutazione del rischio e l’elaborazione del relativo documento è obbligo del datore di lavoro non delegabile. L’unico che risponde penalmente, secondo il Decreto, della omessa o ritardata valutazione del rischio è il datore di lavoro.

Il RSPP ha il ruolo (non l’obbligo) di collaborare con il datore di lavoro alla esecuzione della valutazione del rischio e alla elaborazione del documento, ma non è penalmente perseguibile, secondo il Decreto, della omessa o ritardata valutazione del rischio.

 

Il datore di lavoro ha l’obbligo di eseguire immediatamente la valutazione del rischio all’inizio di ogni nuova attività o nel caso di modifiche al ciclo produttivo di attività esistente. La omessa o ritardata valutazione del rischio costituisce reato penale, secondo il Decreto, per il datore di lavoro.

 

Se dalla omessa o ritardata valutazione del rischio derivano anche danni alla salute e alla sicurezza dei lavoratori (lesioni o morte) il datore di lavoro commette reato penale, ai sensi del Codice Penale, e, se riconosciuto colpevole, deve risarcire la parte lesa, ai sensi del Codice Civile.

 

Relativamente ai reati definiti dal Codice Penale (ma non di quelli definiti dal Decreto) anche il RSPP può essere chiamato in causa per non aver informato il datore di lavoro dei pericoli per i lavoratori e delle misure da adottare per eliminare tali pericoli e avere di conseguenza causato un danno ai lavoratori stessi.

 

A seguito della valutazione del rischio e della implementazione delle relative misure di prevenzione e protezione derivanti da tale valutazione, poiché sono mutate le condizioni di lavoro dell’azienda, occorre ripetere nuovamente la valutazione del rischio, per verificare se le misure adottate sono state sufficienti. In caso contrario è necessario individuare e applicare ulteriori misure di prevenzione e protezione.

 

Marco Spezia

 

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REPORT DEL CONVEGNO SULLA REPRESSIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

 

Da: Cobas Pisa

http://www.cobaspisa.it/

1 dicembre 2014

 

REPORT DEL CONVEGNO SULLA REPRESSIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

IN 150 A DISCUTERE DI REPRESSIONE E DALLA DISCUSSIONE SI PASSA ALL’INIZIATIVA

 

Riuscito il convegno al Dopo Lavoro Ferroviario di Firenze contro la repressione nei luoghi di lavoro. Organizzatori: CUB, COBAS, USI, SICOBAS e SLAI COBAS e la minoranza della CGIL (per la quale è intervenuto Giorgio Cremaschi) insieme a comitati e realtà sindacali colpite da procedimenti disciplinari e licenziamenti.

 

La lista degli interventi sarebbe lunga (senza dimenticare i familiari delle vittime della strage di Viareggio) e per questo non citeremo i singoli contributi che saranno raccolti dagli organizzatori.

 

Si sappia che ormai la repressione colpisce a ogni livello, dal pubblico impiego (feroce nella sanità contro chi contrasta interessi economici colossali che si aggirano attorno alle case farmaceutiche, alle baronie, agli appalti…) agli appalti costruiti con la contrattazione senza limite del costo del lavoro, dai metalmeccanici (ricordiamo i licenziamenti in casa Fiat e quelli nelle aziende più piccole) alle ferrovie (ogni 58 giorni perde la vita un lavoratore e con la scusa del venir meno del rapporto di fiducia dell’azienda verso un suo dipendente, l’inquisito amministratore delegato, ora a Finmeccanica, Moretti ha preteso il licenziamento di Riccardo Antonini, ferroviere e consulente delle vittime della strage di Viareggio).

 

La repressione colpisce duramente anche nei settori oggetto di privatizzazione (vedi Poste) e questo dato dovrebbe indurre a qualche riflessione sugli scenari dei prossimi anni

 

Ci sono settori ormai strategici come quelli del facchinaggio e degli aeroporti (dove negli ultimi anni migliaia sono stati i licenziamenti) caratterizzati da tempi e ritmi lavorativi che ormai calpestano la salute e subordinano la sicurezza al raggiungimento del profitto, anche se determina l’insorgere di patologie e malattie invalidanti.

 

La repressione colpisce duramente le avanguardie sindacali, sono decine i licenziati politici che pagano sulla loro pelle le mancate abiure e le mancate diserzioni dalle lotte, il rifiuto di piegarsi ai codici etici aziendali (sul modello americano costruiti ad arte per espellere la forza lavoro ribelle e riluttante a subire ricatti e prepotenze padronali), delegati che magari hanno anche familiari a carico con disabilità (ma per loro le tutele non valgono). Delegati e lavoratori colpiti sui luoghi di lavoro anche per avere partecipato a manifestazioni e lotte sociali, è il caso dei movimenti sociali, ambientali, in difesa del diritto all’abitare e alla salute.

