Note sul messaggio mail anonimo di “igienista industriale di levatura nazionale” intitolato “Ilva perizia pilotata?”

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di Marco Caldiroli

20130117_ilva_taranto_4Da alcune settimane “gira” tra la mailing list “ambientaliste” una mail anonima redatta da una “igienista industriale di levatura nazionale” (così si auto dichiara ) e intitolata “Ilva perizia
pilotata?” che si riporta integralmente in calce alle presenti note.
Il tono della stessa varia tra appunti tecnici in parte fondati (nel senso che evidenziano dei limiti intrinseci della perizia) e valutazioni per lo più infondate o comunque ingiuste nei confronti dei
periti del GIP come pure della magistratura tarantina.
Nonostante la importanza della questione noto che nessuna valutazione è girata nelle mailing “ospitanti”.
Questo sorprende, significa che queste liste non sono ancora in grado di approfondire le questioni (anche tecniche) e di produrre una analisi scientifica delle conoscenze disponibili nonostante che
tali conoscenze dovrebbero essere alla base di ogni battaglia per l’ambiente salubre.
Non è una critica, ma una osservazione.
Comunque sia, è stato opportuno spendere tempo per intervenire sulla questione anche per evitare che l’anonimo redattore della nota continui a autocelebrarsi e a autodefinirsi Cassandra nel silenzio
(assenso ??) generale e che le sue tesi si diffondano liberamente senza contraddittorio.
Ma entriamo nel merito della nota.
In primo luogo va precisato che non è disponibile alcuna “perizia dei CTU del GIP” (né esiste la figura del CTP del PM) sul sito di Repubblica. Il documento disponibile, per la parte ambientale, è
solo il capitolo VI (conclusioni – da p. 514 a p. 554) delle perizie depositate il 2.03.2012 su cui i tecnici e i consulenti ILVA sono stati silenti (non hanno contestato nè commentato alcunchè) fino al
sequestro disposto dal GIP Todisco il 25.07.2012.
Risulta molto scorretto valutare (anzi, giudicare) come incompleto, non approfondito, non chiaro un documento sulla base di 50 pagine senza considerare le oltre 500 che le precedono, è come
pretendere di valutare un articolo scientifico esclusivamente dall’abstract.
Il metodo dell’anonima Cassandra è sbagliato in partenza e irrispettoso del lavoro altrui (dei periti come della magistratura).
Se, per esempio, avesse studiato anche il dispositivo del riesame del Tribunale di Taranto del 7.08.2012 con cui si conferma il sequestro delle aree a caldo (123 pagine – disponibile sul web) si
sarebbe accorto che le valutazioni del GIP (e poi del Tribunale stesso) non sono basate esclusivamente sulla relazione dei periti ma anche da accertamenti di ARPA – prima e dopo la perizia – come pure del NOE (con sopralluoghi “a sorpresa”).
Avrebbe inoltre trovato molte risposte ai suoi dubbi (magari mantenendo il suo disaccordo ma comunque senza poter accusare di superficialità i giudici).
Il fatto che ILVA sia stata zitta davanti a tali contestazioni (come si sorprende lo stesso anonimo) è indicativo della arroganza e della noncuranza con cui l’azienda ha considerato la indagine in corso
nonostante le precedenti condanne (2002, 2007 e 2008) e il precedente episodio di sequestro parziale nel 2001).
Si tenga conto che la perizia era svolta nell’ambito di un incidente probatorio, pertanto hanno assistito alle attività dei CTU i CTP della società ILVA, infatti il Tribunale del riesame ricorda che
“gli accertamenti sono stati svolti dai periti nel rigoroso e costante rispetto del principio del contraddittorio delle parti, e senza che nel corso delle operazioni peritali i difensori e/o i consulenti delle parti abbiano sollevato questioni o eccezioni di sorta” (sentenza del 7.08.2012).
Se la perizia è “pilotata” (ma vedremo che tale valutazione non appare fondata pur potendo considerare solo una piccola parte della perizia) quale controparte dei “piloti” della magistratura
tarantina ci sono o degli imbecilli o degli stupidi arroganti (personalmente propendo per la seconda ipotesi).
In ogni caso sono state presentate – solo dopo il provvedimento di sequestro – controperizie e memorie da parte di ILVA che sono state “bocciate” motivatamente nella sentenza del 7.08.2012
(di cui confermo l’utilità di lettura).
Dal suddetto comportamento emerge che ad ILVA non interessava tanto che venisse precisata l’entità dell’inquinamento (legale o illegale che sia) dovuto alle attività degli impianti (talmente evidente ….) perché riteneva che da una conoscenza di dettaglio non sarebbe derivato alcun provvedimento restrittivo della attività stessa.
Ma si è dovuta ricredere, la scelta del Magistrato è stata coerente di fronte al livello di impatto connesso alle attività dell’azienda e ai ritardi (per usare un eufemismo) dell’azienda ad attuare gli
interventi disposti con la prima AIA del 4.08.20111 come pure quelli che si era impegnata a fare anni prima.
L’azienda a quel punto ha dovuto “rincorrere” la magistratura per cercare di “mettere una pezza” chiamando a soccorso le istituzioni pubbliche fino all’evidente e pericoloso (per la nostra democrazia) conflitto tra potere esecutivo e giudiziario costituito dal decreto “salva ILVA”..(prosegue nel documento scaricabile in pdf)

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