 

E ora i padroni distruggono lo statuto dei lavoratori, portando a compimento quel disegno padronale iniziato 30 anni e passa fa, che ha agito con il tacito (e in molti casi palese) consenso delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, che di volta in volta hanno ceduto su tutto (dalla normativa sullo sciopero alla cassa integrazione, dal blocco dei contratti nel pubblico impiego all’innalzamento dell’età pensionabile, dalle regole sulla rappresentanza sindacale) e che sancisce una sorta di nuovo fascismo fino alla costruzione di un sistema di governo del lavoro e della società che criminalizza e colpisce ogni forma di dissenso.

 

Il convegno, che segue di una settimana l’iniziativa a Napoli contro i licenziamenti politici nelle fabbriche, si è infine soffermato sugli strumenti utili e necessari alla difesa dei lavoratori, tra tutti la cassa di solidarietà, strumento storico con il quale ogni singolo lavoratore si tassa mensilmente per sostenere colleghi e compagni licenziati, per spese processuali e per il pagamento delle multe per “violazione” delle normative vigenti sullo sciopero.

 

Il sindacato di base nel suo complesso dovrà decidere le modalità con le quali costruire la cassa per trasformarla da strumento di sostegno a una campagna di denuncia e di aggregazione, per garantire un sostegno materiale e allo stesso tempo promuovere una iniziativa politica nei luoghi di lavoro e nella società.

 

Acquisire memoria, mobilitarsi e lottare per contrastare fino in fondo il disegno padronale di restaurazione, che ci riporta indietro di decine di anni: è questa la sfida del convegno perchè se non contrastiamo la repressione nei luoghi di lavoro tutti saremo più deboli e vulnerabili.

 

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RISCHIO INCENDIO: SORVEGLIANZA, CONTROLLO PERIODICO E MANUTENZIONE

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

 

5 dicembre 2014

 

Per un efficace prevenzione degli incendi nei luoghi di lavoro sono necessarie le attività di sorveglianza, controllo e manutenzione per rilevare e rimuovere qualunque problema del funzionamento ed uso dei presidi antincendio.

 

Un’efficace prevenzione incendi presuppone non solo una corretta valutazione del rischio incendio e la conseguente attuazione di misure preventive e protettive, ma anche attività di sorveglianza, controllo e manutenzione per rilevare e rimuovere qualunque causa, deficienza, danno o impedimento che possa pregiudicare il corretto funzionamento ed uso dei presidi antincendio.

A offrire indicazioni su queste importanti attività è il documento “Sicurezza antincendio e datori di lavoro – Linee guida per la valutazione dei rischi” correlato ad un progetto realizzato dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, in collaborazione con il FEI (Fondo Europeo per l’Integrazione dei Paesi Terzi).

 

Il documento ricorda che la normativa, in materia di controlli e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio stabilisce che gli interventi di manutenzione e i controlli sui sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate, sono effettuati nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle norme di buona tecnica emanate dagli organismi di normalizzazione nazionali o europei o, in assenza di dette norme di buona tecnica, delle istruzioni fornite dal fabbricante e dall’installatore.

Dunque il datore di lavoro deve svolgere la sorveglianza, il controllo, e la manutenzione delle attrezzature e impianti di protezione antincendio in conformità a quanto previsto dalla normativa, eventualmente attraverso un modello di organizzazione o gestione di cui all’articolo 30 del D.Lgs.81/08.

Si sottolinea poi che i controlli e le manutenzioni degli impianti e delle attrezzature antincendio devono essere riportate nel documento di valutazione dei rischi.

Dopo questa lunga premessa il documento risponde anche alla domanda: cosa si intende per sorveglianza, controllo periodico e manutenzione?

Ad esempio la sorveglianza è una misura di prevenzione che consiste nel controllo visivo atto a verificare che le attrezzature e gli impianti antincendio siano nelle normali condizioni operative, siano facilmente accessibili e non presentino danni materiali accertabili tramite esame a vista. La sorveglianza può essere effettuata dagli addetti al servizio antincendio normalmente presenti nelle aree protette, dopo aver ricevuto adeguate istruzioni.

Tale attività si effettua con una periodicità maggiore rispetto al controllo periodico e consente di individuare per tempo eventuali carenze, guasti e anomalie. Inoltre, in tal modo l’addetto al servizio antincendio acquisisce maggiore consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo nel sistema di prevenzione dell’azienda.

E’ evidente che la sorveglianza raggiunge i suoi obiettivi solo se le anomalie riscontrate sono immediatamente segnalate.

Il controllo periodico consiste invece in una misura di prevenzione atta a verificare, con frequenza di norma semestrale, la completa e corretta funzionalità delle attrezzature e degli impianti, tramite l’effettuazione dei necessari accertamenti. L’attività di controllo periodica e la manutenzione deve essere eseguita da personale competente e qualificato; le anomalie riscontrate devono essere immediatamente eliminate.

L’ultimo termine da analizzare è la manutenzione, l’operazione o intervento finalizzato a mantenere in efficienza ed in buono stato le attrezzature e gli impianti.

La manutenzione si divide in ordinaria e straordinaria:

  • manutenzione ordinaria: si attua in loco, con strumenti e attrezzi di uso corrente; si limita a riparazioni di lieve entità, che necessitano unicamente di minuterie e comporta l’impiego di materiali di consumo o la sostituzioni di parti di valore espressamente previste;
  • manutenzione straordinaria: è un intervento che non può essere eseguito in loco o che, pur essendo eseguito in loco, richiede mezzi di particolare importanza oppure attrezzature o strumentazioni particolari o comporta sostituzioni di intere parti di impianto o la completa revisione o sostituzione di apparecchi per i quali non è possibile o conveniente la riparazione.

Un aspetto importante è poi relativo in particolare alla sorveglianza delle vie d’uscita.

Il documento ricorda infatti che molti incidenti hanno avuto come concausa determinante l’ostruzione delle vie di esodo. Ostruire tali vie non è solo un comportamento molto sbagliato da evitare, ma è anche un’azione sanzionata penalmente.

Dunque tutte le parti del luogo di lavoro destinate a vie di uscita, quali passaggi, corridoi, scale, devono essere sorvegliate periodicamente per assicurare che siano libere da ostruzioni e da pericoli che possano comprometterne il sicuro utilizzo in caso di esodo.

Ad esempio:

  • le porte sulle vie di uscita devono essere regolarmente controllate per garantire che si aprano facilmente; particolare attenzione deve essere dedicata ai serramenti delle porte;
  • tutte le porte resistenti al fuoco devono essere regolarmente controllate per assicurarsi che non sussistano danneggiamenti e che chiudano correttamente;
  • le porte munite di dispositivi di chiusura automatici devono essere controllate periodicamente per assicurare che i dispositivi siano efficienti e che le porte si chiudano perfettamente;
  • la segnaletica direzionale e delle uscite deve essere oggetto di sorveglianza per assicurarne la visibilità in caso di emergenza;
  • tutte le misure antincendio previste per migliorare la sicurezza delle vie di uscita, quali per esempio gli impianti di evacuazione fumo, devono essere verificati secondo le norme di buona tecnica e sottoposti a manutenzione da parte di persona competente e qualificata.

Per concludere il documento riporta anche specifiche indicazioni per la sorveglianza delle attrezzature ed impianti di protezione antincendio.

Queste sono, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alcune operazioni di sorveglianza che il personale addetto deve attuare con regolarità:

  • controllo che tutte le porte resistenti al fuoco siano chiuse, qualora ciò sia previsto;
  • controllo che i mezzi di estinzione siano collocati nell’apposito ambito, segnalati, chiaramente visibili e facilmente accessibili e non siano stati manomessi.

In particolare se si tratta di mezzi mobili di estinzione devono essere verificate:

  • la ricarica;
  • la presenza del cartellino di manutenzione debitamente compilato;
  • l’assenza di danni alle strutture di supporto;
  • l’insussistenza di anomalie quali orifizi ostruiti, perdite, tracce di corrosione, sconnessioni, incrinature dei tubi flessibili.

Il documento “Sicurezza antincendio e datori di lavoro – Linee guida per la valutazione dei rischi” del Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, in collaborazione con il Fondo Europeo per l’Integrazione dei Paesi Terzi è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140916_VVF_valutazione_rischio_incendio.pdf

 

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GRANDE DISTRIBUZIONE: MISURE DI PREVENZIONE TECNICHE E ORGANIZZATIVE

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

 

4 dicembre 2014

 

Disponibile in rete un documento con le misure di prevenzione tecniche, organizzative e procedurali che possono essere adottate nella Grande Distribuzione Organizzata. Soluzioni per le merci in arrivo, per i banchi, i reparti, gli scaffali e le casse.

 

Con riferimento all’aumento dei disturbi muscoloscheletrici tra i lavoratori in Europa, ci siamo soffermati in questi mesi sui rischi di sovraccarico biomeccanico dell’apparato muscoloscheletrico in uno dei comparti più a rischio: la Grande Distribuzione Organizzata (GDO).

Per approfondire il tema, abbiamo presentato un documento realizzato dai Servizi di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’Emilia Romagna e presentato durante il convegno “Piano regionale della prevenzione – Grande Distribuzione Organizzata e prevenzione delle malattie muscoloscheletriche – Linee operative per la vigilanza” che si è tenuto a Bologna il 26 settembre 2013.

Il documento “Linee operative per la vigilanza sui rischi da sovraccarico biomeccanico nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO) – Documento di omogeneità dei comportamenti in vigilanza dei servizi PSAL” non riporta solo i principali riferimenti normativi, le indicazioni per la valutazione dei rischi e per la riprogettazione ergonomica di ambienti e posti di lavoro, ma presenta anche precise indicazioni per la vigilanza in merito alla verifica mirata dell’eventuale adozione, da parte del datore di lavoro, di tutte le possibili misure di prevenzione tecniche, organizzative e procedurali.

 

In particolare bisogna verificare se il datore di lavoro ha:

  • applicato, in ogni reparto del punto vendita ispezionato, i principi dell’ergonomia degli ambienti e dei posti di lavoro;
  • adottato, in ogni reparto del punto vendita ispezionato, tutte le misure tecniche (ausili/attrezzature) necessarie; tali misure devono essere adeguate, sicure e in numero sufficiente per consentire di svolgere i vari compiti applicando i principi dell’ergonomia e col minor sovraccarico biomeccanico;
  • adottato e formalizzato, previa consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, efficaci e attuabili misure organizzative o procedure di buona prassi operativa (preferibilmente scritte) con riferimento agli articoli 28, comma 2, lettera d) e 33, comma 1, lettera c) del D.Lgs.81/08; queste, devono essere esplicitate e oggetto di formazione/addestramento specifici per addetti e preposti (il documento riporta a questo proposito alcuni esempi: le pause devono essere ben definite, formalizzate e rispettate, la rotazione degli addetti su varie mansioni, diversamente sovraccaricanti deve essere ben definita nei tempi e nelle modalità, ecc.);
  • formato/addestrato un numero adeguato di operatori nel turno all’uso degli apparecchi di sollevamento e carrelli elevatori nel punto vendita (solitamente senza conducente a bordo);
  • attivato una efficace vigilanza interna (per esempio da parte dei preposti) sull’utilizzo sistematico di ausili e attrezzature e sulla concreta applicazione delle misure organizzative e delle procedure aziendali (nell’allegato 2 al documento sono riportati alcuni esempi);
  • formalizzato un sistema di segnalazione e, soprattutto, restituzione dei pallet in arrivo con altezza di presa inadeguata (ad esempio maggiore di 175 cm) o problematici ai fini della movimentazione in sicurezza, al fine di ridurne il numero in maniera significativa; nel caso, frequente, in cui il centro di distribuzione sia di proprietà del gruppo commerciale stesso, una misura ineludibile è la corretta gestione dei pallet in modo che siano idonei già all’origine.

Il documento riporta poi veri e propri esempi di soluzioni di prevenzione adottabili nella GDO.

SOLUZIONI PER LE MERCI IN ARRIVO

  • pallets e gabbie in arrivo: l’altezza massima di presa deve essere sempre inferiore a quella delle spalle (traducibile con un’altezza dell’ultima presa pari a 145-150 cm)
  • pallet in arrivo con altezza maggiore di 175 cm (con riferimento alla tabella e ai limiti di applicabilità del metodo NIOSH di cui anche alla norma ISO 11228-1): occorre inserire un pallet intermedio per dimezzare l’altezza massima di presa per chi prepara il pallet all’origine e per chi lo gestisce nel punto vendita
  • pallet in arrivo con altezza maggiore di 175 cm: occorre usare una scala a palchetto, ben frenabile, dotata di adeguato parapetto e corrimano (tale operazione deve essere oggetto di una specifica valutazione del rischio residuo per gli addetti

SOLUZIONI PER I BANCHI, PIANI DI LAVORO/TAVOLI

  • banchi frigo: occorre scegliere banchi con apertura frontale verso l’alto
  • piani di lavoro (ad esempio macelleria e ortofrutta) occorre che i banchi siano ergonomici in funzione dell’attività; le attrezzature (ad esempio le filmatrici da banco) devono essere collocate ad altezze e distanze dal corpo adeguate

SOLUZIONI PER REPARTI, AREE “RETRO” E CELLE FRIGORIFERE

  • occorre ridurre il più possibile la flessione del rachide e delle spalle: l’altezza minima di presa deve essere maggiore a 45-50 cm
  • la merce di peso superiore a 3 kg deve essere collocata direttamente a terra, non sul ripiano basso di una scaffalatura (5-10 cm), né su una sola cassetta vuota
  • occorre ridurre il più possibile l’estensione del rachide e la flessione delle spalle: l’altezza massima di presa deve essere al di sotto del livello delle spalle, certamente minore a 175 cm
  • occorre collocare i carichi di peso inferiore (ad esempio da 3 a 5 kg) nei ripiani più alti e in quello inferiore a 45-50 cm, cioè nelle aree più favorevoli e senza utilizzare il ripiano inferiore
  • occorre adottare specifico manipolatore per il sollevamento dei carichi più pesanti
  • l’altezza di presa di pile di cassette o di cartoni sistemate sui carrelli non deve essere inferiore a 45-50 cm e non superiore all’altezza delle spalle degli addetti
  • predisporre spazi adeguati nei reparti

SOLUZIONI PER L’ORTOFRUTTA

  • adottare apposita attrezzatura per la chiusura automatica delle cassette al fine di ridurre il sovraccarico biomeccanico dovuto alla chiusura manuale;. in alternativa adottare una diversa tipologia di cassette che non devono essere chiuse manualmente, ma che, una volta svuotate, s’incastrano una nell’altra riducendo lo spazio in altezza
  • definire apposita procedura per il sollevamento delle angurie più pesanti (movimentate manualmente e porzionate a banco) dai contenitori
  • adottare specifico manipolatore per il sollevamento dai contenitori delle angurie di cui sopra

SOLUZIONI PER LA MACELLERIA

  • adottare attrezzature (giostre e gancere, su guidovia o a parete) con altezza dei punti di aggancio dei tagli di carne con altezza compresa tra la metà coscia e la spalla degli addetti
  • adottare sollevatore esterno per il passaggio dal camion alla guidovia e alla cella e adottare sollevatore interno per il passaggio da guidovia a banco di taglio

SOLUZIONE PER AREA VENDITA – SCAFFALI

  • occorre ridurre il più possibile la flessione del rachide e delle spalle: l’altezza minima di presa deve essere maggiore a 45-50 cm
  • la merce di peso superiore a 3 kg deve essere collocata direttamente a terra, non sul ripiano basso di una scaffalatura (5-10 cm), né su una sola cassetta vuota
  • occorre ridurre il più possibile l’estensione del rachide e la flessione delle spalle: l’altezza massima di presa deve essere al di sotto del livello delle spalle, certamente minore a 175 cm

scaffali dell’area vendita: riservare ai ripiani più alti la sola merce “in mostra” collocandola in modo idoneo

non collocare merci pesanti e/o ingombranti sui ripiani alti: laddove non sia possibile evitarlo adottare uso sistematico di carrelli elevatori, transpallet elevabili e carrelli elevabili e adeguati punti di appoggio sopraelevati per collocare le merci pesanti e/o ingombranti sui ripiani alti

SOLUZIONI PER LE CASSE

  • predisporre maggiori pause/recuperi funzionali rispetto agli altri addetti,
  • prevedere ridotti tempi di esposizione a rischio (no full time) con rotazione più frequente su cassa “self-scanning” e maggiore alternanza con mansioni più leggere
  • predisporre sorveglianza sanitaria periodica (anche inferiore all’anno)
  • definire un piano mirato di reinserimento come misura di tutela dei soggetti con limitazioni per gli arti superiori

Ricordiamo che nel documento sono presenti molte immagini e fotografie esplicative relative alle linee operative e alle misure di prevenzione presentate.

Il documento “Linee operative per la vigilanza sui rischi da sovraccarico biomeccanico nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO)” dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’Emilia Romagna è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140612_SPSAL_GDO_sovraccarico_biomeccanico.pdf

 

Gli allegati da 1 a 11 del documento sopra citato sono scaricabili all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140612_SPSAL_GDO_sovraccarico_biomeccanico_all_1.pdf

 

L’allegato 12 del documento sopra citato è scaricabile all’indirizzo:

http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140612_SPSAL_GDO_sovraccarico_biomeccanico_all_2.pdf

 

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MACCHINE: LA MANOMISSIONE DEI DISPOSITIVI DI SICUREZZA

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

 

09 dicembre 2014

di Tiziano Menduto

 

I dati della vigilanza delle ASL mostrano come ancora troppo spesso nelle aziende la manipolazione dei dispositivi di protezione viene realizzata in nome della produttività.

Ne parliamo con l’ingegner Stefano Arletti, dirigente dell’ASL di Modena.

 

Il tema della manipolazione dei dispositivi di protezione delle macchine è un tema delicato che riguarda non solo la sicurezza dei macchinari e dei lavoratori, ma anche il rapporto tra produttività e sicurezza nelle aziende.

Un rapporto che a volte guarda più alla produttività che alla tutela della sicurezza dei lavoratori, come racconta l’ingegner Stefano Arletti, dirigente del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’ASL di Modena (il servizio che vigila sull’applicazione delle norme di sicurezza e sulla conformità di macchine impianti e ambienti di lavoro).

E questo perche, risultati della vigilanza alla mano, la manomissione dei sistemi di sicurezza viene ancora troppe volte effettuata e tollerata nelle aziende.

Intervistiamo l’ingegner Arletti in relazione al Convegno INAIL che si è tenuto il 23 ottobre scorso ad Ambiente Lavoro di Bologna dal titolo “Manipolazione e uso scorretto ragionevolmente prevedibile e interfaccia uomo macchina”.

Un convegno che aveva come obiettivo il confronto e la condivisione di casi, procedure e attività che sono state progettate e realizzate per eliminare i pericoli legati alla manipolazione, all’ uso scorretto ragionevolmente prevedibile in relazione all’interfaccia uomo macchina.

La relazione dell’ingegner Arletti al Convegno riprendeva il tema della manipolazione dei dispositivi di sicurezza con particolare riferimento alle esperienze degli organi di vigilanza delle ASL.

La nostra intervista parte facendo di fare un po’ di chiarezza sul fenomeno della manomissione, dell’elusione e dell’eventuale uso scorretto, ma ragionevolmente prevedibile delle attrezzature di lavoro che generano molte volte infortuni gravi o mortali.

Dopo questa presentazione delle problematiche relative alla sicurezza, l’intervista cerca di conoscere questa realtà attraverso le esperienze della vigilanza: quanto sono diffuse la manomissione e l’elusione nelle aziende? Perché avviene? Cosa si può fare, cosa possono fare ad esempio le ASL, per fare prevenzione in azienda?

E soprattutto abbiamo cercato di chiarire il rapporto tra produttività e prevenzione: è possibile aumentare la produttività migliorando la sicurezza?

Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista realizzata il 22 ottobre a Bologna e/o di leggerne una parziale e breve trascrizione.

CHE DATI ARRIVANO DALLA VIGILANZA? LA MANOMISSIONE E’ UN’ECCEZIONE O E’ QUALCOSA PURTROPPO DIFFUSA NELLE AZIENDA? E L’ELUSIONE?

Purtroppo sono diffuse. Almeno per dati che conosco è diffusa più la manipolazione che l’elusione perché l’elusione comporta comunque un certo studio del sistema per poterlo aggirare. La manipolazione, nonostante i dispositivi sempre più perfezionati, davanti a personale qualificato che sa come fare è relativamente semplice. I dispositivi di una ventina di anni fa erano manipolabili anche da un bambino dell’asilo senza particolari conoscenze. Oggi sono molto più sofisticati, ma alla fine individuando il punto giusto in cui azzerare quel segnale, la manipolazione è fatta.

Questo avviene soprattutto e purtroppo nelle linee di produzione automatica dove una fermata emergenza costringerebbe alla fermata della linea e quindi perdita di produttività. Non c’è nessun altro motivo. A volte avviene anche in buona fede da parte del manutentore e dell’operatore che non ferma la linea per evitare altre cose.

Però la manomissione esiste ed è frequente.

COSA POSSONO FARE LE ASL PER MIGLIORARE LA PREVENZIONE? COME FAR CAPIRE CHE PRIVILEGIARE LA PRODUTTIVITA’ A SCAPITO DELLA SICUREZZA E’ UN RISCHIO ANCHE PER LE AZIENDE?

Le nostre azioni istituzionali sono azioni correttive che si esplicano attraverso emissione di un verbale di prescrizione che verrà portato a termine amministrativamente e non penalmente nel momento in cui si è sanata la situazione.

Però questo è il granello di sabbia nel deserto, perché per uno che scopri ce ne sono tanti altri da inseguire, da cercare. Allora da un lato il momento stesso della visita in azienda è un momento di divulgazione e quindi anche di prevenzione per il futuro.

Ma soprattutto si divulga la cultura della sicurezza nei momenti di partecipazione sotto qualunque forma, ad esempio con tutto quello che oggi è permesso dalla multimedialità. Ma anche attraverso i seminari e i convegni tradizionali. Informazione che arriva soprattutto anche ai lavoratori stessi spesso che a volte fanno la manomissione in buona fede, pensando di agevolare in qualche modo il sistema, se mi è permesso il termine.

Perché non può esserci un input della direzione senza sensibilizzare chi poi è sul campo e viceversa non posso dar l’input sul campo quando la direzione tollera certe cose.

Bisogna ammettere una cosa. Nelle aziende strutturate (strutturate con quello che vuol dire in Italia, dove quando parliamo di grandi imprese non parliamo in termini europei, ma ne parliamo in termini italiani, la grande impresa italiana assomiglia di più alla media impresa europea) si comincia dopo un po’ di anni a capire cosa vuol dire l’applicazione dell’articolo 30 del D.Lgs.81/08 e quindi l’applicazione di un sistema di gestione della sicurezza, che poi può essere associato anche ai sistemi di gestione della qualità e tutti gli altri sistemi di gestione.

Abbiamo già il riscontro, e dobbiamo farlo comprendere, che un sistema non solo bene organizzato, ma anche sicuro aumenta la produttività. Mentre invece l’elemento che si va a introdurre eludendo la sicurezza è quello che poi mi fa saltare l’organizzazione.

Diciamo che In questo momento stiamo parlando di aziende strutturate, non della totalità delle aziende. Però la cultura si sta diffondendo. Anche senza arrivare a dei veri e propri sistemi di gestione di sicurezza sul lavoro con i relativi modelli organizzativi e gestionali, di fatto si comincia a comprendere che l’operaio che non deve stare a casa due settimane perché ha perso un dito, di fatto è produttività. E non è produttività fargli perdere il dito.

 

L’intervista completa all’ingegner Stefano Arletti, dirigente dell’ASL di Modena è visionabile al link:

http://www.youtube.com/watch?v=C5TAsZCfS3c

 

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USO SICURO DELLE SCALE: BUONE PRASSI PRIMA DURANTE E DOPO L’USO

 

Da: PuntoSicuro

http://www.puntosicuro.it

 

10 dicembre 2014

 

Un quaderno tecnico per i cantieri temporanei o mobili offre precise indicazioni per l’utilizzo in sicurezza delle scale portatili. Le buone prassi prima, durante e dopo l’uso. I riferimenti normativi sul D.Lgs.81/08.

 

In questi anni per la prevenzione delle cadute dalle scale sono stati presentati in Italia e in tutta Europa vari documenti, check list, linee guida che offrono le buone prassi da seguire per evitare infortuni.

Anche un recente Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili, elaborato dal Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’INAIL, si è cimentato su questo tema, presentando tuttavia specifiche informazioni (prima, durante e dopo l’uso) per la prevenzione di questa tipologia di cadute nel comparto edile. Un settore lavorativo in cui la caduta dalle scale è ancora un incidente diffuso.

Il Quaderno Tecnico del DIT “Scale portatili” a cura di Luca Rossi, Luigi Cortis, Francesca Maria Fagiani, Davide Geoffrey Svampa, Carlo Ratti e Calogero Vitale, sottolinea innanzitutto che per l’uso della scala portatile è indispensabile attenersi alle indicazioni del fabbricante.

Vengono poi riportate varie indicazioni di cui tener conto prima dell’uso della scala:

  • assicurarsi di essere in condizioni fisiche che consentano l’uso della scala: alcune condizioni mediche, assunzione di farmaci o abuso di alcol o droghe potrebbero rendere l’uso della scala non sicuro;
  • assicurarsi che sia correttamente posizionata per evitare danni se la si trasporta su un portapacchi o in un autocarro;
  • ispezionarla dopo la consegna e prima del primo utilizzo per verificare le condizioni e il funzionamento di ogni sua parte;
  • controllare visivamente che non sia danneggiata e che possa essere utilizzata in modo sicuro all’inizio di ogni giornata di lavoro;
  • effettuare l’ispezione periodica secondo le istruzioni del fabbricante;
  • assicurarsi che sia adatta all’impiego specifico;
  • eseguire una valutazione del rischio in conformità alla legislazione del Paese di utilizzo prima di utilizzarla sul luogo di lavoro;
  • verificare il peso massimo ammesso sulla stessa;
  • verificare le condizioni della superficie di lavoro di appoggio;
  • verificare l’integrità e la presenza di tutti i componenti, compresi i piedini di gomma o di plastica che devono essere inseriti correttamente nella loro sede;
  • non utilizzarla se danneggiata;
  • verificare che i gradini siano puliti, asciutti ed esenti da oli, da grassi e da vernici fresche;
  • verificare che non ci siano pericoli potenziali nella zona di attività, sia in alto vicino al luogo di lavoro, che nelle immediate vicinanze (ad esempio non usare la scala vicino a porte o finestre, a meno che non siano state prese precauzioni che consentono la loro chiusura; non collocare la scala in prossimità di balconi, pianerottoli, senza opportuni ripari o protezioni; non usare le scale metalliche in adiacenze di linee elettriche);
  • verificare che per i lavori sotto tensione venga utilizzata solo quella per l’uso specifico;
  • verificare se la presenza di altri lavori possa avere interferenze pericolose;
  • verificare che lo spazio davanti e ai lati della stessa sia libero da ostacoli;
  • verificare che le condizioni atmosferiche siano adatte (assenza di vento, pioggia, ghiaccio al suolo, ecc.);
  • verificare che sia montata nella posizione corretta, ovvero con la corretta angolazione per una scala di appoggio (angolo di inclinazione circa 1:4), con i pioli o i gradini orizzontali e completamente aperta per una scala doppia;
  • verificare che i dispositivi di ritenuta, se previsti, siano completamente bloccati prima dell’uso;
  • verificare che essa sia posizionata su una base piana, orizzontale e non mobile;
  • verificare che essa sia appoggiata contro una superficie piana e non fragile e sia assicurata prima dell’uso, per esempio legandola o utilizzando un dispositivo di stabilizzazione adatto.

Inoltre durante l’uso della scala il lavoratore deve:

  • non collocarla su attrezzature che forniscano una base per guadagnare posizione in altezza;
  • posizionarla su un supporto stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la posizione orizzontale dei gradini/pioli;
  • assicurarsi che sia sistemata e vincolata in modo da evitare sbandamenti, slittamenti, rovesciamenti, oscillazioni o inflessioni accentuate; qualora non sia attuabile l’adozione delle misure citate, la scala deve essere trattenuta al piede da un’altra persona;
  • salire/scendere su/dalla stessa indossando l’abbigliamento adeguato e i DPI idonei sulla base della valutazione dei rischi (calzature ad uso professionale atte a garantire una perfetta stabilità e posizionamento; non a piedi nudi o con scarpe a tacchi alti o con ogni tipo di sandalo, non con lacci che possano impigliarsi o finire sotto le scarpe, ecc.);
  • salire fino a un’altezza tale da consentirgli di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicura;
  • non esporsi lateralmente per effettuare il lavoro; il tronco dovrebbe trovarsi all’interno dei montanti ed entrambi i piedi sullo stesso gradino/piolo durante tutta l’operazione;
  • non lasciarla per accedere a un altro luogo in quota senza una sicurezza supplementare, come un sistema di legatura o un dispositivo di stabilizzazione adatto;
  • non utilizzarla per accedere a un altro livello in caso di scala doppia;
  • non oltrepassare il terz’ultimo gradino di una scala in appoggio;
  • non sostare sui due gradini/pioli più alti di una scala doppia senza piattaforma e guarda-corpo;
  • non sostare sui quattro gradini/pioli più alti di una scala doppia con tronco a sbalzo all’estremità superiore se previsto dal fabbricante;
  • non utilizzarla per effettuare lavori su parti elettriche sotto tensione a meno che non sia isolata;
  • non utilizzarla all’esterno, in condizioni climatiche avverse come vento forte;
  • adottare precauzioni per evitare che i bambini possano giocare sulla stessa;
  • assicurare le porte (non le uscite antincendio) e le finestre, quando possibile, nell’area di lavoro;
  • non usarla come ponte;
  • non salire/scendere su/dalla stessa portando materiali pesanti o ingombranti che pregiudichino la presa sicura;
  • posizionare sempre entrambi i piedi sulla stessa, non sbilanciandosi;
  • tenersi in salita e in discesa sulla linea mediana, col viso rivolto verso la stessa e le mani posate sui pioli o sui montanti;
  • mantenere il corpo centrato rispetto ai montanti;
  • effettuare la salita e la discesa solo sul tronco predisposto per la salita (con gradini e pioli);
  • stazionare sulla stessa solo per brevi periodi intervallando l’attività con riposo a terra;
  • evitare di saltare a terra dalla stessa;
  • evitare ogni spostamento della stessa, anche piccolo, ma eseguirlo quando non si è su di essa;
  • non modificare la posizione della stessa dall’alto;
  • avere sempre una presa sicura a cui sostenersi, quando si posiziona sulla stessa;
  • disporre eventualmente di un contenitore porta attrezzi agganciato alla stessa specificatamente previsto per l’uso dal fabbricante;
  • disporre eventualmente di un contenitore porta attrezzi agganciato alla vita in caso di utilizzo di attrezzi da lavoro;
  • evitare di posizionare un piede su un gradino (piolo) e l’altro su un oggetto o ripiano;
  • evitare di sporgersi lateralmente;
  • evitare la salita, la discesa e lo stazionamento contemporaneo con altri lavoratori;
  • evitare di applicare sforzi eccessivi con gli attrezzi da lavoro che potrebbero farla scivolare o ribaltare;
  • evitare la salita e la discesa sulla stessa portando materiali pesanti o ingombranti che pregiudichino la presa sicura;
  • evitare la salita e la discesa sulla stessa se si soffre di vertigini;
  • evitare la salita e la discesa sulla stessa quando si è stanchi o la funzionalità degli arti è pregiudicata (per esempio: lesioni, dolori ecc.);
  • vietarne l’utilizzo alle donne gestanti.

Infine dopo l’uso della scala è necessario:

  • verificare l’integrità di tutti i componenti;
  • movimentarla con cautela, considerando la presenza di altri lavoratori per evitare di colpirli accidentalmente;
  • tenerla inclinata, mai in orizzontale, specie quando la visibilità è limitata quando la si trasporta a spalla;
  • non inserire il braccio all’interno della stessa fra i gradini/pioli nel trasporto a spalla;
  • evitare che cada a terra o urti contro ostacoli durante la movimentazione;
  • riportarla alla minima altezza nel caso del tipo a sfilo a due o tre tronchi;
  • riporla in un luogo coperto, aerato, asciutto e non esposto alle intemperie;
  • riporla verticalmente con i montanti a terra e assicurarsi che non possa cadere: può essere riposta orizzontalmente per la sua lunghezza, appesa lungo i montanti;
  • non riporla a terra orizzontalmente, in quanto fonte di possibile inciampo;
  • effettuarne, eventualmente, la pulizia.

Il documento ricorda, a questo proposito, che le scale portatili devono essere rimosse in conformità alle istruzioni d’uso fornite dal fabbricante. E in particolare, la rimozione delle scale in appoggio a elementi innestabili o all’italiana richiede specifico addestramento del lavoratore addetto.

Concludiamo questo articolo sulle indicazioni per l’uso in sicurezza delle scale portatili ricordando che molti riferimenti alle scale si possono trovare anche nel D.Lgs.81/08, ad esempio nel Titolo IV (Cantieri temporanei o mobili), Capo II (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota), articolo 113 (Scale).

Ad esempio il comma 3 dell’articolo 113 ricorda che le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell’insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso.

Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi; nelle scale lunghe più di 4 metri deve essere applicato anche un tirante intermedio. E’ vietato l’uso di scale che presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti. Esse devono inoltre essere provviste di dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti, ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala.

Il Quaderno Tecnico ricorda infine che alla costruzione, impiego e certificazione delle scale portatili è dedicato anche l’Allegato XX del D.Lgs.81/08.

Il documento di INAIL Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici “Scale portatili” Quaderno Tecnico per i cantieri temporanei o mobili è scaricabile all’indirizzo:

http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/intranet/documents/document/ucm_153624.pdf

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